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Garantire l’acqua agli agrigentini? Non solo: con il maxi prestito la Regione salverà Siciliacque

Il credito verso Aica rappresentava un rischio concreto di disequilibrio per il sovrambito: crescono però i dubbi sulla sostenibilità per la consortile di questo "regalo" da Palermo

Pubblicato 31 minuti fa

Evitare l’emergenza nei territori serviti da Aica, certo. Ma anche evitare che il gestore di sovrambito subisca danni irreparabili in termini di tenuta finanziaria da un debito che era ormai chiaro non poteva essere onorato con strumenti ordinari.

Una paura, quella dell’impatto sul bilancio di Siciliacque del debito agrigentino, che era stata fatta intravedere dallo stesso gestore regionale, ma che adesso spunta anche, nero su bianco, in una relazione di accompagnamento dell’emendamento che stanzia le risorse per Agrigento e non solo a firma del ragioniere generale.

“L’intervento normativo – dice – si rende necessario onde scongiurare un crollo a catena della filiera dell’acqua nella Regione Siciliana, dal momento che, proprio a causa della citata insolvenza di Aica, e a sua volta entrata in sofferenza anche la società di acqua all’ingrosso, che gestisce in una ottica solidaristica l’acqua pubblica, i grandi acquedotti sovra-provinciali della Sicilia in favore (anche) degli altri ambiti ottimali di Enna, Caltanissetta, Palermo, Trapani e Messina, applicando la tariffa nel rispetto dei criteri stabiliti dall’ARERA a livello nazionale ed effettuando grandi investimenti sulle infrastrutture in linea con la tempistica comunitaria”.

Quello della Regione è quindi un “intervento di natura emergenziale” per garantire continuità “nelle more che Aica regolarizzi la gestione del servizio nell’intero ambito con una adeguata riscossione della tariffa dovuta dall’utenza finale e con la collocazione dei contatori”, ma viene chiarito innanzitutto che l’anticipazione non può coprire l’intera esposizione di Aica, che ammonta al momento a oltre 23 milioni di euro di sola sorte capitale (non tiene cioè conto degli interessi e i vari oneri), con un costo per acqua fornita che cresce di 1 milione di euro al mese in modo sostanzialmente costante.

La somma, ammonisce la Regione, è una “anticipazione che dovrà essere restituita alla Regione in dieci anni, ciò in un’ottica di equità con gli ambiti ottimali in cui l’utenza finale paga la tariffa per il servizio idrico integrato, nonché nel rispetto della natura del servizio che non può gravare sulla fiscalità generale”.

C’è poi un tema di natura squisitamente legale: come fatto rilevare da molti, l’articolo 119 della Costituzione stabilisce che gli enti locali possano indebitarsi solo per finanziare le spese di investimento (spese in conto capitale), non per le spese correnti (spese ordinarie come stipendi e utenze). Inoltre, l’articolo 81 della Costituzione richiede che le leggi che importano nuovi o maggiori oneri debbano prevedere idonei mezzi per farvi fronte, principio interpretato in modo da vietare il finanziamento delle spese correnti con il debito. Prendere quindi soldi, per di più dal Fondo di rotazione della Regione che dovrebbe essere destinato ad altro, potrebbe essere un tema in mano alle opposizioni in fase di voto della finanziaria.

Sulla reale capacità di Aica di pagare questo e altri debiti è poi da capirsi: la consortile parrebbe pronta a pignorare i Comuni inadempienti, ma servirà tempo e bisognerà verosimilmente andare davanti a un giudice per definire le questioni.

Intanto il contatore corre e i debiti aumentano anche perché chi garantisce che, esattamente come avvenuto con Siciliacque, non vi siano altri creditori pronti a bussare alla porta?

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