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Licata, il boss Occhipinti e il suo credo: “Sono mafioso e non mi vergogno” (vd)

E’ figura centrale dell’inchiesta “Assedio” che ha disarticolato le famiglie mafiose di Licata e Campobello di Licata nell’Agrigentino con il fermo di sette persone accusate di di associazione di tipo mafioso armata, finalizzata alle estorsioni, nonché di concorso esterno in associazione mafiosa. Lui è Angelo Occhipinti, “pisci muoddru”, mezza vita trascorsa in galera e l’etichetta […]

Pubblicato 5 anni fa

E’
figura centrale dell’inchiesta “Assedio” che ha disarticolato le famiglie
mafiose di Licata e Campobello di Licata nell’Agrigentino con il fermo di sette
persone accusate di di associazione di tipo mafioso armata, finalizzata alle
estorsioni, nonché di concorso esterno in associazione mafiosa.

Lui è
Angelo Occhipinti, “pisci muoddru”, mezza vita trascorsa in galera e l’etichetta
di mafioso che non disdegnava. Anzi: «Io
sono nato mafioso, a me non mi ha fatto nessuno. Io ci sono nato mafioso, mi
dovrei vergognare? E invece non mi vergogno
».

Dietro la sua porta ricavata in un magazzino sorvegliato e protetto dai suoi uomini, c’erano tutti e lo spiega bene il provvedimento di fermo: “Emblematici della sensibilità del territorio alla capacità di intimidazione dell’organizzazione mafiosa sono stati tre distinti episodi. In un caso è emerso che un noto gioielliere di Licata, dopo avere ricevuto una busta contenente cartucce, ha subito chiesto protezione al reggente della famiglia mafiosa e, solo successivamente, ha denunciato l’episodio alle forze dell’ordine”. Non un caso isolato. In un’altra circostanza, infatti, un ex consigliere comunale di Licata, al quale era stato rubato un ciclomotore, si è rivolto al capo clan per potere rapidamente ottenere la restituzione del mezzo. “Infine, in un terzo caso un soggetto dedito ai reati predatori ha chiesto e ottenuto dal capomafia l’autorizzazione a effettuare un furto nell’abitazione di una donna, ritenuta in possesso di un considerevole quantitativo di oro”.

Le estorsioni
– una delle quali ai danni di una impresa che lavorava in Germania -, gli
investimenti nelle slot-machines e le sue relazioni, specie con i politici,
erano il suo pallino fisso. Aveva in mano  il consigliere comunale Giuseppe Scozzari, e
del deputato regionale Carmelo Pullara, 48 anni, eletto nel 2018 all’Ars nella
lista degli Autonomisti e ora componente autosospeso della Commissione antimafia
Regionale diceva questo: «Per me Pullara
è buono. La gente che vuole mangiare buoni sono. Almeno sai che se ci vai per
una cosa prende e te la fa.
C’è stata
una cosa senza che ci sono andato e gli ho detto che si deve mettere da parte e
si è messo da parte. Angiolè che ti devo dire tutte cose? Pullara è buono
perché è mangiatari vuole mangiare con sette forchette».

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