Catania

Operazione “Gisella”, consigliere comunale ucciso perché “traditore”; manette per un carabiniere (ft e vd)

E’ “Gisella” il nome dato all’indagine culminata nel blitz antimafia di Catania. E’ infatti il nome in codice utilizzato nei colloqui telefonici dai giovani affiliati che costituiscono il gruppo di “Motta”, per indicare il capo, Antonino Rivilli. Le indagini attestano, spiegano gli inquirenti, che l’operato del gruppo di Motta è “tutt’altro che avulso dal contesto […]

Pubblicato 5 anni fa

E’ “Gisella”
il nome dato all’indagine culminata nel blitz antimafia di Catania.

E’ infatti il nome in
codice utilizzato nei colloqui telefonici dai giovani affiliati che
costituiscono il gruppo di “Motta”, per indicare il capo, Antonino
Rivilli. Le indagini attestano, spiegano gli inquirenti, che l’operato del
gruppo di Motta è “tutt’altro che
avulso dal contesto mafioso dei Nicotra”
i quali intervengono “per sistemare situazioni sconvenienti
scaturenti dalle illecite attività degli affiliati, dando loro disposizioni,
che i componenti del gruppo sono tenuti a rispettare, sicchè anche i dettagli
delle illecite azioni sono sempre oggetto di attenzione da parte del gruppo di
comando”.

Stamani, dalle prime
ore del mattino, su delega della Procura Distrettuale, circa 200 Carabinieri del
comando provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati (Squadrone eliportato Carabinieri “Cacciatori
di Sicilia”, Compagnia di Intervento Operativo del XII° Reggimento
Carabinieri “Sicilia” e Nucleo elicotteri di Catania), nelle province di
Catania e Reggio Calabria, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia
cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Catania,
su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 26 persone, affiliate al sodalizio
criminale denominato dei Tuppi,
operante nel territorio dei Comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia, attualmente
confederato alla famiglia mafiosa dei Mazzei, storicamente affiliata a
Cosa Nostra”, ritenute responsabili,
a vario titolo, di associazione di tipo
mafioso
, omicidio, estorsione
in concorso
, furto, ricettazione e
riciclaggio in concorso
, detenzione
e porto illegale di arma clandestina
,
trasferimento
fraudolento di valori
e corruzione,con l’aggravante
del metodo mafioso
.

Il provvedimento trae
origine dalle dichiarazioni del collaboratore Luciano Cavallaro, esponente
storico  del gruppo mafioso dei ‘Tuppi’, già fortemente radicato sul
territorio di Misterbianco a partire dagli anni ’80 (periodo nel quale era
affiliato alla famiglia mafiosa dei ‘Cursoti’) e particolarmente attivo nella
gestione delle illecite attività, che poneva in essere in contrapposizione con
il gruppo  del ‘Malpassotu’, costituente la locale articolazione della famiglia
Santapaola, facente capo a Giuseppe Pulvirenti. Da tale contrapposizione sul
finire degli anni Ottanta scaturì un conflitto, finalizzato al controllo del
territorio, che vide soccombere il gruppo facente capo a Mario Nicotra, inteso
Mario u tuppu” (dalla particolare
acconciatura “a chignon”) ucciso il
16 maggio 1989, motivo per il quale gli esponenti dei Tuppi furono costretti ad emigrare in Toscana.

La cruenta guerra tra i
due gruppi ed i numerosi omicidi che ne scaturirono sono documentati  dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori
provenienti dal clan del ‘Malpassotu’
e dalle conseguenti sentenze già emesse nei confronti della citata famiglia
mafiosa avversaria.

Al fine di riscontrare le
dichiarazioni del collaboratore Luciano Cavallaro, su delega della Procura distrettuale,
veniva avviata un’indagine condotta – dal febbraio 2016 al mese di aprile 2018
– dal Nucleo investigativo del Reparto operativo del comando provinciale di
Catania e dall’Aliquota Carabinieri della Sezione di P.G. della Procura,
mediante attività tecniche e dinamiche, che riscontrava l’attuale operatività
della famiglia mafiosa dei ‘Tuppi’
che, rientrata a Misterbianco dopo che il clan ‘Malpassotu’ era stato debellato dalle numerose iniziative
giudiziarie, alleatasi con la famiglia dei ‘Mazzei’, è rimasta ad operare sul
territorio di Misterbianco.

Le indagini hanno consentito di ricostruire
l’attuale organigramma del sodalizio criminale dei Tuppi  che vedeal vertice l’anziano e carismatico Gaetano Nicotra, detto “zio
Tano
“, fratello di Mario Nicotra, il quale è coadiuvato, nella
gestione degli affari e nel governo dei singoli affiliati, dal fidatissimo Antonino
Rivilli. Anche il nipote Tony Nicotra, ritornato in libertà dal 17 febbraio 2017,
riprendeva il controllo della cosca e si avvaleva della “collaborazione”
del giovane fratellastro Gaetano Nicotra,
del ”figlioccio’, Carmelo Guglielmino,
sempre attivamente impegnato a “sbrigare” le “beghe
sul campo”
e di Daniele Musarra Amato.
Alle strette dipendenze di Rivilli e di Tony Nicotra opera, poi, il “gruppo
di Motta Sant’Anastasia”,
capitanato da Daniele Distefano, inteso “Minnitta”, il quale, a
sua volta, si avvale dell’opera del fratello, Filippo Distefano, e dei “soldati”, Filippo
Buzza, Domenico Agosta,
Gaetano Indelicato, Francesco Spampinato e Giuseppe
Piro.

Il materiale probatorio
acquisito ha consentito di contestare, per la prima volta, al gruppo dei
Nicotra i reati di associazione mafiosa ed altri reati fine, tra i quali
l’omicidio di Paolo Arena, anche ai capi ed affiliati del gruppo dei ‘Tuppi’ che, a causa dell’allontanamento
in Toscana, finora non era stato sottoposto a procedimenti per mafia per i
fatti riguardanti Misterbianco.

Le dichiarazioni di Luciano Cavallaro, inoltre, risultano riscontrate
anche su uno degli omicidi risalenti alla citata guerra di mafia, in
particolare sono emersi elementi
di prova sulla responsabilità di Gaetano Nicotra, 68 anni – in qualità di mandante – nell’omicidio consumato in
data 28 settembre 1991, in Misterbianco, ai danni del consigliere comunale
Paolo Arena, esponente di spicco della Democrazia cristiana etnea, che veniva
assassinato con colpi di fucile esplosi da due ignoti sicari.

Le indagini avevano
portato a ritenere che il fatto di sangue potesse essere legato ad ingerenze
criminali negli affari politici ed economici del Comune di Misterbianco.
Proprio in relazione alla carica politica ricoperta, Paolo Arena aveva
intrattenuto relazioni illecite e continuative con Mario Nicotra e, dopo
l’omicidio dello stesso per mano del clan Pulvirenti, aveva allacciato rapporti
affaristici con quest’ultimo gruppo. L’appoggio garantito da Arena al clan Pulvirenti
era stato vissuto dai restanti appartenenti al clan Nicotra come un vero e
proprio tradimento da sanzionare con la morte del politico. L’ipotesi
investigativa dell’epoca è stata confermata quindi dall’esame delle dichiarazioni fornite dai collaboratori di giustizia e dall’analisi
di atti di procedimenti instaurati in Toscana nei confronti degli esponenti
apicali dei Tuppi durante la loro
permanenza in quell’area.

Il nome “Gisella dato all’indagine è il nome in codice
utilizzato nei colloqui telefonici dai giovani sodali che costituiscono il
gruppo di “Motta”,  per indicare il “capo”, ossia Antonino Rivilli.
Le indagini attestano, infatti, che l’operato del gruppo di Motta è tutt’altro
che avulso dal contesto mafioso dei Nicotra i quali intervengono per
‘sistemare’ situazioni sconvenienti scaturenti dalle illecite attività degli
affiliati, dando loro disposizioni, che i componenti del gruppo sono tenuti a
rispettare, sicché anche i dettagli delle illecite azioni sono sempre oggetto
di attenzione da parte del gruppo di ‘comando’.

Attività
preminente del gruppo di Motta, come detto capeggiato
da Daniele Distefano, è quella dei furti di
veicoli agricoli compiuti in danno di aziende ubicate nelle provincie di Catania ed Enna,
furti finalizzati a richieste estorsive avanzate nei confronti degli
interessati per la restituzione dei mezzi. Trascorsi
tre giorni senza che qualcuno avesse fatto richiesta di restituzione del mezzo,
si procedeva alla vendita del veicolo mediante intermediazione di soggetti
incaricati da Daniele Distefano o dal suo “braccio destro” Filippo
Buzza, dove uno dei due interpellava telefonicamente i mediatori utilizzando
una terminologia allusiva e trasmettendo, tramite l’applicazione “Whatsapp”,
le fotografie scattate ai mezzi per potenziali acquirenti. Venivano
utilizzate sim card intestate a soggetti extracomunitari e/o dell’Est europeo mediante
il c.d. metodo “citofonico”, per effettuare conversazioni “dedicate”.

Il 31 marzo 2017, l’attività investigativa consentiva di rinvenire e sequestrare una pistola calibro 9 corto a salve – modificata in arma comune da sparo – con relativo munizionamento, nel corso di una perquisizione domiciliare effettuata presso l’abitazione del pregiudicato Sebastiano Sozzi, alias “Davide”. Il sequestro era preceduto dall’ascolto di numerose conversazioni sulle utenze in uso a Filippo Buzza, Daniele Distefano e dello stesso Sebastiano Sozzi, dalle quali emergeva che quest’ultimo aveva commissionato l’arma ai due affiliati dell’organizzazione dei Nicotra.

La forte presenza sul
territorio è riscontrata anche dall’infiltrazione del sodalizio nelle
istituzioni: le indagini attestano infatti che il gruppo veniva agevolato da un
militare, effettivo alla locale Stazione Carabinieri di Motta Sant’Anastasia
(anch’egli destinatario di misura cautelare detentiva), il quale forniva
informazioni sulle attività del proprio ufficio, orientando il gruppo nella
programmazione dei reati. In particolare, il militare, dal mese di gennaio al
mese di aprile 2017, in cambio di utilità economiche, riferiva a due affiliati
informazioni riservate (rivelazione dell’identità dei confidenti nonché
modalità su come sottrarsi alle attività di controllo). Il predetto è stato indagato
per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e rivelazione ed
utilizzazione di segreti d’ufficio, con l’aggravante di favorire e agevolare il
citato sodalizio mafioso.

Le
indagini hanno documentato come i componenti del sodalizio siano molto attivi
nel rilevare attività economiche riconducibili a terzi che hanno maturato
debiti nei loro confronti come: la macelleria di Piano
Tavola il cui gestore era sottoposto ad usura ed estorsione, motivo per il
quale era fuggito a Malta e il night Red lips, un locale di intrattenimento, mascherato da associazione culturale.

Gli accertamenti patrimoniali svolti nei confronti di Antonino Rivilli, Domenico Agosta e Carmelo Guglielmino hanno consentito altresì di acclarare la sproporzione tra le capacità reddituali ufficialmente dichiarate dagli indagati ed il valore dei beni rientranti nei rispettivi patrimoni tale da fare ritenere pienamente operativa la presunzione della illecita provenienza degli stessi. Nella circostanza, sono stati  sottoposti a sequestro  preventivo beni mobili ed immobili per un valore complessivo di  oltre €1.500.000. Nello specifico, al Rivilli una villa ed un terreno siti nel comune di Belpasso, all’Agosta due imprese individuali a Belpasso ed un’associazione culturale a Motta S. Anastasia e al Guglielmino un’abitazione, un magazzino, una bottega a Misterbianco e un terreno a Belpasso. Nei confronti dei tre indagati si è provveduto, altresì, al sequestro preventivo di numerosi rapporti finanziari ed assicurativi.

Arrestato anche  il carabiniere Gianfranco Carpino, di 51 anni, per corruzione e per rivelazione ed utilizzazione di segreto d’ufficio., Secondo l’accusa, l’indagato, in servizio nella stazione dei carabinieri di Motta Sant’Anastasia, dal gennaio all’aprile del 2017 in cambio di soldi avrebbe riferito a due affiliati al clan informazioni riservate, ovvero rivelato l’identità di confidenti e spiegato le modalità per sottrarsi alle attività di controllo. Il militare è stato sospeso dal servizio ed è rinchiuso nel carcere di Bicocca, a Catania.

Questo l’elenco delle persone colpite dall’ ordinanza di custodia
cautelare in carcere “operazione Gisella”:
Domenico Agosta (1986), Emanuele Agosta (90), Giuseppe Avellino (64), Filippo
Buzza (74), Rosario Salvatore Cantali (73), Gianfranco Carpino (68), Luca
Destro (82), Vincenzo Di Pasquale (67), Daniele Distefano (84), Filippo
Distefano (77), Carmelo Guglielmino (78), Gaetano Indelicato (87), Alfio La
Spina (82), Carlo Marchese (72), Saverio Monteleone (82), Daniele Musarra Amato
(70), Tony Nicotra (66), Gaetano Nicotra (79), Gaetano Nicotra (51) Lucia
Palmeri (69), Emanuele Parisi (89), Antonino Rivilli (71), Giovanni Sapuppo
(80), Francesco Spampinato (77), Giuseppe Piro (91, già detenuto).

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