Apertura

Lorena Quaranta e il “caso” del giurato over65, la decisione della Cassazione

Una decisione che, inevitabilmente, avrà conseguenze nel processo sul femminicidio di Lorena Quaranta

Pubblicato 12 mesi fa

Una importante decisione della Corte di Cassazione sul requisito anagrafico dei giudici popolari, arrivata proprio nella giornata di ieri, fornisce un “assist” al processo per l’omicidio di Lorena Quaranta, aspirante medico di Favara, uccisa dal fidanzato al culmine di una lite il 31 marzo 2020. In primo grado è stato inflitto l’ergastolo ad Antonio De Pace, infermiere calabrese reo confesso. 

Una condanna sulla quale si è sollevato più di un dubbio dopo la richiesta della difesa di invalidare il processo di primo grado per il superamento dei 65 anni di uno dei giudici popolari, circostanza che – fino al pronunciamento della Cassazione di ieri – è stata causa dell’annullamento di diverse sentenze. La Corte di Appello di Messina, chiamata a decidere sulla richiesta dei difensori, appena quattro giorni fa ha rinviato l’udienza proprio per attendere il verdetto della Cassazione che si sarebbe pronunciata su un caso analogo. E ieri è arrivata la decisione. La prima sezione penale, in particolare, ha dichiarato che il requisito anagrafico previsto dalla legge per i giudici popolari “è richiesto al momento dell’iscrizione nell’albo dei giudici popolari, dell’inserimento della lista e, da ultimo, della nomina per la sessione. Il giudice popolare così nominato resta legittimamente in carica per l’intera sessione”. Secondo i giudici del “Palazzaccio”, «non sussiste il vizio di capacità del giudice». 

Una decisione che, inevitabilmente, avrà conseguenze nel processo sul femminicidio di Lorena Quaranta.  Adesso la palla passa ai giudici della Corte di Appello di Messina che, se dovessero allinearsi a quanto pronunciato dalla Cassazione, non dovrebbero annullare la condanna all’ergastolo di De Pace. In ogni caso bisognerà attendere il prossimo 23 maggio. Il femmicidio di Lorena Quaranta si consuma nella notte del 31 marzo 2020 all’interno di un appartamento di Furci Siculo, nel messinese, che i due giovani condividevano. E’ stato lo stesso De Pace, dopo aver strangolato Lorena, a chiamare i carabinieri al telefono: “Venite, ho ucciso la mia fidanzata”. Il movente non è mai stato del tutto chiaro. L’infermiere calabrese ha infatti sostenuto, almeno nelle prime fasi delle indagini, di avere ucciso la giovane fidanzata perché convinto di aver contratto il Covid-19 a causa sua. Una circostanza poco credibile e smentita immediatamente grazie ai successivi esami effettuati. 

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *