Trenta anni fa l’omicidio Guazzelli: il “mastino” che faceva paura alla mafia
di Salvatore Cardinale - già magistrato in Agrigento
Il 4 aprile p.v. cade il trentesimo anniversario della morte del maresciallo dei Carabinieri, medaglia d’oro al valor civile, Giuliano Guazzelli, ucciso in località Villaseta di Agrigento da un commando mafioso che gli tendeva un’imboscata mentre egli, come era solito fare, da solo rientrava a casa alla guida della sua autovettura.
Le modalità dell’agguato e l’utilizzo di micidiali e moderne armi capaci di sviluppare uno straordinario volume di fuoco indicavano chiaramente, fin dai primi momenti investigativi, l’origine mafiosa dell’agguato. Tuttavia, le indagini dirette alla scoperta degli autori dell’assassinio, si rivelavano, da subito, complesse e per certi versi inconducenti tant’é che, nelle prime fasi di esse, era intrapresa e seguita una pista che, apparentemente plausibile, alla fine si dimostrava errata. Solo successivamente, e grazie a nuovi contributi conoscitivi offerti anche da un affidabile collaboratore di giustizia correo nell’agguato, le nuove e ulteriori investigazioni imboccavano la giusta direzione che riconduceva l’assassinio alla mafia di Agrigento e consentiva di individuare, nell’ambito di tale organizzazione, i veri mandanti e gli effettivi esecutori del delitto e di delineare una soddisfacente causale di esso, legata alla stringente attività investigativa svolta dalla vittima contro il crimine organizzato, e la sua componente agrigentina in particolare.
Come è noto, Giuliano Guazzelli, nato a Gallicano (Lucca) il 6 aprile 1933, dopo l’arruolamento a 21 anni nell’Arma dei Carabinieri, svolgeva l’intera sua carriera in Sicilia, distinguendosi ovunque per impegno e professionalità.
Divenuto “siciliano più siciliano” degli stessi nativi, amava la nostra terra della quale apprezzava i tanti pregi e le tante positività che essa esprime ma era ben consapevole della necessità di contrastare la presenza deleteria e inquinante della mafia, nemica di ogni tentativo di sviluppo e di emancipazione del popolo siciliano.
Dopo avere prestato servizio in alcune strutture isolane dell’Arma, ove spiccava sempre per le sue doti particolari di investigatore tenace e capace, veniva assegnato al Comando Provinciale dei Carabinieri di Agrigento, assumendo la titolarità della Stazione dei Carabinieri di Palma Montechiaro, presidio territoriale tra i più complessi del territorio provinciale, oppresso dalla presenza di malavita comune e di delinquenza mafiosa. La successiva tappa della sua carriera era il capoluogo agrigentino, ove operava presso la sede provinciale della sua Arma, per essere poi destinato, in ultimo, alla direzione della Squadra di P.G. della locale Procura della Repubblica,
Chi lo ha conosciuto, ricorda del maresciallo Guazzelli i modi cortesi e mai arroganti, la grande intelligenza e l’indubbio acume, la straordinaria capacità investigativa, la costanza non comune di onorare sempre la divisa che orgogliosamente indossava.
La sua attività lavorativa lo portava ad affrontare i vari aspetti dell’illegalità nel territorio e ad essere attore positivo di rilevanti indagini su vari campi ma ciò che caratterizzava il suo operare era l’impegno, coadiuvato da un gruppo di scelti e fidati collaboratori, a contrastare la criminalità organizzata della provincia contro la quale egli, con meditata decisione e con la consapevolezza del pericolo cui si esponeva – peraltro già sperimentato in altre sedi di servizio – si impegnava a battersi, quotidianamente e senza risparmio.
Tale sua scelta professionale consentiva ad una parte della società locale di superare l’atavica diffidenza verso le istituzioni e ad aspirare, con concreti comportamenti, ad un’aria nuova di legalità, resa pulita da una rinascente vigorosa azione di contrasto diretta a ripristinasse il potere e il prestigio dello Stato contro la delinquenza mafiosa e tutto il malaffare che essa genera.
Come era già accaduto nelle precedenti sedi di servizio, Giuliano Guazzelli confermava nell’ambiente di lavoro agrigentino quelle capacità, già sperimentate altrove, che lo rendevano uno dei migliori investigatori, per non dire il migliore, che il Comando Provinciale locale abbia mai avuto nella sua storia più recente.
Per tale suo dinamismo investigativo, il Sottufficiale entrava nel mirino della malavita più pericolosa che, trovandolo tenace protagonista in ogni indagine di mafia, lo faceva oggetto di quel progetto omicidiario portato a termine il 4 aprile 1992, alla vigilia del suo compleanno.
Giuliano Guazzelli occupa in Sicilia un posto di primo piano, al pari di altre figure prestigiose che hanno contrassegnato l’azione di opposizione condotta dallo Stato contro la mafia e quel mondo perverso, fatto di collusioni, condivisioni e indifferenza, che l’alimenta e la favorisce. A ben ragione, tutti i più recenti testi e dizionari sul crimine organizzato contengono un’ampia illustrazione della sua vita eroica.
Giuliano Guazzelli, per la sua personalità e per il suo agire in pubblico e nel privato, era un “uomo” secondo la definizione sciasciana (il Giorno della Civetta) e tale è rimasto anche dopo la sua morte. E’ una dignità che negli anni si continua a riconoscergli e che non si cancella ad onta dell’inesorabile trascorrere del tempo che tende a rimuovere i ricordi, anche quelli più belli.
La storia umana e professionale di Giuliano Guazzelli merita, dunque, di essere riproposta anche quest’anno, con la medesima tensione emotiva degli anni passati, benchè siano trascorsi ben 30 anni dalla morte del suo protagonista.
E’ un obbligo morale che va adempiuto avendo rappresentato Giuliano Guazzelli, nel suo modo straordinario di essere stato cittadino esemplare, fedele servitore dello Stato, padre e marito affettuoso, un modello da imitare e da additare come esempio a tutta la comunità e, specialmente, alle nuove generazioni che fortunatamente non hanno vissuto quei tragici avvenimenti ma che da essi devono trarre i dovuti insegnamenti.
L’esempio che Giuliano Guazzelli ci ha lasciato può essere riassunta nella motivazione della concessione della medaglia d’oro al valore civile, decorazione che il Capo dello Stato concede “al fine di premiare atti di eccezionale coraggio che manifestino preclara virtù civica e per segnalarne gli autori come degni di pubblico onore”, e che, nel caso del nostro eroe, cosi recita :”sottufficiale di elevatissime qualità professionali, impegnato in delicate attività investigative in aree caratterizzate da alta incidenza del fenomeno mafioso, operava con eccezionale perizia, sereno sprezzo del pericolo ed incondizionata dedizione al dovere e alle istituzioni, fornendo costanti e determinanti contributi alla lotta contro la criminalità organizzata fino al supremo sacrificio della vita, stroncata da proditorio ed efferato agguato criminale, Eccelso esempio di preclare virtù civiche ed altissimo senso del dovere”.