Migranti, dieci cadaveri trovati nella stiva della barca: sentito in aula uno dei superstiti
L'inchiesta scaturisce dal ritrovamento di dieci cadaveri nella stiva di una barca utilizzata dai migranti per raggiungere Lampedusa
Prosegue l’audizione dei superstiti del tragico sbarco avvenuto nel giugno dello scorso anno quando la Guardia Costiera intercettò a pochi chilometri da Lampedusa un barcone con a bordo 54 migranti. Nella stiva dell’imbarcazione vennero rinvenuti i cadaveri di dieci persone. Le vittime, tutte originarie del Bangladesh, avevano un’età compresa tra i 19 e i 41 anni. In seguito a quella drammatica scoperta la procura di Agrigento aprì un’inchiesta e, ad oggi, risulta indagato un trentanovenne egiziano, difeso dagli avvocati Giancarlo Liberati e Leonardo Marino.
L’ipotesi di reato contestata è quella di morte come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina. Il sostituto procuratore Giulia Sbocchia ha chiesto e ottenuto l’incidente probatorio, con lo scopo di “cristallizzare” le dichiarazioni dei migranti già rese non appena sbarcati a Lampedusa. Una prova non rinviabile al dibattimento considerato che i testimoni sono tutti migranti irregolari e privi di documenti con un’alta probabilità che possano rendersi irreperibili. Questa mattina, davanti il gip Micaela Raimondo, è comparso uno dei superstiti. Si tratta di un bengalese poco più che maggiorenne che – di fatto – ha confermato quanto già dichiarato in precedenza agli investigatori: dal viaggio costato 7mila euro alla partenza dalla coste libiche per poi ripercorrere gli attimi della traversata in mare e riconoscere la persona che era alla guida dell’imbarcazione.