Giudiziaria

La faida di Palma di Montechiaro con due omicidi: falsa partenza del processo

Sul banco degli imputati 11 persone

Pubblicato 3 anni fa

Falsa partenza, a causa di alcuni difetti di notifica, del processo a carico di 11 imputati accusati, a vario titolo, di aver dato vita ad una vera e propria guerra tra famiglie a Palma di Montechiaro, culminata con due morti e maturata negli anni in un ambiente omertoso in cui tutti sapevano tutto ma nessuno ha mai collaborato con la giustizia ostacolando anzi lo sviluppo delle indagini. Il processo, in corso davanti la Corte di assise presieduta da Alfonso Malato, è stato rinviato all’8 ottobre.

Undici, dunque, a processo: si tratta di Ignazio Rallo, 40 anni; Roberto Onolfo, 29 anni; Angelo Castronovo, 64 anni; Pino Azzarello, 40 anni,  Carmelo Pace, 59 anni; Giuseppe Azzarello, 23 anni; Maria Concetta Noemi Oteri, 22 anni; Giacomo Alotto, 62 anni; Gioacchino Gaetano Burgio, 50 anni; Giuseppe Giganti, 44 anni e Giuseppe Rallo, 32 anni. Francesco Orlando, 26 anni, accusato di favoreggiamento, tramite il suo legale di fiducia, chiesto la messa alla prova.

Solo Ignazio Rallo e Roberto Onolfo rispondono dei reati più gravi. Gli altri sono accusati a vario titolo di favoreggiamento, possesso di armi e altro.

Ci sono voluti quasi due anni di serrate indagini incrociate – condotte dai carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento, della compagnia di Licata e dei poliziotti della Squadra mobile di Agrigento – per fare luce sugli omicidi di Enrico Rallo, 38enne ucciso con tre colpi di pistola di fronte il bar Mazza a Palma di Montechiaro nel 2015, e quello di Salvatore Azzarello, 39enne bracciante agricolo freddato nell’agosto 2017 da un commando nelle campagne di contrada Burraiti mentre si trovava a bordo del suo trattore. 

Il gip del Tribunale di Agrigento Stefano Zammuto, che ha firmato nel luglio 2020 il provvedimento di cattura scrisse: “I delitti in disamina rappresentano l’epilogo di una faida tra famiglie che nasce con l’obiettivo di levare l’onta di un furto subito e prosegue con la vendetta dell’omicidio patito [..] Tutti gli elementi stanno a significare una innegabile verità: tutti hanno delle armi. Alcune vengono occultate perché  “calde”, altre sequestrate perché rinvenute, e tutti nuovamente si armano perché tutti hanno paura, perché tutti sanno come vanno le cose: vendetta genera vendetta”.

Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, dunque, l’origine della faida tra le famiglie è da ricondurre al furto di un mezzo agricolo nel 2013 commesso dai fratelli Ignazio ed Enrico Rallo nei confronti di Salvatore Azzarello. Un messaggio che per alcuni in queste porzioni di terra suona come un affronto. Inizia la faida: il 9 novembre 2015 Enrico Rallo, attirato in una trappola davanti ad un bar di Palma di Montechiaro, viene ferito da Salvatore Azzarello con tre colpi di arma da fuoco e morirà quasi un mese più tardi all’ospedale Civico di Palermo. Nessuno collaborerà alle indagini. Il 22 agosto 2017 la vendetta: un commando formato da Ignazio Rallo, Roberto Onolfo e Giuseppe Rallo – a bordo di un pick-up rubato al corpo Forestale di Licata – affianca il trattore su cui è seduto Salvatore Azzarello ed esplode colpi con due differenti armi uccidendo il bracciante agricolo. In pochi sapevano dove si trovava la vittima in quel momento.

Ed è qui che si incrociano gli sviluppi investigativi di carabinieri e polizia: i primi stavano indagando sull’omicidio Rallo, i secondi su quello di Azzarello. Le cimici istallate e i telefoni sotto controllo rilevano quella in un primo momento appare una casualità ma che poi diventerà un solido elemento accusatorio: ogni qualvolta si parla dei due omicidi i dialoghi si concentrano sui Rallo e sugli Azzarello. Da qui ulteriori riscontri che “blindano” il caso: un telefono cellulare e alcuni walkie-talkie che erano stati rubati dal pick-up utilizzati per l’omicidio vengono ritrovati nelle disponibilità di Onolfo.

A chiudere il “cerchio investigativo” è poi la figura di Angelo Castronovo, 63enne bracciante agricolo di Palma di Montechiaro: delle nove persone indagate è l’unica a cui viene contestata la partecipazione in entrambi gli omicidi. Castronovo è conosciuto in paese come trafficante di armi che agevolmente, con l’aiuto di alcuni suoi fidati collaboratori, riesce ad importare dall’estero. Nel 1991 si salva miracolosamente in quella che è conosciuta la “strage di capodanno”, avvenuta all’interno del “Bar2000” nell’ambito della guerra tra Cosa Nostra e Stidda. Viene arrestato due volte per armi negli ultimi tre anni ma, soprattutto, per gli inquirenti è colui il quale ha fornito informazioni essenziali per eseguire i due delitti. Scrive il gip: “E’ la figura cardine, la costante delle due vicende in cui il suolo è Giano Bifronte, amico degli uni contro gli altri ma, all’occorrenza, amico degli altri contro i primi.” Secondo gli inquirenti Castronovo avrebbe fissato l’appuntamento fatale con Rallo nel 2015 non presentandosi e attirandolo nella trappola; sarebbe stato lo stesso Castronovo, quasi due anni più tardi, a informare Ignazio Rallo su dove trovare Azzarello.

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