Inchiesta sul gruppo Pelonero, Riesame ribadisce: “Non esiste associazione a delinquere”

“Non è stato offerto alcun elemento diverso dalla mera ripetizione di più fatti di bancarotta e dei legami di parentela o affinità tra gli indagati idonee a comprovare l’effettiva creazione di un gruppo criminale seppur familiare”. E’ questo il passaggio con cui il Tribunale del Riesame spiega il perché sono state annullate le ordinanza di custodia nei confronti della famiglia Sferrazza finita nel vortice dell’inchiesta “Malebranche” che ipotizza una serie di operazione spericolate del cosiddetto “Gruppo Pelonero”. 

Secondo i giudici del Tribunale della Libertà, che hanno disposto scarcerazione e annullamento della misura per tutti gli indagati, non esisterebbe una vera e propria associazione a delinquere ma singoli episodi di bancarotta. L’associazione è stata esclusa perché non è stata dimostrata l’operativa dei soggetti in una struttura definita e neanche la consapevolezza dei soggetti di far parte di un sodalizio criminale. In altri termini, il fatto che siano state realizzate più condotte di bancarotta non risulta sufficiente a far emergere la stabile partecipazione degli indagati ad un sodalizio. 

“Peraltro – scrivono i giudici sulla figura di Gioachino Sferrazza, difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo e Chiara Proietto, considerato dalla procura il “dominus” – non sono emersi indizi sufficienti da desumerne la qualità di organizzatore della ritenuta associazione a delinquere.” Il fatto che venga coinvolto in una quantità maggiore di reati fine non basta a configurarne il ruolo di capo dell’associazione.