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Canicattì, “muore a 46 anni dopo colluttazione”: imputato chiede rito abbreviato

Dopo la nuova contestazione mossa a suo carico, non più lesioni personali bensì quella ben più grave di omicidio preterintenzionale, l’imputato chiede di essere giudicato con il rito abbreviato che, in caso di condanna, prevede lo sconto di un terzo della pena. La vicenda è legata alla morte di Giuseppe Cacciatore, deceduto a soli 46 […]

Pubblicato 4 anni fa

Dopo la nuova contestazione mossa a suo carico, non più lesioni personali bensì quella ben più grave di omicidio preterintenzionale, l’imputato chiede di essere giudicato con il rito abbreviato che, in caso di condanna, prevede lo sconto di un terzo della pena. La vicenda è legata alla morte di Giuseppe Cacciatore, deceduto a soli 46 anni subito dopo aver avuto una lite con un 29enne di Canicattì. 

I fatti risalgono all’estate 2015 quando il ragazzo, a margine di un incontro per risolvere una diatriba precedente avuta con il figlio del 46enne, colpì con alcuni pugni al volto l’uomo che morì immediatamente dopo. In un primo momento gli inquirenti indagarono per l’ipotesi di reato di lesioni personali nella convinzione che non ci fosse una relazione tra la colluttazione avvenuta e la morte dell’uomo che, secondo la prima attività di indagine, sarebbe stata causata da sindrome coronarica acuta. Una tesi che non ha convinto del tutto il Pm Paola Vetro che, una volta ereditato il fascicolo d’inchiesta, ha disposto nuove indagini al termine delle quali si è proceduto alla nuova contestazione di omicidio preterintenzionale.

 Per la Procura di Agrigento, che ha chiesto il rinvio a giudizio del 29enne, c’è una fatale connessione tra i pugni scagliati dal giovane e la morte del 46enne che sarebbe, secondo le nuove indagini, deceduto a causa dell’“increzione di ormoni catecolaminici che sviluppava una sindrome coronarica acuta”. Si torna in aula il prossimo 4 marzo davanti il gup del Tribunale di Agrigento Alessandra Vella. In quella data è prevista la requisitoria del pm Paola Vetro e le arringhe difensive degli avvocati Angela Porcello e Diego Guadagnino che rappresentano l’imputato. 

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