In una notte d’inizio estate, un’auto percorre a gran velocità la strada che collega Stoccolma alla costa occidentale. La donna al volante ha le mani sporche di sangue. Insieme al figlio, Annie sta fuggendo verso Graskar, nell’arcipelago di Fjllbacka.

Quell’isola scabra, con il faro bianco e la vecchia casa del guardiano dove crescono le malvarose, appartiene alla sua famiglia, ed è l’unico posto in cui lei si sente al sicuro, lontano da tutto. La leggenda popolare vuole che lì si aggirino gli spiriti dei morti, ma questo non la turba, anzi, in quel luogo così solitario, dove il suo sguardo può spaziare solo su scogli e mare salato, ad Annie piace pensare che i fantasmi siano rimasti per farla compagnia. Intanto, a Fjllbacka, Patrik, da poco rientrato in servizio, è alle prese con un’indagine piuttosto spinosa: il dirigente del settore finanze del comune è stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca. Il movente dell’omicidio sfugge e la vittima, che poco prima di morire aveva fatto visita all’amica Annie all’isola degli spettri, sembra essere stato un uomo dai mille segreti.

Sfidando un muro di silenzi, la polizia di Tonum scava nel suo passato e trova un collegamento con un’associazione di sostegno a donne maltrattate.

Un intreccio di storie che si svolgono in contesti temporali lontani, ma che piano piano finiscono per intrecciarsi tra di loro.

Un puzzle in cui si incastrano storie diverse e diversi piani temporali; elemento fortemente caratterizzante è l’atmosfera magica che pervade il libro, tutta nordica e la percezione costante dell’aldilà, raccontato con dolcezza in chiave rassicurante.

L’autrice impiega magistralmente la tecnica del flashback, con la narrazione di eventi accaduti nella seconda metà del 1800 su un faro nell’isola dei fantasmi.

Un avvincente poliziesco dove l’autore rende un profondo ritratto psicologico di tutti i personaggi.