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Mamma e figlia a capo di una banda che reclutava “schiavi”: indagini su imprenditori agricoli (ft)

Dalla Slovacchia erano riuscite ad entrare illegalmente in Italia e stanziarsi anche molto bene nel cuore della provincia di Agrigento dove, in non poco tempo, avevano costruito quella che per i magistrati della procura agrigentina è una vera e propria associazione a delinquere ben strutturata e gerarchica. Viera Cicakova, 59 anni, e Veronica Cicakova, 37 […]

Pubblicato 4 anni fa

Dalla Slovacchia erano riuscite ad entrare illegalmente in Italia e stanziarsi anche molto bene nel cuore della provincia di Agrigento dove, in non poco tempo, avevano costruito quella che per i magistrati della procura agrigentina è una vera e propria associazione a delinquere ben strutturata e gerarchica. Viera Cicakova, 59 anni, e Veronica Cicakova, 37 anni – madre e figlia – comandavano una banda che procacciava attraverso dei veri e propri “casting” giovani lavoratori, che entravano nel territorio italiano attraverso l’escamotage del visto turistico, da poter impiegare nei fondi agricoli dell’agrigentino e del nisseno per 12 ore al giorno con una paga di circa 30 euro. Per raggiungere i fondi agricoli venivano caricati su furgoni anche in quaranta per volta, stipati come valigie. I carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento, guidati dal colonnello Pellegrino, e i militari del Nil, comandati dal colonnello Buonomo, oltre le due donne hanno fermato altre sei persone componenti della “banda” nell’operazione Podos: si tratta di Rosario Burgio, 42 anni di San Cataldo, in passato sotto processo per l’inchiesta antimafia “Odessa” e assolto nonché compagno della Cicakova; Rosario Ninfosì, ex bracciante agricolo, 52 anni di Palma di Montechiaro; Vasile Mihu, 43 anni, “autista” e “controllore” originario della Romania; Emilio Lombardino, 46 anni di Agrigento, “autista” nonché proprietario di uno dei minivan utilizzati per i viaggi; Giovanni Gurrisi, 40 anni di Agrigento, considerato un altro “autista”; Neculai Stan, 62 anni, il “capo squadra”. 

Un’altra donna, Inna Kozak, ventiseienne ucraina, risulterebbe irreperibile.

Secondo le indagini era stato reclutato un vero e proprio esercito di circa un centinaio di persone. Adesso sono accusati di associazione a delinquere finalizzato allo sfruttamento del lavoro. Domani compariranno alle 11:30 compariranno davanti il Gip Stefano Zammuto per la convalida del fermo.

Molti dei lavoratori sfruttati, provenienti principalmente da Paesi dell’est e senza alcuna conoscenza dell’italiano, avevano come unico punto di riferimento proprio le Cicakova in un tragico dualismo padre-padrone. Sfruttati che cercavano riparo negli sfruttatori arrivati addirittura a sottrarre ad alcuni “dipendenti” il passaporto per evitare particolari sorprese. Madre e figlia, che si erano inserite molto bene nell’agrigentino, erano però anche il punto di riferimento di molti imprenditori agricoli – con aziende e fondi ad Agrigento, Favara, Campobello di Licata, Canicattì, Palma di Montechiaro ma anche sul versante nisseno da Riesi a Mazzarino –  che ben conoscevano la “forza lavoro” di cui disponevano le due donne e per questo ne chiedevano loro fornitura da mandare nei campi nelle operazioni di raccolta e sgrappolatura. Per questo motivo le indagini, come hanno riferito a margine di una conferenza stampa il procuratore capo Patronaggio e il sostituto procuratore Andreoli, continuano. E si intuisce logicamente che l’oggetto di nuovi approfondimenti degli inquirenti agrigentini siano proprio eventuali condotte illecite degli imprenditori agricoli che “beneficiavano” di questa manodopera risparmiando e guadagnando allo stesso tempo. 

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