Dal 41bis ai domiciliari per motivi di salute: scarcerato boss di Casteltermini
Dal regime di carcere duro ai domiciliari per motivi di salute. Il boss di Casteltermini Vincenzo Di Piazza, 80 anni, è tornato negli scorsi giorni nella propria abitazione del piccolo comune montuoso della provincia di Agrigento lasciando il 41bis cui era sottoposto dal novembre 2011 quando fu arrestato nella “costola” dell’inchiesta antimafia “Kamarat” che interessò […]
Dal regime di carcere duro ai domiciliari per motivi di salute. Il boss di Casteltermini Vincenzo Di Piazza, 80 anni, è tornato negli scorsi giorni nella propria abitazione del piccolo comune montuoso della provincia di Agrigento lasciando il 41bis cui era sottoposto dal novembre 2011 quando fu arrestato nella “costola” dell’inchiesta antimafia “Kamarat” che interessò le famiglie mafiose della “Montagna” in provincia di Agrigento.
Il tema delle scarcerazione dei boss mafiosi è divenuto negli ultimi giorni argomento scottante e al centro di un dibattito. Sono in molti, infatti, che per motivi di salute e, in piena emergenza Coronavirus, stanno chiedendo il differimento della pena. Tra questi, appunto, Vincenzo Di Piazza. Il boss di Casteltermini ha una “carriera” criminale che parte da lontano: nel 1995 è stato arrestato per aver favorito la latitanza del capo di Cosa Nostra agrigentina Salvatore Fragapane, oggi ergastolano, scovato dalle forze dell’ordine dopo un periodo di latitanza proprio nella masseria di Vincenzo Di Piazza, ritenuto un “fedelissimo” del “mammasantissima” di Santa Elisabetta. Di Piazza fu arrestato nuovamente nel 2011 nell’ambito dell’operazione Kamarat in cui fu coinvolto anche il figlio Giuseppe. Ad inchiodarlo le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.
Il Tribunale di Palermo lo ha condannato (in continuazione) a 18 anni di reclusione per associazione mafiosa.
La Dia di Agrigento, guidata dal vicequestore Roberto Cilona, nel 2014 ha eseguito un provvedimento di sequestro beni dal valore di circa un milione di euro: gli agenti, in quell’occasione, misero sigilli a 6 fabbricati, compresi quelli rurali; 335 appezzamenti di terreno, adibiti a seminativo o pascolo; un’azienda per l’allevamento di bovini e caprini; una ditta individuale per la coltivazione di cereali e cinque conti correnti bancari.