Agrigento

Operazione Kerkent, dall’indagine emerge anche una violenza sessuale

Tra gli arrestati nell’ambito dell’operazione “Kerkent” della Dia, anche due fiancheggiatori di Antonio Massimino, considerato l’attuale reggente della famiglia mafiosa di Agrigento. I carabinieri del Comando provinciale hanno sottoposto ai domiciliari, per sequestro di persona , Gabriele Micciche’, 28 enne di Agrigento, ritenuto braccio operativo del boss Massimino, e Salvatore Ganci, 45 enne del luogo, […]

Pubblicato 5 anni fa

Tra gli arrestati nell’ambito dell’operazione “Kerkent” della Dia, anche due fiancheggiatori di Antonio Massimino, considerato l’attuale reggente della famiglia mafiosa di Agrigento.

I carabinieri del Comando provinciale hanno sottoposto ai domiciliari, per sequestro di persona , Gabriele Micciche’, 28 enne di Agrigento, ritenuto braccio operativo del boss Massimino, e Salvatore Ganci, 45 enne del luogo, commerciante di auto.

I due avrebbero esrguito un sequestro di persona per volontà del boss accusato invece anche di violenza sessuale.

Le indagini, in particolare, hanno fatto pienamente luce su un gravissimo episodio criminoso verificatosi ad Agrigento nel mese di Ottobre del 2018, che ha dato piena dimostrazione, sia della violenta forza intimidatrice della “famiglia” mafiosa di Agrigento, sia dell’attualità e piena operatività del gruppo criminale. Le attività investigative, nel dettaglio, hanno consentito di raccogliere gravi e concordanti elementi di prova in relazione ad un sequestro di persona che sarebbe stato ordinato proprio dal boss Antonio Massimino, in danno di un 38 enne agrigentino, ritenuto responsabile dal gruppo criminale di una truffa nei confronti del citato Salvatore Ganci, commerciante d’auto. Quest’ultimo, subita la truffa, anziché denunciare alle forze dell’ordine, aveva fatto visita proprio al Massimino, del quale evidentemente ben conosceva lo spessore criminale, al fine di ottenere, con il metodo mafioso, la restituzione dell’auto. La vittima del sequestro, dopo essere stata portata da Gabriele Miccichè in un covo ad Agrigento, una volta al cospetto del boss e del commerciante Salvatore Ganci, sarebbe stata gravemente minacciata con le armi di morte ed indotta subito a restituire, per ottenere la sua liberazione, la vettura che era stata acquistata qualche giorno prima, utilizzando un assegno scoperto. Poco dopo, anche la convivente del 38 enne era stata condotta dal Miccichè all’interno del luogo segreto. In quella circostanza, la donna, 34 enne, intimidita dalle armi, tenute in bella mostra allo scopo di far comprendere bene la pericolosità del sodalizio, sarebbe stata oggetto, contro la sua volontà, di ripetuti palpeggiamenti nelle parti intime ad opera proprio del Massimino. Le due vittime, sconvolte, furono poi rilasciate solo dopo alcune ore di terrore.

Ecco il racconto dell’uomo: “Ho trovato Massimino Antonio intento a
lavare a terra. Ho notato subito che, su un tavolo, vi erano due pistole, un
revolver calibro 38 ed una semiautomatica calibro 7,65. Massimino mi chiedeva
se sapevo il motivo per il quale mi trovavo là ed io, che avevo notato la
presenza di Gangi, rispondevo di sì invitando lo stesso Gangi a farsi avanti
dato che si stava nascondendo. A questo punto, Massimino mi ha fatto presente
che avrei dovuto restituire l’autovettura a Toto Gangi altrimenti non sarei
uscito vivo dal quel magazzino”.“Massimino voleva che onorassi un debito di
70.000 euro che lui sostiene di vantare ancora nei mie confronti per delle
vecchie forniture di sostanza stupefacente. Successivamente, mia moglie ha
chiamato per sapere com’era finita con la questione della macchina. Massimino
ha preso il telefono ed ha cercato di tranquillizzarla invitandola a
raggiungerci. Ha incaricato Gabriele di andare a prelevare mia moglie. Entrata
anche lei nel magazzino, si è seduta insieme a me e Massimino e questi l’ha
invitata ad assumere della cocaina che era presente sul tavolo e che avevamo
entrambi già assunto. Di fronte a tale richiesta, mi sono fermamente opposto
sostenendo che mia moglie non aveva mai fatto uso di sostanze stupefacenti e
non avrebbe di certo cominciato ora”.

Poi, la violenza, riassunta nell’atto di accusa mosso a Massimino e Miccichè: per avere in concorso morale e materiale tra loro costretto una donna (il nome lo omissiamo) a subire, con violenza e minaccia, atti sessuali. Condotta in particolare consistita nell’avere Antonio Massimino, il 18 ottobre 2018, esibendo una pistola ed insultandola con frasi quali “figlia di suca minchia, tua madre è una pattuna e lo stesso sei tu” – palpeggiato con forza sulle gambe, sul sedere e sulla vagina, la donna che altresì baciava sulla bocca ripetutamente e con violenza, strofinandole il pene (‘dopo essersi denudato,) sul sedere.

Con l’aggravante
mafiosa per avere commesso il fatto avendo agito consapevoli dell’effetto
intimidatorio derivante dal ruolo rivestito dal Massimino quale esponente di
vertice della famiglia mafiosa di Agrigento/Villaseta, esibendo delle armi ed
in più persone riunite, dunque con modalità suscettibili di evocare la forza
intimidatrice tipica dell’agire mafioso;

Per il 50 enne Antonio Massimino e’ scattata invece, presso la Casa Circondariale dove e’ attualmente detenuto, la notifica dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, con l’accusa di aver ordinato un sequestro di persona e di avere commesso una violenza sessuale.

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