Licata

Licata e l’Aica: storia ancora tutta da scrivere

di Gaetano Cellura

Pubblicato 3 anni fa

Il comune di Licata impiega un anno per dire ufficialmente no all’Aica (l’Azienda idrica dei comuni agrigentini) e al prestito regionale per finanziarla. Prestito di 800 mila euro che avrebbe dovuto restituire in cinque anni e che le casse comunali, sull’orlo del dissesto, non possono permettersi. Ѐ la risposta emersa ieri dalla conferenza stampa convocata dalla giunta e denominata “Operazione verità”. Risposta ai ripetuti solleciti al versamento delle quote spettanti ricevuti dai vertici dell’Ati, l’assemblea territoriale idrica – ultima in ordine di tempo quella del suo presidente, il sindaco di Gotte Provvidenza.

Per la giunta Galanti è una decisione radicale. Nel bene e nel male e al di là del bene e del male. Foriera certamente di ulteriori polemiche con gli altri sindaci della provincia di Agrigento, soprattutto con quelli (tredici su trentatré) che hanno già avuto accesso al prestito regionale e hanno versato la loro quota al nuovo soggetto pubblico che da un anno gestisce il servizio idrico integrato dopo il fallimento e il commissariamento del precedente gestore privato.

Decisione quella del primo cittadino licatese che dovrà comunque essere discussa al più presto in consiglio comunale. D’altra parte l’esiguità dei partecipanti alla conferenza stampa di ieri, aperta anche alle associazioni locali, alle rappresentanze politiche e ai cittadini, dimostra quanto la questione dell’acqua pubblica in città sia poco sentita. E sono tanti invero, e per dirla tutta, i cittadini che neppure sanno cosa sia l’Aica, come si è arrivati alla sua costituzione, attraverso quale lungo processo, quante ambivalenze ne siano state alla base e quante ne siano ancora al centro della difficile gestione da un anno a questa parte. Non solo e non ultima la mancata ratifica del suo nuovo direttore generale.

Toni Licata, esperto del sindaco Galanti per quanto riguarda il dossier idrico, nel corso della conferenza, ha messo in risalto soprattutto il fatto che l’Aica nasce come  soggetto pubblico “zoppo”. Perché il suo bilancio non è in equilibrio – e avrebbe dovuto esserlo sin dal principio per poter operare senza difficoltà finanziarie. Ha ricordato che un’altra sua anomalia risiede nel fatto che l’Aica non è “bancabile”. Per poi soffermarsi a lungo sull’anomalia delle anomalie (che noi stessi in altre note giornalistiche abbiamo ricordato): la disparità di trattamento, da parte della Regione, riservata alla nuova gestione pubblica del servizio rispetto a quella privata. E cioè al fatto che ai privati sono state concesse agevolazioni finanziarie a fondo perduto fino al 2010-2011 mentre ai comuni che partecipano all’Aica viene chiesta la restituzione di un prestito di 10 milioni, deliberato l’anno scorso e proprio per ovviare alle difficoltà iniziali dell’Azienda.

La questione è spinosa. Inutile tacerlo. E lo sarà fino a quando la Regione non farà una scelta precisa sul ritorno all’acqua pubblica. Dalla classe politica voluto solo a parole. I fatti non dicono nulla. E la realtà, di cui i cittadini pagano in termini economici le conseguenze, è che i vari gestori idrici – privati e pubblici – continuano a comprare l’acqua in Sicilia da un soggetto privato che vede la stessa regione tra gli azionisti.

Non sappiamo gli effetti della cosiddetta operazione verità di eri e quale scenario apre la decisione del comune di Licata di non versare all’Aica la propria quota spettante. Sappiamo tuttavia che è una decisione di cui – nel bene e nel male: lo ripetiamo – il comune, l’amministrazione che lo dirige dovrà assumersi la responsabilità.

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