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Depistaggio sulla strage di via D’Amelio, la parte civile: “Fate giustizia”

La parola è passata agli avvocati della parte civile: ecco cosa hanno detto in aula

Pubblicato 2 anni fa

“Nel processi di strage, non in questo processo, abbiamo avvertito delle anomalie, avevamo la sensazione di difendere gente innocente. Normalmente, da difensore, non sai e non vuoi sapere se l’imputato è colpevole, è una difesa tecnica. Nel momento in cui hai la sensazione di stare assistendo persone per cui non riesci a fare niente e che sbatti contro muri stranissimi e che gli imputati sono innocenti, provi fastidio”. Inizia con queste parole l’arringa difensiva dell’avvocata Rosalba Di Gregorio, legale di Gaetano Murana, uno degli imputati che furono condannati, ingiustamente, all’ergastolo, per la strage di via D’Amelio, nel processo per il depistaggio sulla strage che vede imputati tre poliziotti. Alla sbarra ci sono Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di concorso in calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa nostra. Nella scorsa udienza, il procuratore Salvatore De Luca ha chiesto pene alte per gli imputati. Undici anni e dieci mesi per Mario Bo e nove anni e mezzo per gli altri due poliziotti. Presenti in aula anche due delle parti civili, Gaetano Murana e Giuseppe La Mattina, ingiustamente condannati all’ergastolo. “Non ripeterò gli argomenti che ha usato il pm Stefano Luciani in requisitoria per non tediarvi – dice l’avvocata Di Gregorio – Mi associo alle richieste e al contenuto del pm”. “In questo processo – dice ancora – il nostro ruolo di difensori di parti civili è stato un po’ anomalo. Non nel senso in cui ci è stato rimproverato. Eravamo prima difensori degli imputati e poi difensori di parte civile. Come se avessimo usurpato un ruolo di parte civile. Noi siamo stati sempre difensori di parte offesa, sin dal processo in cui assistevamo gli imputati. Premetto che difendere gli imputati è un ruolo nobilissimo e nessuno ci può criminalizzare perché noi non difendiamo il reato ma l’imputato”. “Tutti i comportamenti dei poliziotti imputati, e non, e dei pm dell’epoca, si possono giustificare in periodo pre-Spatuzza”, cioè prima dell’arrivo del collaboratore Gaspare Spatuzza, che ha chiarito alcuni fatti legati alla strage, tra cui la falsa collaborazione di Vincenzo Scarantino. “Siccome Spatuzza non c’era e certe cose non si potevano sapere”, dice. E ringrazia la Corte, presieduta da Francesco D’Arrigo, di avere voluto sentire, per la prima volta, l’avvocata Lucia Falzone, ex legale di Vincenzo Scarantino, la cui deposizione “era sempre stata stralciata dai lista testi degli altri processi per le stragi”, dice la legale.

“Si sapeva che Vincenzo Scarantino era psicolabile, c’era persona una perizia psichiatrica, ma non andava toccato e quindi non si poteva dire”. Sono le parole dell’avvocata Rosalba Di Gregorio, legale di parte civile di Gaetano Murana. uno degli imputati condannati ingiustamente all’ergastolo per la strage di via D’Amelio, che prosegue la sua arringa difensiva nel processo per il depistaggio sulla strage di Via D’Amelio. “Non c’era bisogno di aspettare Gaspare Spatuzza- dice Rosalba Di Gregorio – abbiamo uno Scarantino che ha una tale mancanza di spessore, oggi lo dicono tutti, come persona, non come mafioso, che era assolutamente non presentabile, perché psicolabile e come tale certificato. All’evidenza non c’era neppure bisogno della certificazione, ma c’era. Risultava “psicolabile, che reagisce agli stimoli in maniera esasperata”, ma tutto questo lo abbiamo dovuto scoprire facendo ricerche”. “I soggetti che lo gestivano e lo hanno valorizzato come fonte, lo sapevano – dice – Se non lo sapevano lo hanno saputo durante l’esame quando in aula chiesi alla Corte di fare una perizia psichiatrica perché il soggetto all’evidenza non dava segnali di linearità e di ragionamenti coerenti”. “L’unica cosa che abbiamo guadagnato all’epoca fu un titolo di tg: ‘La mafia chiede la perizia psichiatrica’, la mafia ero io, evidentemente…. La corte rigettò la richiesta, perché Scarantino non andava toccato, perché si doveva arrivare fino alla fine. Non lo dicevo io, ma lo capì pure la dottoressa Boccassini all’epoca, come anche il dottor Sajeva che non fidandosi dei loro colleghi mandarono gli atti a Palermo”.

“Noi sbattevamo contro un muro di atti omessi, non depositati, negati. Qualunque nostra richiesta veniva rigettata, abbiamo subito attacchi continui sulla stampa, venivamo considerati vicina alla mafia. Solo perché chiedevamo delle spiegazioni sul falso collaboratore Vincenzo Scarantino, che non andava toccato”. E’ la denuncia dell’avvocata Rosalba Di Gregorio, nell’arringa difensiva del processo sul depistaggio sulla strage Borsellino. Di Gregorio rappresenta Gaetano Murana, uno degli imputati che furono ingiustamente condannati all’ergastolo per la strage Borsellino, dopo le accuse di Vincenzo Scarantino. Il collaboratore storico di mafia Francesco Marino Mannoia “capì subito che Vincenzo Scarantino non era attendibile”. “Marino Mannoia dopo 5 secondi di colloquio aveva capito lo spessore del personaggio e lo aveva inquadrato, e lo aveva ‘bocciato’, ma a noi di questo incontro non fu detto nulla. Noi abbiamo saputo dell’incontro con Mannoia ai tempi, dalla moglie si Scarantino, Rosalia Basile”. La denuncia è dell’avvocata Rosalba Di Gregorio, che prosegue il suo intervento al processo depistaggio sulla strage di Via D’Amelio.

“L’omessa registrazione delle telefonate di Vincenzo Scarantino solo con magistrati e la polizia e non con i familiari, non può essere solo una coincidenza. No, non credo alle coincidenze…”. A dirlo è l’avvocata Rosalba Di Gregorio proseguendo il suo intervento nel processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio in corso a Caltanissetta. Di Gregorio rappresenta Gaetano Murana, parte civile nel processo, per essere stato condannato ingiustamente all’ergastolo. Nel corso del processo un ex poliziotto, Giampiero Valenti, aveva rivelato di avere avuto l’ordine di bloccare le intercettazioni di Scarantino. “Mi ordinarono di interrompere la registrazione di Scarantino perché il collaboratore doveva parlare con i magistrati”, aveva detto. “Hanno tentato di farci passare per deficienti sulla ‘preparazione’ di Vincenzo Scarantino. Il falso pentito è stato istruito dai tre poliziotti per poi recitare un copione sul ‘palcoscenico’ dell’aula di giustizia”. A dirlo è l’avvocata Rosalba Di Gregorio, legale di parte civile di Gaetano Murana, condannato ingiustamente per la strage di via D’Amelio, proseguendo il suo intervento nel processo sul depistaggio della strage di Via D’Amelio in corso a Caltanissetta. “Il pm Carmelo Petralia (il magistrato che all’epoca indagava sulla strage ndr) ha chiamato questa preparazione un ‘training psicologico’ – dice la legale -e ci ha raccontato che hanno partecipato Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo (due dei tre imputati ndr). Io mi permetto di dire che non credo alla preparazione psicologica. Perché in sintesi, per inciso, un rigo sì e un rigo no, andavano scritti in un verbale. Un incontro tra pm e pentito non è un atto di cortesia, è sacralizzato”. “Il poliziotto presente per verbalizzare deve verbalizzare – dice ancora Rosalba Di Gregorio – questa sarebbe la fisiologia della preparazione, siccome non è un training psicologico è una preparazione con domande e riposte, che viene portata a compimento dai tre imputati affinché questo uomo, che non aveva vissuto niente di ciò che raccontava, fosse istruito e mandato per far la bella recita sul palcoscenico del processo Borsellino 1”.

“Sono stati accusati degli innocenti per la strage di Via D’Amelio per coprire dei ruoli interni ed esterni” a Cosa nostra. E’ la denuncia dell’avvocata Rosalba Di Gregorio, che prosegue il suo intervento al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio. “A Vincenzo Scarantino si affidò l’ingrato compito di accusare i suoi vicini di quartiere – dice – Un balordo, un delinquentello da due soldi si poteva trovare, sarebbe stato anche più facile. “Ma occorreva Scarantino, perché era imparentato con parentela spendibile e perché portava alla Guadagna (quartiere periferico di Palermo ndr) – dice Di Gregorio – E questi uomini che oggi sono considerati parte offesa, erano soggetti che servivano per coprire i ruoli di interni ed esterni”. Di Gregorio rappresenta la parte civile di Gaetano Murana, presente in aula, che fu condannato da innocente all’ergastolo. “Se anche Murana, che ha subito nel carcere di Pianosa delle mortificazioni fisiche e psichiche, si fosse pentito, anche se lui non aveva nulla da dire, se anche si fosse pentito, avrebbe dovuto essere istruito parola per parola, come accadeva con Scarantino”. E aggiunge: “Solo dei perfetti estranei potevano esser esposti in ruoli di copertura rispetto ai reali responsabili, solo con loro si poteva perché non avrebbero creato danni”. “L’agenda rossa di Paolo Borsellino non l’ha presa Cosa nostra, non l’hanno presa gli uominid ei boss mafiosi. Anche perché Cosa nostra non sapeva cosa farsene di quell’agenda rossa, dunque l’hanno presa soggetti esterni alla mafia e che hanno avuto un ruolo nella strage di Via D’Amelio”. A dirlo è l’avvocata Rosalba Di Gregorio, proseguendo il suo intervento nel processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio, in corso all’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta.

“Oggi potrei dire le stesse, identiche, cose che avevo detto venti anni fa, solo che vent’anni fa siamo stati calpestati, sbeffeggiati. Ma quelle prove sono rimaste intatte. Allora io dissi che Scarantino è stato uno specchio per le allodole, ha attirato l’attenzione su di se, allontanando chi voleva la verità. Io dissi allora che in via D’Amelio c’è stata la manina dei servizi segreti deviati, e oggi dico la manona, dei servizi segreti deviati”. Sono le parole dell’avvocato Giuseppe Dacquì al processo sul depistaggio sulla strage di Via D’Amelio. Il legale rappresenta la parte civile di Natale Gambino, una delle vittime innocenti condannate per la strage. “Poco importa chi è stato il regista, ma che ci sia un ragionevole dubbio che un soggetto occulto abbia diretto il ‘pupo’ Scarantino prima versione, questo mi sembra innegabile – dice – Dalle prima battute bisognava accorgersi che Scarantino è assolutamente inaffidabile, ma non sapevamo quali fossero i retroscena, potevamo immaginarlo, ma non potevamo spingerci più di tanto, perché non avevamo nessun elemento”. Poi definisce Scarantino, che con le sue dichiarazioni ha fatto condannare degli innocenti, “Fantoccio”, “collaboratore inaffidabile da un punto di vista intrinseco, perché Scarantino sulle stesse circostanze sulla 126 dalla carrozzeria Orofino fino a Piazza Leoni, aveva fornito versioni diverse e contrastanti, inserendo ora Aglieri ora Gambino. Sbagliando nello stesso interrogatorio, personaggi, momenti e luoghi”. “Era davvero necessario aspettare Spatuzza per squarciare il velo? – aggiunge -Per dire che Scarantino era un rifiuto? E’ stato un ripetitore di bocche malsane, di mistificatori della realtà. Non c’era bisogno di superpoliziotti per capire a pelle che Scarantino era un fantoccio, peraltro fabbricato male”.

“Il contributo degli imputati è stato assolutamente determinante per il mancato accertamento della verità. Ma fu solo Cosa nostra? No, non è stata solo Cosa nostra. Chi ha coperto costoro? Chi li ha indirizzati? Non so se lo sapremo mai. Per sapere qualcosa di questa triste e drammatica stoi ai cui mancano molti pezzi”. Lo ha detto l’avvocato Giuseppe Dacquì proseguendo il suo intervento per la parte civile nel processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio. Dacquì rappresenta Natale Gambino, falsamente accusato per la strage. “Il nome di Falcone e Borsellino infangato dal gruppo omonimo che era stato istituito per tutelare le vittime della strage e per accertare la verità e assicurare alla giustizia i veri colpevoli. Un gruppo ingordo”. E’ latto di accusa dell’avvocato Giuseppe Dacquì nel suo intervento nel processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio. Il riferimento è ai tre poliziotti imputati nel processo, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, che facevano parte del ‘Gruppo Falcone e Borsellino’, creato dopo le stragi per trovare i colpevoli. “Questa è stata la sconfitta della giustizia…”, conclude. (Adnkronos)

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