Giudiziaria

“Rubarono motore a barca e cellulari ai migranti”, anche per la Cassazione fu pirateria

Anche la terza sezione della Cassazione ha dato ragione alla Procura di Agrigento

Pubblicato 2 anni fa

Anche la terza sezione della Cassazione ha dato ragione alla Procura di Agrigento che aveva convalidato il fermo per pirateria eseguito da Squadra mobile, Guardia di finanza e Capitaneria di porto nei confronti del comandante del motopesca tunisino e dei 3 componenti dell’equipaggio che, in acque internazionali rubarono il motore del barchino con a bordo 40 migranti. I marinai si fecero consegnare i cellulari e i soldi che i profughi avevano in tasca, in cambio della promessa di traino la barca fino a Lampedusa.

La suprema corte ha di fatto confermato il pronunciamento, dello scorso fine settembre, del tribunale del Riesame di Palermo al quale l’aggiunto Salvatore Vella e il pm Gaspare Bentivegna avevano fatto ricorso. Anche la consegna del denaro e dei cellulari in cambio del traino del barchino, per fare avvicinare i migranti a Lampedusa, è stata un’attività di pirateria e non di estorsione per come l’aveva qualificata il gip del tribunale di Agrigento. Il caso risale a fine luglio scorso.

Il gip di Agrigento, Iacopo Mazzullo, allora riconobbe l’attività di pirateria nella sottrazione del motore, fatto con violenza e minacciando con i coltelli i migranti. La consegna di cellulari e denaro avvennero come una sorta di contrattazione e per questo la rapina di soldi e cellulari furono qualificati come estorsione aggravata, reato su cui, essendo avvenuto in acque internazionali, la Procura non ha alcuna giurisdizione. Per il Riesame, e adesso anche per la Cassazione, “gli atti di depredazione rientrano nell’articolo 1135 del codice della navigazione”.

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