Giudiziaria

Peculato: ex pm Ingroia condannato a un anno e 10 mesi

Peculato, condannato a un anno e 10 mesi ex pm Ingroia che replica: 'Assolto dall'accusa più grave ma la condanna è ridicola'

Pubblicato 3 anni fa

L’ex pm Antonio Ingroia è stato condannato a un anno e 10 mesi, per peculato, dal Gup di Palermo.

L’indagine che ha portato al processo, celebrato col rito abbreviato davanti al Gup Maria Cristina Sala, nasce da una segnalazione della Corte dei conti relativa al periodo in cui Ingroia, su nomina dell’ex governatore Rosario Crocetta, era stato nominato amministratore della società regionale Sicilia e-Servizi.

La vicenda giudiziaria

L’ex magistrato, oggi avvocato, era accusato di essersi impossessato di indennità non dovute e di avere ricevuto rimborsi spese, anch’essi non dovuti, nel periodo in cui era liquidatore di una società a prevalente capitale regionale, Sicilia e-Servizi, che si occupava di gestione della rete informatica della Regione. Incarico a lui conferito dall’ex presidente della Sicilia, Rosario Crocetta. La condanna è solo per la parte relativa ai rimborsi delle spese di soggiorno a Palermo: il giudice ha ritenuto infatti che i circa 35 mila euro che l’amministratore della società si fece liquidare per stare nel capoluogo siciliano, quando veniva a svolgere le proprie funzioni, non fossero dovuti, perchè assorbiti dalla cospicua indennità (50 mila euro all’anno) già pagata all’amministratore. Al quale invece toccava il rimborso delle spese di viaggio.

Dopo avere lasciato la magistratura, Ingroia aveva trasferito la propria residenza a Roma, e a Palermo soggiornava in alberghi come Villa Igea, che ha cinque stelle.

Il Gup di Palermo Maria Cristina Sala ha ritenuto che il fatto non costituisca reato per l’altra parte dell’accusa, e ha assolto l’imputato con la formula dubitativa, oggi abrogata: la normativa era complessa e per questo l’imputato potè non ritenere illecita la auto-liquidazione delle indennità per un intero anno e non per i soli tre mesi del 2013 in cui rimase in carica; compenso peraltro dovuto agli amministratori e non al liquidatore, carica ricoperta da Ingroia. L’illiceità era stata sostenuta dai pm Pierangelo Padova e Enrico Bologna. La mancanza di dolo da parte dell’ex pm che indagò sulla Trattativa Stato-mafia ha portato alla sua assoluzione.

Con la propria decisione il Gup ha dichiarato l’imputato interdetto dai pubblici uffici per la durata della pena e lo ha condannato al risarcimento danni nei confronti della parte civile, Sicilia Digitale, che ha preso il posto di Sicilia e-Servizi: oltre al danno emergente, poco più di 34 mila euro, ci sono seimila euro di risarcimento ulteriore, per un totale di 40 mila.

Ingroia, ‘Assolto dall’accusa più grave ma la condanna à ridicola’

“E’ stata fatta giustizia solo a metà. Da un lato, rimango soddisfatto per l’assoluzione del reato più grave che mi veniva contestato dai pm, cioè di essermi intascato una indennità non dovuta. Ma dall’altro rimango abbastanza sbalordito e stupito per la condanna, perché ritengo persino ridicola questa contestazione”.

A parlare con l’Adnkronos è l’ex Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia dopo la condanna a un anno e dieci mesi per peculato. Ingroia è stato assolto da una delle due accuse di peculato. Il Tribunale ha anche disposto la restituzione della somma di 117 mila euro che gli venne sequestrata tempo fa, durante l’inchiesta. La somma faceva riferimento all’indennità di risultato di 117 mila euro lordi che furono erogati a Ingroia nel 2014, quando era liquidatore della società Sicilia e-Servizi.

Secondo la Procura l’ex pm si sarebbe autoliquidato la somma illegittimamente. La condanna fa riferimento invece alle spese di soggiorno, che secondo la Procura non gli erano dovute.

“Sulla prima accusa, la procura già ha dovuto correggere il tiro: dopo avermi contestato di aver incassato indennità di risultato non dovute per tutti gli anni, ha poi tenuto in piedi solo l’accusa per il 2014 archiviando quelle per gli anni successivi”, aveva detto Ingroia in aula.

I pm gli contestavano che non gli fosse dovuta la sola indennità relativa al 2013, e pagata nel 2014, in quanto nel 2013 era stato in carica soltanto come liquidatore e non come amministratore della società. “Continua a lasciarmi sbalordito il fatto che a tutti i miei predecessori la procura non ha fatto mai alcuna contestazione come ad esempio al mio direttore generale – dice ancora Ingroia – Questa cosa mi da dei sospetti…”.

“Mentre io che ho fatto risparmiare soldi alla regione sono stato accusato ingiustamente”, aggiunge. Sull’assoluzione dice: “Finalmente mi è stata riconosciuta la infondatezza delle accuse che mi sono state contestate e rovesciate addosso per tre anni. E’ molto importante che è stata disposta la restituzione di gran parte della somma che mi fu sequestrata”.

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