Agrigento

Agrigento Capitale della cultura 2025, le associazioni: “Non possiamo più tacere”

Alfonso Buscemi, Cgil: “ Fallimento annunciato, del quale non vogliamo essere complici, la città deve recuperare il proprio orgoglio"

Pubblicato 2 settimane fa

Su Capitale della Cultura le associazioni agrigentine ci sono. Anzi, ci sono sempre state.

Lo dice Maurizio Masone che con Calogero Pumilia al centro Pasolini ha organizzato un incontro sul tema, molto partecipato da associazioni e organizzazioni territoriali. Associazioni numerose, organizzate, ansiose di essere interpellate su quelle prospettive e quelle iniziative che, sin dalla proposizione della candidatura, Agrigento può e deve mettere in campo nel 2025 e nel prossimo futuro. In un clima particolarmente critico nei confronti dell’organizzazione, è arrivato un corale appello alla residua credibilità dell’intera vicenda Capitale della cultura. Si è discusso di un percorso culturale condiviso, popolare, di cui Agrigento necessita per sconfiggere i suoi mali più gravi, per riprendere un percorso millenario di bellezza, accoglienza, solidarietà.

In tal senso, già la sola candidatura di Agrigento e del suo hinterland a capitale italiana della cultura per il 2025, aveva indicato un “itinerario” radicalmente diverso da quello, gravemente errato, seguito nell’ultimo secolo e che ha reso la nostra terra più brutta, più povera, più disagiata, inospitale.

Ma cosa è rimasto di quell’idea iniziale, di quell’unica idea possibile e concreta, volta a mettere al centro di ogni azione politica e amministrativa l’uomo – il cittadino, il visitatore, l’ospite, il migrante – garantendo, nel contempo, il recupero intelligente di un’etica pubblica ormai smarrita da decenni?

E’ rimasto veramente poco, secondo gli interventi ascoltati al Centro culturale Pier Paolo Pasolini di Via Atenea. Non c’è stata, o quantomeno non è stata notata, quella auspicata inversione di rotta rispetto agli storici atteggiamenti di chi, alternandosi o perpetuandosi saldamente al timone, non sempre ha onorato il ruolo di comando e la responsabilità di un carico importante, fatto di umanità, di bisogni, di aspettative.

Bisogna rivolgersi proprio all’uomo, e innanzitutto al cittadino contemporaneo, che oggi ha due tipi di reazione di fronte alla povertà, alla carenza infrastrutturale, al brutto: la prima è l’abbandono, la partenza, la fuga, di fronte all’incapacità concreta di cambiare le cose e alla forte volontà di soddisfare i propri bisogni e affermare se stesso con dignità, o – ancora peggio – quel gravissimo e dilagante fenomeno di assuefazione a carenze inaccettabili, in ogni ambito. Un percorso improntato alla vera cultura, al contrario, ci fornisce una via diversa, molto più concreta di quanto si possa immaginare, per cambiare ciò che non piace e che, per certi versi, è divenuto inaccettabile. Ebbene, la carenza dei più elementari servizi pubblici si può colmare – in un tempo relativamente breve – a patto di compiere, fino in fondo, un percorso culturale che può compiersi solo sulle gambe di cittadini consapevoli. Ben sapendo che la valorizzazione dei luoghi, anche in chiave economica, passa attraverso la pretesa di ciò che ci spetta, bilanciando doveri e diritti in un sistema democratico che, alcuni millenni fa, i nostri antenati insegnavano ai popoli meno progrediti e che, oggi, incredibilmente, ci appare lontano e irraggiungibile.

Interventi critici ma in fondo fortemente propositivi, concreti, interessanti, attuali, lanciati questa sera al Pasolini. Tutti caratterizzati dalla stessa visione di città, nella quale spicca la rinnovata centralità dell’uomo, del cittadino, dell’ospite, marginalizzato da azioni amministrative carenti, inadeguate o inesistenti, ostili o del tutto incomprensibili.

Nené Mangiacavallo: L’entusiasmo del 2023 ha lasciato il posto allo sconforto attuale. Non ci sono interlocutori che abbiano minimamente compreso il vero significato del titolo. Occorrevano nuove opere, una nuova visione di una città e di un territorio che meritano maggiore rispetto, perché esprimono grandi intelligenze ed enormi potenzialità che rischiano di restare tali. Ma l’assenza di autorevolezza decisionale e di risorse certe rischia di lasciare tutto sulla carta. Fin qui, senza tema di smentita, possiamo dire che l’impegno corale, di grande qualità, che aveva portato all’attribuzione del titolo, è stato del tutto vanificato.”

Don Mario Sorce, Cartello sociale: “Siamo sicuri che i nostri interlocutori vogliano veramente il cambiamento? Mettiamoli alla prova, con proposte concrete e un programma parallelo credibile, che metta al centro l’uomo, il cittadino.”

Daniele Gucciardo, Legambiente: “Siamo in grande ritardo, ma possiamo realizzare iniziative parallele, che vadano a contrastare quell’evidente fallimento delle iniziative ufficiali di cui ancora non si vede nulla. Noi ci siamo, come c’eravamo a maggio quando con altre associazioni ambientaliste abbiamo proposto un progetto ambientale per il quale ancora attendiamo risposte.”

Alfonso Buscemi, Cgil: “E’ difficile essere ottimisti, ma abbiamo l’obbligo di provarci e non tirarci indietro. Di fronte a un fallimento annunciato, del quale non vogliamo essere complici, la città deve recuperare il proprio orgoglio e noi faremo la nostra parte. Sia chiaro a tutti, comunque, che abbiamo finito di porgere l’altra guancia”.

Vittorio Messina, Confesercenti: “Le imprese turistiche, di fronte a una oggettiva presa in giro, sono fortemente indisposte ma pronte, comunque, a fare la propria parte per evitare un effetto boomerang a questo punto quasi inevitabili. L’amministrazione comunale dovrebbe fare non uno, ma cento passi indietro ad errori e ritardi imperdonabili che imporrebbero addirittura dimissioni”.

Antonio Liotta, Medinova: “Abbiamo le risorse umane e culturali per affiancare l’organizzazione con eventi di spessore che valorizzino la cultura locale e, soprattutto, che lascino qualcosa di concreto alla città e al territorio anche dopo il 2025.”

Michele Sodano, Immagina: “Ad Agrigento occorre una nuova classe dirigente, e occorre subito, anche per riparare i disastri compiuti dall’attuale. Assistiamo a pratiche clientelari insopportabili, che si svolgono sotto gli occhi di tutti, anche nell’ambito di quest’anno fondamentale per la città e per il territorio, senza alcun rispetto per i fondi pubblici e per le reali necessità dei cittadini. Viene voglia di abbandonare questa città che amiamo tanto, nella quale vorremmo vivere, vittima di una classe politico amministrativa scellerata.”

David Cirami, Ellenic music festival: “Il livello di disorganizzazione di Agrigento rispetto agli eventi culturali più rilevanti è tale da far fuggire tutti gli sponsor privati. Non si può continuare così, soprattutto continuando a finanziare, con enorme dispendio di fondi pubblici e dubbia congruità dei costi, troppi spettacoli prodotti dagli amici.”

E’ del tutto evidente, secondo i presenti, che se la proclamazione di Agrigento Capitale della cultura fosse stata utilizzata nei modi e nei tempi annunciati, se fosse stata resa popolare e metabolizzata, avrebbe di per sé costituito uno strumento potentissimo, probabilmente il più valido, per garantire un’azione di recupero del tessuto civile, sociale, e poi anche economico. Uno strumento di crescita, per il superamento di ostacoli di ogni tipo. Questo è il pensiero diffuso dai vari interventi al Pasolini. In tanti hanno ribadito lo scollamento tra le previsioni del dossier e la realtà dei fatti che ciascuno, a fine gennaio 2025, può osservare in città. Quel risultato che poteva e doveva essere colto, ossia un percorso per riprendere in mano, saldamente, la chiave d’accesso a un futuro ben più dignitoso dell’attuale, per noi e per la nostra terra, non è stato colto. Potrebbe non essere mai colto, e non certo a causa dei tanti disfattisti, detrattori, qualunquisti o degli “oppositori politici” di cui le tracce sparse si rinvengono di tanto in tanto. Non è questo il messaggio di questo venerdì pomeriggio al Pasolini.

C’è invece quel diffuso richiamo a un obbligo morale, per tutti, di partecipare attivamente, anche per contrastare quel rischio che oggi è più che mai incombente, ossia quello di cadere nell’elitarismo, nel velleitarismo, nella totale disconnessione da una realtà povera, incapace di risollevarsi, alla quale manca il pane, non sempre metaforicamente.

Una realtà umana e sociale che, pur avendo un sincero anelito al miglioramento, spesso dimentica i suoi diritti più elementari, a causa della fuga, della distrazione o del disimpegno dei suoi uomini migliori e, nel contempo, ad uno “zoccolo duro” di inguaribile e insanabile mediocrità.

Infine, la proposta, a cura dello stesso Calogero Pumilia che chiude l’incontro così: “Non possiamo più tacere”.

Sarà costituito, sin da subito, un Osservatorio su Capitale della cultura, al quale tutti i presenti hanno dato immediata adesione. Appuntamento a stretto giro, con un documento programmatico e il programma delle iniziative sul territorio.

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