Agrigento

Processo “Montagna”: teste nega l’evidenza e finisce sotto inchiesta

La ripresa del processo “Montagna” (rito ordinario) davanti ai giudici della prima sezione del Tribunale di Agrigento presieduta da Alfonso Malato (con a latere Giuseppa Zampino e Alessandro Quattrocchi) dopo la due giorni romana con udienze celebrate all’interno dell’aula bunker di Rebibbia, ha riservato un clamoroso colpo di scena con un teste che ha negato […]

Pubblicato 4 anni fa

La
ripresa del processo “Montagna” (rito ordinario) davanti ai giudici della prima
sezione del Tribunale di Agrigento presieduta da Alfonso Malato (con a latere
Giuseppa Zampino e Alessandro Quattrocchi) dopo la due giorni romana con
udienze celebrate all’interno dell’aula bunker di Rebibbia, ha riservato un
clamoroso colpo di scena con un teste che ha negato anche l’evidenza finito
sotto inchiesta.

Si tratta
di Stefano Butticè, allevatore di San Biagio Platani comparso oggi in aula per
riferire su alcune circostanze intercettate dagli investigatori e divenute
parte integrante del processo.

Butticè,
tuttavia, ha escluso di avere mai avuto conversazioni con il boss del suo
paese, Giuseppe Nugara, imputato e condannato nel processo celebratosi con il
rito abbreviato mentre gli odierni imputati sono: Giuseppe Scavetto, 50 anni di
Casteltermini, i favaresi Antonio Scorsone, 54 anni, Domenico Lombardo, 27
anni, Calogero Principato, 28 anni e Salvatore Montalbano, 27 anni e l’ex
sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella.

Il teste
era finito al centro delle investigazioni che riguardavano Nugara e che nel
corso delle stesse manifestava la sua avversione verso il testimone di
giustizia, Ignazio Cutrò al punto di dire che aveva rovinato la sua famiglia e
i suoi figli privandoli della libertà di movimento sino ad arrivare ad
affermare che “… appena lo Stato si stanca  che gli toglie la scorta poi vedi che poi…”.

Tutto
questo ed altro Butticè lo ha negato facendo perdere la pazienza sia al
presidente del Tribunale che gli ha detto con tono severo di correre un grosso
rischio negando ciò che è intercettato che al pubblico ministero della
Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Alessia Sinatra che ha chiesto la
trasmissione degli atti al suo ufficio per procedere contro il teste.

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