Licata, disabili maltrattati in comunità: citati in giudizio comune e Regione
Le presunte vittime hanno chiesto di citare in giudizio comune e Regione quali responsabili civili
Si è aperto formalmente ieri mattina, con l’ammissione dei mezzi di prova da parte del giudice monocratico del tribunale di Agrigento Giuseppe Miceli, il processo scaturito dall’inchiesta “Catene Spezzate” sulla Suami Onlus – ribattezzata all’epoca “comunità degli orrori” – che nel 2015 portò all’esecuzione di alcune misure cautelari. Nel maggio scorso il gup Francesco Provenzano aveva disposto il rinvio a giudizio di otto persone. Tra loro anche l’ex presidente del consiglio comunale di Favara, Salvatore Lupo, ucciso il giorno di ferragosto a colpi di pistola all’interno di un bar. Gli altri imputati sono: Caterina Federico, 37 anni; Angelo Federico, 34 anni; Domenico Savio Federico, 29 anni; Giovanni Cammilleri, 30 anni; Salvatore Gibaldi, 44 anni; Maria Cappello, 51 anni e Angela Ferranti, 54 anni, tutti di Licata.
Ieri mattina le vittime che erano ospitate all’interno della comunità Suami hanno chiesto formalmente la citazione in giudizio dei rispettivi comuni e della Regione quali responsabili civili. Gli Enti, infatti, sono competenti in materia di assistenza e -nel caso si dovesse arrivare ad una condanna – potrebbero risarcire le persone offese.
Le indagini dei carabinieri fecero emergere disabili psichici tenuti in stanze sporche, isolati dal resto del mondo, senza alcuna possibilita’ di contattare i familiari e costretti al digiuno. Uno di loro sarebbe stato persino legato al letto con una catena per evitare che potesse allontanarsi. Ci sarebbe anche un video realizzato con una telecamere nascosta posizionata dai carabinieri in cui si immortalerebbe uno dei tredici disabili maltrattati legato ad un letto con una catena.
Si torna in aula il 23 marzo per sentire i primi testimoni dell’accusa.