Mafia

Strage di Capaci, Mattarella: “Falcone dimostrò che la mafia non era imbattibile”

Sergio Mattarella ricorda a Palermo la strage di Capaci

Pubblicato 3 anni fa

 “Sono trascorsi trent’anni da quel terribile 23 maggio allorche’ la storia della nostra Repubblica sembro’ fermarsi come annientata dal dolore e dalla paura”. Sergio Mattarella ricorda a Palermo la strage di Capaci e quel “silenzio assordante dopo l’inaudito boato” che “rappresenta in maniera efficace il disorientamento che provo’ il Paese di fronte a quell’agguato senza precedenti, in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani”. Una ferita profonda che cambio’ il corso della storia. Il Parlamento arenatosi da dieci giorni sull’elezione del Presidente della Repubblica si sblocco’ e in poche ore elesse Oscar Luigi Scalfaro, la societa’ civile scese in piazza contro la violenza dell’attacco. E dunque il Presidente a tre decenni di distanza puo’ anche ricordare che “al contrario di quanto avevano immaginato gli autori del vile attentato, allo smarrimento iniziale segui’ l’immediata reazione delle Istituzioni democratiche”. La democrazia reagi’ a quella ferocia “con la forza degli strumenti propri dello Stato di diritto” e “la societa’ civile non accetto’ di subire in silenzio quella umiliazione e incoraggio’ il lavoro degli investigatori contribuendo alla stagione di rinnovamento”, infine nacque un “movimento culturale che, a partire da quei giorni, ha animato il Paese, trasformando questa dolorosa ricorrenza in un’occasione di continua crescita per promuovere nuove forme di cittadinanza attiva”. Falcone e poi, dopo nemmeno due mesi, Paolo Borsellino “furono colpiti perche’, con la loro professionalita’ e determinazione, avevano inferto colpi durissimi alla mafia”: “la mafia li temeva perche’ avevano dimostrato che essa non era imbattibile e che lo Stato era in grado di sconfiggerla attraverso la forza del diritto”. Oggi dunque, ammonisce il Capo dello Stato, deve essere chiaro che “l’impegno contro la criminalita’ non consente pause ne’ distrazioni”. E di Falcone, Mattarella sottolinea che “agiva non in spregio del pericolo o alla ricerca di forme ostentate di eroismo”, che “la fermezza del suo operato nasceva dalla radicata convinzione che non vi fossero alternative al rispetto della legge”, che “coltivava il coraggio contro la vilta’”. “Falcone non si abbandono’ mai alla rassegnazione o all’indifferenza”. Di lui resta non solo la testimonianza di coraggio ma anche “il forte senso delle istituzioni” e la consapevolezza che “la funzione del magistrato rappresenta una delle maggiori espressioni della nostra democrazia”.

Come magistrato “fu il primo ad intuire e a credere nel coordinamento investigativo sia nazionale sia internazionale, quale strumento per far emergere i traffici illeciti che sostenevano economicamente la mafia”. Con Borsellino avviarono “un nuovo metodo d’indagine, fondato sulla condivisione delle informazioni, sul lavoro di gruppo, sulla specializzazione dei ruoli; cio’ consenti’ di raggiungere risultati giudiziari inediti, ancorati ad attivita’ istruttorie che poggiavano su una piena solidita’ probatoria”. Una visione “profetica”, rammenta amaramente, che “non fu sempre compresa; anzi in taluni casi venne osteggiata anche da atteggiamenti diffusi nella stessa magistratura, che col tempo, superando errori, ha saputo farne patrimonio comune e valorizzarle”. La sua eredita’ ha portato a modificare l’ordinamento giudiziario “per attribuire un maggior rilievo alle obiettive qualita’ professionali del magistrato rispetto al criterio della mera anzianita’, non idoneo a rispondere alle esigenze dell’Ordine giudiziario”. E sono state approvate leggi per rendere piu’ incisiva la lotta alla mafia. Ma Mattarella indica, tra gli applausi dei partecipanti alla cerimonia, un altro fondamentale insegnamento: “evitare di adottare le misure necessarie solo quando si presentano condizioni di emergenza. E’ compito delle istituzioni – di tutte le istituzioni – prevedere e agire per tempo, senza dover attendere il verificarsi di eventi drammatici per essere costretti a intervenire”. Giustizia e’ dunque la linea costante, chiarisce il Capo dello Stato, anche in questi giorni dolorosi, mentre in Ucraina vediamo “quegli stessi orrori di cui l’Italia conserva ancora il ricordo e che mai avremmo immaginato che si ripresentassero nel nostro Continente. Ancora una volta sono in gioco valori fondanti della nostra convivenza”. Ancora una volta “la violenza della prevaricazione pretende, nella nostra Europa, di sostituirsi alla forza del diritto”. E “il ripristino degli ordinamenti internazionali, anche in questo caso, e’ fare giustizia. Porre cioe’ la vita e la dignita’ delle persone al centro dell’azione della comunita’ internazionale”. Perche’ “raccogliere il testimone della ‘visione’ di Falcone – conclude Mattarella – significa affrontare con la stessa lucidita’ le prove dell’oggi, perche’ a prevalere sia – ovunque, in ogni dimensione – la causa della giustizia; al servizio della liberta’ e della democrazia”.

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