L’omicidio nella concessionaria a Villaggio Mosè, chieste due condanne
Nel processo per l’omicidio di Roberto Di Falco, 37enne di Palma di Montechiaro morto in una sparatoria all’interno di una concessionaria a Villaggio Mosè
La Procura di Agrigento ha avanzato la richiesta di condanna nei confronti di due imputati coinvolti nell’inchiesta sull’omicidio di Roberto Di Falco, trentottenne di Palma di Montechiaro morto nel febbraio dello scorso anno in una sparatoria avvenuta all’interno della concessionaria “AutoXPassione” di Villaggio Mosè. Il sostituto procuratore Gaspare Bentivegna ha chiesto 12 anni e 8 mesi di reclusione per Domenico Avanzato, 36 anni, e 13 anni e 4 mesi di reclusione per Calogero Zarbo, 41 anni, entrambi di Palma di Montechiaro.
Ai due imputati – giudicati col rito abbreviato – vengono contestati i reati di omicidio per errore e tentato omicidio mentre al solo Zarbo, che nei mesi scorsi contribuì a far ritrovare l’arma del delitto, viene anche contestato la detenzione della pistola. Alle richieste del pubblico ministero si è associato anche l’avvocato Salvatore Cusumano che rappresenta la parte civile. Questo stralcio processuale riprenderà il 12 ed il 27 giugno per le arringhe degli avvocati Giuseppe Barba, Antonio Ragusa e Antonio Impellizzeri. Un terzo imputato, Angelo Di Falco, fratello della vittima, ha scelto la via del rito ordinario e il processo a suo carico si svolgerà davanti la Corte di assise di Agrigento. L’uomo è difeso dagli avvocati Santo Lucia e Giovanni Castronovo.
Una vicenda complicata così come il suo iter giudiziario. Agli imputati – tre le altre cose – viene contestata una particolare fattispecie di reato: l’omicidio per errore. Il 23 febbraio dello scorso anno quattro palmesi compiono quella che gli inquirenti ritengono una spedizione punitiva nei confronti di Lillo Zambuto, titolare della concessionaria “AutoXPassione” al Villaggio Mosè. Alla base della “punizione” impartita al rivenditore di auto, aggredito nel piazzale della concessionaria, il pagamento di un’auto con un assegno risultato poi scoperto. Durante quei concitati momenti, ripresi in gran parte dalle telecamere, viene estratta una pistola da cui parte un colpo che ferisce mortalmente proprio Roberto Di Falco.
Per la Procura di Agrigento a premere il grilletto è stata la stessa vittima dopo che Zambuto, come dichiarato dallo stesso, era riuscito con una mossa imparata durante il servizio militare a girare la canna dell’arma verso il suo aggressore. Intanto la pistola che sembrava svanita nel nulla, ritenuta l’arma del delitto, è stata ritrovata grazie alle parziali dichiarazioni agli inquirenti di uno degli imputati. Zarbo, infatti, ha indicato il luogo esatto in cui era stata occultata una semiautomatica calibro 9 con matricola abrasa.