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Mafia, blitz “Assedio”, Semprevivo fa scena muta davanti al Gip

Si è avvalso della facoltà di non rispondere, non rispondendo dunque alle domande del gip, Raimondo Semprevivo, licatese, rimasto coinvolto nell’inchiesta scaturita nell’operazione antimafia denominata “Assedio”, coordinata dalla Dda di Palermo e condotta sul campo dai Carabinieri delle Compagnie di Agrigento e di Licata. Ieri mattina, presso il carcere di contrada Petrusa, dove si trova […]

Pubblicato 5 anni fa

Si è avvalso della facoltà di non rispondere, non rispondendo dunque alle domande del gip, Raimondo Semprevivo, licatese, rimasto coinvolto nell’inchiesta scaturita nell’operazione antimafia denominata “Assedio”, coordinata dalla Dda di Palermo e condotta sul campo dai Carabinieri delle Compagnie di Agrigento e di Licata.

Ieri mattina, presso il carcere di contrada Petrusa, dove si trova recluso dopo l’ordine di custodia cautelare spiccato nei suoi confronti, Raimondo Semprevivo è comparso dinanzi al Gip del Tribunale di Agrigento, Luisa Turco.

Gli interrogatori continueranno a partire da domani quando dovrebbero comparire dinanzi al giudice altri tre coinvolti, l’ex consigliere comunale di Licata, Giuseppe Scozzari, finito ai domiciliari, e i fratelli Gabriele e Vincenzo Spitaleri, il primo rinchiuso nel carcere di Frosinone, il secondo in quello di Civitavecchia.

I coivolti, a vario titolo, nel blitz dei carabinieri sono: Vincenzo Bellavia, 33 anni di Licata;Angelo Graci, inteso “Trappolina“, 32 anni di Licata;Angelo Occhipinti, inteso “Piscimoddu”, 64 anni di Licata; Giuseppe Puleri, inteso “Peppe”, 40 anni di Campobello di Licata;Giuseppe Scozzari, 46 anni di Licata;Raimondo Semprevivo, 47 anni di Licata, Giuseppe Salvatore Spiteri, 46 anni di Licata.

Secondo le accuse, tutti andavano a bussare alla porta di Angelo Occhipinti, 64 anni di Licata, inteso “Piscimoddu” che, dal suo capannone, divenuto un vero e proprio fortino con tanto di guardie e cani di grossa taglia, amministrava come una vera autorità il sottobosco criminale (e non solo) del grosso centro agrigentino: chi si rivolgeva a lui per compiere dei furti in abitazione ed avere la sua approvazione; un gioielliere del paese, ricevuta una intimidazione con due cartucce, piuttosto che andare dai carabinieri a denunciare l’accaduto si è subito attivato per chiedere “udienza” al boss. Quest’ultimo era riuscito anche ad intervenire su una “messa a posto” di un lavoro edile in Germania dove, a fronte di una richiesta estorsiva di dieci mila euro, era riuscito ad ottenerne cinque. 

Occhipinti era uscito dal carcere nell’ottobre 2017 e immediatamente, come nella più consolidata tradizione mafiosa, aveva ripreso il controllo della famiglia di Licata imponendo estorsioni, dispensando consigli, appianando contrasti.

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