Catania

Operazione “Zeta”, boss comandava dal carcere grazie a moglie e due figli: 14 arresti (ft e vd)

All’alba di oggi, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere, emessa in data 12.3.2019 dal Gip del Tribunale di Catania, nei confronti di: Maurizio Zuccaro, 58 anni, già detenuto; Rosario Zuccaro, 37 anni; Filippo Zuccaro, 34 […]

Pubblicato 5 anni fa

All’alba di oggi, su delega della
Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, la Polizia di Stato ha dato
esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere,
emessa in data 12.3.2019 dal Gip del Tribunale di Catania, nei confronti di: Maurizio
Zuccaro, 58 anni, già detenuto; Rosario Zuccaro, 37 anni; Filippo Zuccaro, 34
anni, detto “Andrea Zeta”; Luigi Gambino, 52 anni, detto “Gino
‘u longu”; Angelo Testa, 50 anni, già sottoposto alla sorveglianza
speciale; Carmelo Giuffrida, 51 anni, detto “Melu ‘u pisciaru”, già
sottoposto alla sorveglianza speciale; Francesco Ragusa, 50 anni, detto
“Francu ‘u sceriffu”; Michele Colajanni, 53 anni; Giuseppe Verderame,
65 anni, già sottoposto agli arresti domiciliari; Simone Giuseppe Piazza, 33
anni, già detenuto; Giovanni Fabio La Spina, 34 anni. Sono finiti ai
domiciliari Graziella Acciarito, 55 anni, moglie di Maurizio Zuccaro e Michela
Gravagno, 35 anni.

Tutti sono ritenuti responsabili,
a vario titolo, dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso
(clan Santapaola – Ercolano), estorsione, usura, intestazione fittizia di beni,
detenzione e porto illegale di armi e reati in materia di stupefacenti, con
l’aggravante di aver commesso i fatti per agevolare il gruppo facente capo a Maurizio
Zuccaro, appartenente all’associazione mafiosa Santapaola – Ercolano ed
avvalendosi delle condizioni di cui all’art.416 bis c.p.

Il provvedimento restrittivo
compendia gli esiti di attività di indagine di tipo tecnico, coordinata dalla
Procura distrettuale antimafia di Catania e condotta dalla Squadra mobile –
Sezione reati contro il patrimonio – “Squadra antiracket” nell’arco temporale
giugno 2016 – maggio 2017 e che ha consentito di ricostruire la composizione
nonché le attività illecite del clan Santapaola – Ercolano – gruppo di “San
Cocimo”, articolazione operativa del predetto clan mafioso radicata nella zona
cittadina compresa tra piazza Machiavelli ed il “Castello Ursino”, storicamente
capeggiata da Maurizio Zuccaro, elemento di rango apicale del clan Santapaola –
Ercolano.

Le indagini hanno preso le mosse
dalla denuncia presentata nel mese di giugno 2016 da uno dei titolari della
società avente quale oggetto la gestione di un parcheggio ubicato nei pressi
dell’aeroporto Fontanarossa “Vincenzo Bellini” di Catania, il quale ha
dichiarato di avere ricevuto una telefonata estorsiva nel corso della quale una
voce anonima, in dialetto catanese, gli intimava: ”abbessa  (prepara, n.d.r.) – 100.000,00 euro, se no
facciamo saltare tutto in aria, oppure cercati l’amico!”

Gli esiti dei presidi tecnici,
non disgiunti da attività di tipo tradizionale, hanno permesso di individuare
in Giuseppe Verderame e Simone Giuseppe Piazza gli autori della predetta
tentata estorsione, evidenziando come la stessa si inserisse in un contesto più
ampio di reati fine dell’associazione mafiosa Santapaola – Ercolano – gruppo di
“San Cocimo”.

Dal proseguo delle indagini
emergeva che tra le fila del suddetto sodalizio mafioso figuravano la moglie ed
i figli di Maurizio Zuccaro, ovvero Graziella Acciarito, Rosario e Filippo Zuccaro, nonché Luigi
Gambino, ai quali è
contestato il ruolo di promotori, capi e comunque organizzatori del gruppo di
“San Cocimo”, nonché Angelo Testa
– cugino di Maurizio Zuccaro, – Carmelo Giuffrida,
Francesco Ragusa, Michele
Colajanni, Giuseppe
Verderame. Simone Giuseppe Piazza e Giovanni Fabio La Spina, quali componenti della
squadra. E’ stato accertato che Maurizio Zuccaro, attraverso i figli Rosario e
Filippo e la moglie Graziella Acciarito, nonostante fosse detenuto continuava
ad impartire ordini ai propri accoliti, acquisendo anche quote di
partecipazione in attività economiche che venivano intestate a prestanome allo
scopo di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione
patrimoniale.

Ancora, nel corso delle indagini
è emerso che Maurizio Zuccaro, Rosario Zuccaro, Luigi Gambino, Carmelo Giuffrida e Giovanni
Fabio La Spina, con minaccia consistita nel paventare implicitamente pregiudizi
all’incolumità personale e all’integrità dei beni aziendali, costringevano il
gestore e l’amministratore di una nota discoteca catanese ad affidare loro il
servizio di sicurezza, assumendo quali addetti loro familiari ed altri
appartenenti al sodalizio, e a versare la somma di 3.000,00 euro. Proprio con
riferimento al servizio di sicurezza all’interno del locale notturno, le
attività tecniche hanno fatto emergere i preliminari accordi per la spartizione
del servizio di security con esponenti del clan mafioso Cappello – Bonaccorsi,
rappresentati dal noto Salvatore Massimiliano Salvo, ed i successivi contrasti per la gestione del
citato servizio. Dal monitoraggio degli ingenti investimenti di somme di denaro
è emerso un episodio di intestazione fittizia di beni effettuata, col benestare
del padre Maurizio, da Rosario Zuccaro.

Questi, al fine di eludere le
disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, acquistava
fittiziamente la titolarità delle quote rappresentative del 50% del capitale
sociale di una società per azioni, in vista della gestione di un ristorante
ubicato lungo il litorale Ognina, impartendo costantemente al prestanome, Michela
Gravagno, formalmente
intestataria delle quote societarie, direttive in merito alla stipula del
contratto di acquisto delle quote della società, alla ristrutturazione dei
locali di esercizio di attività di ristorazione.

A Rosario Zuccaro sono contestati
il reato di usura aggravata, per avere prestato ad un esercente di un negozio
di abbigliamento, in due soluzioni, la somma complessiva di 4.000,00 euro,
facendosi promettere, in corrispettivo, il pagamento mensile di interesse
usurari determinati nella misura del 10% del capitale prestato, nonché la
detenzione ed il porto in luogo pubblico di armi da sparo. A Verderame, infine,
è contestata la detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo
marijuana.

Uno dei destinatari del medesimo
provvedimento restrittivo, allo stato irreperibile, è attivamente ricercato.
Espletate le formalità di rito, gli arrestati sono stati associati presso la casa
circondariale di Catania “Bicocca”.

Operazione Z
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