Lampedusa

Cocaina a Lampedusa: la storia di Ignazio e Pippo Blandina (ucciso) porta lontano

Un carico di droga perso o gettato in mare dai trafficanti?

Pubblicato 1 anno fa

Con l’operazione “Levante” scattata stanotte che ha visto oltre 80 carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, supportati dai colleghi dei Comandi provinciali di Catania e Messina, dalle prime luci dell’alba eseguire un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura di Agrigento, nei confronti di 11 persone, con contestuale esecuzione di perquisizioni locali e personali, torna di attualità l’articolo che è stato scritto nel luglio scorso quando venne catturato Blandina. E’ stato foriero di buone novità anticipando tempi e previsioni. Ve lo riproponiamo:

Ignazio Umberto Blandina, il sessantenne lampedusano arrestato dai carabinieri perché trovato in possesso di 24 kg di cocaina oltre che di denaro contante e bilancini di precisione, ad occhio e croce, non sembra essere il trafficante di stupefacenti che l’ingente quantità di cocaina sequestrata nella sua abitazione lascerebbe intendere.

Una vita trascorsa quasi tutta borderline, più arresti che libertà, aveva ed ha precedenti penali di non grandissimo spessore. Ha sempre, dice il fascicolo personale custodito dai carabinieri, trattato droga e l’ha anche spacciata ma detenendo quantità mai superiori ai 50 grammi. Un personaggio piccolo, dicono a Lampedusa, certamente non in grado di pagare centinaia di migliaia di euro per accaparrarsi quasi 25 chili di cocaina, la quantità necessaria per rifornire l’intera isola almeno per tre settimane. 

E questo lo sanno tutti, inquirenti compresi che hanno avuto un sobbalzo quando, perquisendo la sua casa lampedusana perché attratti da un continuo viavai di persone (lui non poteva muoversi perché ai domiciliari) invece di trovare i previsti 50 – 100 grammi di “neve” ne hanno rinvenuto oltre 24 chili. 

Un colpaccio che ha proiettato Carabinieri e Procura della Repubblica (procuratore capo facente funzioni Salvatore Vella e sostituto Gianluca Caputo) verso un’altra dimensione investigativa che porta lontano dall’isola e stilizza l’immagine di narcotrafficanti veri, di spessore che hanno probabilmente “usato” Blandina come deposito temporaneo in attesa del prelievo della droga ad opera di altri e ben più affidabili corrieri e grossisti di stupefacenti.

Le domande alle quali gli investigatori stanno cercando di dare una risposta sono le seguenti: come è arrivata la droga a Lampedusa? E chi l’ha fatta arrivare?

Rispondere con certezza ai due quesiti significherebbe avere quasi completamente risolto l’intricato caso giudiziario. E si aprirebbero altri e ben più importanti scenari. 

Anche questo lo sanno bene i pubblici ministeri Vella e Caputo e lo sanno bene pure i carabinieri, tutti ben consapevoli che Lampedusa (con annessa Linosa) rappresenta una delle piazze di spaccio più importanti d’Italia grazie ad un turismo che dura almeno sei mesi l’anno e che porta sull’isola migliaia e migliaia di probabili acquirenti.

La prima ipotesi investigativa di pregio è questa: al largo di Lampedusa potrebbe esserci un carico di cocaina perso o gettato in mare da trafficanti. E che alcuni avrebbero individuato e, poco alla volta, viene portato sulla terraferma per essere ceduto e mettere in commercio. Nessuna certezza, sia chiaro, solo una ipotesi investigativa che potrebbe trovare conferma se Ignazio Blandina collaborasse con gli inquirenti. E questa ultima eventualità non trova conferme di alcun tipo.

Nel tentativo di dare certezze ai mille interrogativi sorti, gli investigatori hanno anche scavato e scavano il  passato di Ignazio Blandina che, ribadiamo, non ha un palmarès degno di nota. 

Tuttavia, non si può non fare a meno di rispolverare vecchi ed ingialliti dossier risalenti agli anni 90 che riportano a galla mai dimenticati traffici di droga che hanno coinvolto il fratello dell’odierno arrestato, Giuseppe “Pippo” Blandina, ucciso ad Ostia il 12 giugno 1999 da un pesce piccolo per pagamenti mai avvenuti di partite di droga, a dispetto della storia criminale della vittima che aveva fatto segnare passaggi importanti sia nella storia del narcotraffico sia legami con i clan mafiosi operanti in quel territorio che plurime inchieste hanno portato alla luce, comprese quella denominata “Mafia capitale” e quella legata all’uccisione di Fabrizio Piscitelli, meglio noto come Diabolik, capo degli Ultras della Lazio, assassinato il 7 agosto con un colpo di pistola alla testa.

Tutto questo lo raccontano le cronache romane degli anni 1990-2000. 

Non è un caso che Piscitelli compare nell’ordinanza di custodia cautelare datata 1998, operazione di Ros e Dia denominata «Black beach». Con lui anche Pippo Blandina, i massimi esponenti dei clan egemoni di Ostia ossia Vito e Vincenzo Triassi, anch’essi arrestati, referenti lidensi del clan mafioso Cuntrera-Caruana-Caldarella nonché i boss dei clan Senese e Spada. 

Pippo era scampato miracolosamente ad un altro agguato il 26 febbraio del ’98, quando tre sicari a bordo di una Y10 si affiancarono alla sua macchina, in via dei Traghetti, ad Ostia, e fecero fuoco: spararono cinque colpi di pistola che lo sfiorarono appena, ma che uccisero il suo cane, un rottweiler. Pippo Blandina, è stato solo uno dei morti ammazzati per droga sul litorale ostiense. 

Nel luglio del ’96, crivellato di piombo era stato ucciso il suo amico e socio in affari, Gianluca Riva. Poco prima, era toccato a Ottorino Addis (banda della Magliana), freddato da due killer in motocicletta nel marzo di quello stesso anno. 

Secondo le rivelazioni del super-pentito Raul Riva, fratello di Gianluca, che nel maggio del ’98 consentì di portare all’ arresto di 24 persone ad Ostia per narcotraffico, compreso lo stesso Blandina, Pippo, sarebbe stato per anni, punto di riferimento dei Caruana e Cuntrera e dei fratelli Triassi. Per poi passare con i Senese e gli Spada.

L’ultimo morto della guerra della droga è appunto Piscitelli. 

E qui comincia un’altra storia che, forse, porterà a Lampedusa.

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