“Migranti reclutati e sfruttati nei campi”, chi sono gli imprenditori agrigentini indagati
Il principale indagato è un ex dipendente del capomafia Giancarlo Buggea, ritenuto al vertice del mandamento mafioso di Canicattì
Un consolidato meccanismo di reclutamento e sfruttamento di migranti extracomunitari che, per una paga inferiore a quattro euro l’ora, venivano proposti alle aziende agricole del territorio e impiegati nei campi a lavorare in condizioni a dir poco lontane da qualsiasi standard di sicurezza e civiltà. Sono quasi tutti agrigentini i protagonisti dell’inchiesta della procura di Caltanissetta che ha portato all’alba di ieri all’esecuzione, da parte della Squadra mobile nissena, di otto misure cautelari. Il provvedimento è stato firmato dal gip del tribunale Valentina Amelia Maria Balbo.
Ai domiciliari è finito Francesco Buscemi, 49 anni, di Canicattì ma residente a Delia; obbligo di dimora per Giuseppe Genova, 46 anni di Delia; divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per un anno nei confronti di Carmelo Bonsignore, 51 anni di Delia; Roberto Lauricella, 43 anni di Delia; Giuseppe Genova, 59 anni di Canicattì; Giovanni Vardaro, 37 anni di Agrigento; Gioacchino Cinquemani, 51 anni di Favara.
Il personaggio principale dell’intera indagine è Francesco Buscemi, 49 anni, di Canicattì. Bracciante agricolo, residente a Delia, è stato anche dipendente dell’azienda agricola di Giancarlo Buggea, esponente di vertice del mandamento mafioso di Canicattì, condannato a 20 anni di reclusione nel processo Xidy. Buscemi, secondo quanto emerso dall’attività investigativa, ha ricoperto il ruolo di tramite tra la manodopera reclutata e gli imprenditori agricoli in cerca di lavoratori. Un procacciamento di persone disperate – impiegate nei campi per dieci ore al giorno, sotto al sole, senza dispositivi di sicurezza e talvolta anche minacciate di morte – che seguiva peraltro un preciso tariffario: 65 euro per un caposquadra, 50 euro per un operaio, 25 euro per il trasporto. La paga giornaliera per ogni extracomunitario era di circa 30-35 euro, la restante somma veniva trattenuta dal “caporale”.