Giudiziaria

Appiccò fiamme in riserva, condannato incendiario

Deve scontare due anni e otto mesi e il pagamento delle spese processuali, ma anche la prescrizione di risiedere per dodici mesi in una Comunità terapeutica assistita

Pubblicato 1 anno fa

 Il giudice dell’udienza preliminare, Giuseppe Noto, ha condannato l’uomo che diede fuoco a decine di ettari tra Floristella e la Riserva di Rossomanno, nell’Ennese. La condanna, comminata tenendo conto della scelta del rito abbreviato e del vizio parziale di mente dell’incendiario, prevede una pena di due anni e otto mesi e il pagamento delle spese processuali, ma anche la prescrizione di risiedere per dodici mesi in una Comunità terapeutica assistita. Il Circolo Legambiente Erei di Enna si era costituito quale parte civile nel procedimento con l’avvocato Barbara Di Natale. Alle parti civili, la stessa Legambiente e la Cna di Enna, andrà il risarcimento delle spese processuali e la possibilità di adire in sede civile al procedimento per risarcimento dei danni derivati dall’azione incendiaria.

“Essere pervenuti all’individuazione del responsabile prima, e alla celebrazione del processo poi, con la conseguente condanna dell’imputato – dice Giuseppe Alfieri, presidente di Legambiente Sicilia -, è una notizia che ci riempie di soddisfazione e che dà speranza per il futuro. Uno dei problemi più seri nel contrasto alla piaga degli incendi, infatti, è proprio la difficoltà per gli investigatori di individuare i responsabili di questi atti vili. Fortunatamente negli ultimi tempi – aggiunge – sembrano esserci segnali positivi in controtendenza e la condanna dell’incendiario di Enna ne è la testimonianza. L’aspetto repressivo, sebbene non sia ovviamente sufficiente, è, però, molto importante, anche per la funzione di deterrenza che potrebbe avere in altri potenziali incendiari”.

Per il presidente del circolo ennese, Franz Scavuzzo, “al di là della evidente fragilità del soggetto colpevole, quel che emerge è la novità della conclusione di un iter di riconoscimento della colpevolezza e del reato stesso, l’inizio di una consapevolezza diffusa di come dar fuoco non possa più essere una abitudine vietata ma sopportata, ma una dannosa e pericolosissima pratica criminale i cui costi sociali, economici ed ambientali sono enormi”.

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