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Operazione “Plastic free”, il pentito riorganizza il clan: 15 arresti (ft e vd)

Il collaboratore di giustizia Claudio Carbonaro, pentito dal 1992 nonché killer della Stidda con alle spalle sessanta omicidi, era ritornato a Vittoria per riorganizzare il clan e mettere le mani su un business che fruttava molti soldi: la plastica. La Polizia di Stato di Ragusa ha eseguito 15 ordinanze di custodia cautelare e sequestri preventivi di aziende […]

Pubblicato 4 anni fa

Il collaboratore di giustizia Claudio Carbonaro, pentito dal 1992 nonché killer della Stidda con alle spalle sessanta omicidi, era ritornato a Vittoria per riorganizzare il clan e mettere le mani su un business che fruttava molti soldi: la plastica. La Polizia di Stato di Ragusa ha eseguito 15 ordinanze di custodia cautelare e sequestri preventivi di aziende nel settore del riciclo plastiche su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catania.

Custodia cautelare in carcere per: Claudio Carbonaro, 60 anni, di Vittoria, il pentito-boss; Salvatore D’Agosta, 53 anni, di Vittoria; Giuseppe Ingala, 36enne di Vittoria; Antonino Minardi, 45enne di Vittoria; Crocifisso Minardi, 53enne di Vittoria; Emanuele Minardi, 49enne di Vittoria; Salvatore Minardi, 45enne di Vittoria; Giovanni Tonghi, 38enne di Vittoria; Giovanni Donzelli, 71enne di Comiso; Raffaele Donzelli, 46enne di Vittoria. Ai domiciliari Gaetano Tonghi, 37enne di Vittoria; Giovanni Longo, 55enne di Acate; Andrea Marcellino, 35enne di Siracusa; Salvatore Minardi, 25enne di Vittoria; Francesco Farruggia, 42enne di Vittoria.

Le indagini degli investigatori delle squadre mobili di Ragusa e Catania, coordinati dal Servizio Centrale Operativo, hanno permesso di disarticolare un’associazione per delinquere, di stampo mafioso, denominata “stidda”, finalizzata al traffico illecito di rifiuti aggravato.

Tra i reati contestati rientrano l’estorsione pluriaggravata, l’illecita concorrenza con minaccia, le lesioni aggravate, la ricettazione, la detenzione ed il porto di armi da sparo ed il danneggiamento seguito da incendio.

Blitz “Plastic free”, il pentito riorganizza il clan: 15 arresti

Le indagini delegate dalla Procura distrettuale di Catania hanno avuto
origine nel 2014 a seguito di un sequestro, operato a Roma da quella Squadra mobile,
di calzature contenenti materiali nocivi per la salute. Veniva ipotizzata l’esistenza
di un’organizzazione dedita al traffico di rifiuti plastici, acquisiti da
imprese di raccolta e stoccaggio aventi sede nelle province di Ragusa e Catania
ed esportati in Cina, ove gli stessi venivano utilizzati per la fabbricazione di
scarpe, poi importate in Italia e commercializzate pur contenendo sostanze
tossiche. Nell’ipotesi investigativa, le materie plastiche di scarto — provenienti
dal territorio ibleo – venivano recuperate prevalentemente dai teloni di
copertura degli impianti serricoli del vittoriese, e risultavano inquinate da
agenti altamente tossici (fitofarmaci e pesticidi).

Veniva così avviata una complessa ed articolata attività di indagine,
svolta dalla Squadra mobile di Catania e di Ragusa con il coordinamento del Sco
della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, dalla quale
emergeva che le principali imprese vittoriesi attive nel settore della raccolta
e trasformazione di rifiuti plastici si approvvigionavano dei teli di copertura
periodicamente dismessi dalle serre presenti nel territorio ricompreso fra le
provincie di Ragusa, Siracusa e Caltanissetta. Si accertavano altresì attriti e
contrapposizioni tra gli interessati durante il periodo di dismissione dei teli
di copertura delle serre, anche in virtù del rilevante valore economico del
settore, pari a svariati milioni di euro all’anno. Di conseguenza vi era una
forte concorrenza tra le aziende che si occupavano della raccolta della
plastica, le quali cercavano di ottenere il monopolio, anche attraverso il
ricorso all’intimidazione mafiosa.

LE INDAGINI

La Polizia di Stato, attraverso le articolazioni investigative delle
Squadre Mobili di Catania e Ragusa, ha raccolto gravi indizi di colpevolezza a
carico degli odierni indagati. In particolar modo, parte dei destinatari della
misura cautelare hanno fatto parte di una associazione di stampo mafioso “stidda”, promossa, organizzata e diretta
da Claudio Carbonaro, finalizzata, mediante la forza d’intimidazione
del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che
ne deriva, a commettere una serie indeterminata di delitti contro l’incolumità
individuale, la libertà personale, il patrimonio e ad acquisire in modo diretto
o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche legate
alla raccolta e al riciclaggio della plastica dismessa dalle serre insistenti
in Vittoria e nelle provincia di Ragusa e Caltanissetta.

In particolare, è stato accertato che il sistema messo in atto dagli
indagati era finalizzato ad ottenere il conferimento, in via esclusiva, della
plastica dismessa dalle serre alla Sidi della famiglia Donzelli, tanto che il
Giudice per le indagini preliminari ha applicato la misura cautelare nei loro
confronti per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. I Donzelli,
titolari di più impianti per il riciclo di materie plastiche, riuscivano ad
ottenere tale vantaggio economico attraverso l’intimidazione sistematica dei
serricoltori e dei raccoglitori di plastica, messa in atto dall’associazione
mafiosa, acquisendo una posizione di sostanziale monopolio nel settore.

Di rilievo nella vicenda la posizione di Claudio Carbonaro, il quale, dopo aver completato il percorso come collaboratore di
giustizia, ha fatto ritorno dal 2013 a Vittoria, dove negli anni 80/90 si era
reso responsabile di atroci crimini (tra gli altri più di 60 omicidi), assumendo
un ruolo fondamentale per l’associazione mafiosa e ponendosi a capo dello
storico clan Carbonaro-Dominante. In questa occasione Carbonaro ha promosso,
organizzato e diretto l’associazione, d’intesa con Giovanni Donzelli (concorrente
esterno) e con l’ausilio di Salvatore D’Agosta detto “Turi mutanna”, reclutando e coordinando
l’attività di raccolta della plastica svolta dai Minardi; quest’ultimi, detti i
barbani”, avvalendosi della capacità
di intimidazione promanante dall’appartenenza al sodalizio e dalla conseguente
condizione di assoggettamento e omertà, si assicuravano in via esclusiva la
raccolta del prodotto, per poi conferirlo, in esecuzioni dei precedenti accordi,
esclusivamente presso le imprese della famiglia Donzelli.

L’intervento di Carbonaro nel 2015 ha inoltre permesso di raggiungere un
accordo criminale con la famiglia gelese
dei Trubia (anche loro colpiti da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria nissena
nel 2016 per i medesimi fatti) per la spartizione dei terreni, difatti i
Minardi ottenevano l’esclusiva per la provincia di Ragusa.

Tra gli episodi accertati, nel 2015  Salvatore D’Agosta e Gaetano Tonghi appiccavano
il fuoco ad un autocarro di proprietà di una ditta di raccolta plastica al fine
di intimidirli e non farli operare sul territorio vittoriese. Nel 2017 Antonino
Minardi e Giuseppe Ingala danneggiavano l’autovettura di uno dei responsabili
di un’azienda agricola, reo, a loro dire, di aver fatto prelevare la plastica
dismessa ad un’altra impresa di raccolta plastica. In quella occasione,
venivano arrestati dalla Squadra mobile di Ragusa due soggetti per detenzione
di armi rubate, immediatamente dopo aver commesso il grave atto intimidatorio.
Oggi è stato possibile ricostruire la dinamica del grave atto intimidatorio per
ottenere l’egemonia nel settore della redditizia raccolta della plastica.

Tra le aggravanti contestate vi è anche la disponibilità di armi da parte
degli indagati, difatti le attività di intercettazione hanno permesso di
appurare che alcuni sodali, tra cui Carbonaro, D’Agosta, Antonino Minardi e
Donzelli, disponevano di armi di diverso tipo. Da ultimo Antonino Minardi è
stato arrestato dalla Squadra mobile di Ragusa per la detenzione di una pistola
rubata nel mese di settembre 2019, segno di un’attuale forza del gruppo
criminale.

Tra i reati contestati (solo a Giovanni Donzelli, Raffaele
Donzelli, Andrea Marcellino, Francesco Farruggia e Giovanni Longo), vi
è inoltre la gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti.

Gli indagati smaltivano abusivamente i fanghi speciali provenienti dal
lavaggio della plastica, nocivi in quanto costituiti da terra mista a
fertilizzanti e pesticidi. I rifiuti venivano interrati e ricoperti con cemento
e asfalto o ancora occultati mediante sversamento abusivo nei terreni adiacenti
la Sidi dei Donzelli o in altri terreni di Vittoria, creando un grave danno
all’ambiente. La Polizia di Stato ha effettuato durante il periodo
investigativo anche riscontri mediante videoriprese delle fasi di smaltimento
illegale. I reati ambientali commessi dagli indagati hanno permesso di ottenere
maggiori profitti, in quanto lo smaltimento abusivo, privo di tracciabilità (per
assenza del Fir), non viene conferito presso una discarica autorizzata, con
illecito abbattimento dei costi; è stata elusa anche l’Iva da parte dei
commercianti materie plastiche, proprio in virtù di tale smaltimento
clandestino.

I SEQUESTRI

La Procura della Repubblica ha anche richiesto ed ottenuto il sequestro
preventivo di 5 aziende riconducibili agli indagati. Il volume di affari
complessivo delle aziende sequestrate ammonta a circa 5 milioni di euro, tra
queste quelle appartenenti alla famiglia Donzelli ed all’indagato Longo. È
stato nominato un amministratore giudiziario, in modo da consentire la
prosecuzione dell’attività imprenditoriale, con salvaguardia dei lavoratori.

1 commenti
Un pensiero su "Operazione “Plastic free”, il pentito riorganizza il clan: 15 arresti (ft e vd)"
  1. Totò ha detto:

    Con sessanta omicidi sulle spalle, basta far finta di collaborare con la giustizia per essere libero? C’è da impazzire!!!!

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