Detenuto si laurea in architettura con 110 e lode: “L’ho fatto per i miei figli”
La cerimonia si e' svolta all'interno della casa circondariale Pagliarelli davanti alla famiglia del detenuto e ai rappresentati del mondo accademico, giudiziario e penitenziario
“Grazie allo studio non mi sono mai sentito annientato tra queste mura e sono riuscito a ritrovare la mia identita’. Oggi, ai miei figli, porto un esempio positivo e posso impartire un’importante lezione: lo studio e’ fondamentale per costruire il proprio futuro, realizzare i propri sogni ed essere liberi”. Con queste parole il neo laureato ha espresso tutta la sua commozione dopo essere stato proclamato, con il massimo dei voti, dottore in “Urbanistica e Scienze della citta’”, corso di laurea triennale del Dipartimento di Architettura di Palermo. La cerimonia si e’ svolta all’interno della casa circondariale Antonio Lorusso Pagliarelli davanti alla famiglia del detenuto e ai rappresentati del mondo accademico, giudiziario e penitenziario. E’ il primo studente del Polo universitario penitenziario dell’Universita’ degli Studi di Palermo che ha raggiunto l’ambito traguardo della laurea a tre anni dall’avvio e gia’ pensa a iscriversi al percorso magistrale.
La tesi di laurea dal titolo: “Gentrification: l’evoluzione del fenomeno. I casi studio: Palermo e Milano” e’ stata discussa davanti alla commissione composta da Filippo Schilleci (presidente) Chiara Giubilaro (relatrice) e Annalisa Giampino. Alla discussione erano presenti: il presidente del tribunale di sorveglianza Nicola Mazzamuto e il suo vicario Simone Alecci, il prorettore alla Didattica e all’Internazionalizzazione Fabio Mazzola e la prorettrice all’Inclusione alle Pari opportunita’ e alle Politiche di genere Beatrice Pasciuta di Unipa. “Esprimo profonda gratitudine e soddisfazione – ha sottolineato Enrico Napoli, prorettore vicario dell’Universita’ degli Studi di Palermo – per questo importante risultato. Oggi e’ una giornata altamente simbolica perche’ permette di esprimere, nel migliore modo possibile il ruolo positivo che l’istituzione universitaria svolge all’interno della societa’ attraverso la diffusione della cultura e il trasferimento della conoscenza”.
“E’ il risultato – ha spiegato la direttrice del Pagliarelli, Maria Luisa Malato – di uno sforzo notevole che ha coinvolto due mondi, quello penitenziario e quello accademico, spesso distanti e caratterizzati da procedure difficili da conciliare. Oggi gioiamo perche’ dimostriamo che la collaborazione tra istituzioni non solo e’ possibile, ma necessaria per abbattere muri e steccati”. I Poli penitenziari universitari in Sicilia sono stati avviati a partire da marzo 2021 e, grazie al recente rinnovo dell’accordo quadro con la Regione Siciliana le attivita’ di Unipa continueranno anche per il triennio 2024-2027, assieme agli atenei di Catania, Messina e al coinvolgimento del Garante regionale dei diritti dei detenuti della Regione Siciliana, al Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria per la Sicilia e all’Assessorato regionale dell’Istruzione e della Formazione professionale. Il Polo universitario penitenziario di Unipa ha registrato una cinquantina di iscrizioni, tra immatricolazioni e passaggi ad anni successivi al primo; tra la casa circondariale Antonio Lorusso Pagliarelli e la casa di reclusione Calogero di Bona-Ucciardone.
Nove i dipartimenti coinvolti assieme a una squadra di orientatori, tutor senior e studenti tutor coordinati dall’Area didattica e Servizi agli studenti con il supporto del Centro orientamento e Tutorato. “Siamo il primo Polo universitario penitenziario- ha detto Paola Maggio, delegata del eettore per i rapporti con gli istituti penitenziari – che ha dedicato un ufficio esclusivamente per a didattica penitenziaria, segno di grande attenzione, sia di risorse che di personale, che il rettore Massimo Midiri dell’Universita’ di Palermo ha voluto riservare a questo progetto. L’augurio che voglio fare in questa particolare circostanza, citando ‘Il sogno di uccidere Chro’no’ di Guido Tonelli e’ di utilizzare il ‘non tempo’ della detenzione per studiare. Lo studio rappresenta non solo un diritto, ma un bisogno e una necessita’ per i detenuti e anche per noi che siamo i loro docenti”.