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Migranti: viaggi lusso con gommoni, 10 arresti; il capobanda è di Canicattì

Operazione della Guardia di finanza

Pubblicato 3 anni fa

I finanzieri del comando provinciale di Agrigento, collaborati dai colleghi di Trapani, Caltanissetta, Messina, Ragusa e Siena hanno individuato sul territorio siciliano e nazionale i componenti di una organizzazione criminale transazionale, composta da cittadini italiani ed extracomunitari, dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con collegamenti, almeno di alcuni degli indagati, con ambienti del terrorismo internazionale.

Dieci le persone indicate nel provvedimento cautelare firmato, su richiesta dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo – dal Gip del tribunale del capoluogo siciliano, Lirio Conti, ma solo cinque, al momento, sono finite agli arresti e trasferiti in carcere,

Gli indagati, complessivamente 12, devono rispondere dei reati di associazione per delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Le indagini svolte nell’ambito dell’operazione ‘Charon’ – cominciate dalla Procura di Agrigento grazie ad una informativa della Guardia di finanza della città dei templi guidati dal col. Rocco Lopane e poi finite a Palermo per competenza territoriale – hanno messo in evidenza la capacità delle organizzazioni criminali a carattere transnazionale di offrire, nel settore dei traffici di esseri umani, nuovi “servizi volti a rendere le traversate più sicure, ovviamente in cambio di retribuzioni maggiorate e lauti guadagni, ma anche e soprattutto a garantire la non identificazione dei soggetti sbarcati da parte delle autorità nazionali. e assicurare l’anonimato a quei soggetti che si recano in Europa con finalità illecite”.

Al vertice dell’associazione, dunque, in qualità di finanziatori ed organizzatori, il canicattinese Diego Fazio, 46 anni e i tunisini Nouri Ejjed, 51 anni, e Houseen Mohamed M’Nad, 37 anni. All’interno del gruppo dei canicattinese vi era anche Ridha Yazidi, 62 anni, il cui compito sarebbe stato quello di tenere i contatti con i soggetti tunisini mentre Angelo Figuccia, 39 anni, era inserito all’interno del gruppo in qualità di scafista e guardiano dei mezzi navali e delle strutture di ricovero degli stessi.

Sono stati raggiunti da avviso di garanzia anche il mazarese Domenico D’Aleo, 37 anni, per essersi messo a disposizione dell’associazione adoperandosi ad approntare, presso il rimessaggio di sua proprietà, i mezzi navali utilizzati dal sodalizio per il perseguimento delle illecite strategie operative ed il marsalese Angelo Occhipinti, 30 anni, gestore di fatto del molo di San Teodoro di Marsala da cui tutti i viaggi sono partiti.

Il primo dato importante dell’inchiesta “Charon” che viene subito è in evidenza riguarda i capi dell’organizzazione criminale che annovera tra i promotori e finanziatori, il canicattinese Diego Fazio che guida una cordata agrigentina indicata come quella “dei canicattinesi” che agisce in perfetta sinergia con il “gruppo dei tunisini” dopo un breve periodo di tensioni.

Scrive il Gip, Lirio Conti: “Già in passato sono emerse diverse associazioni per delinquere operanti tra la Tunisia e la Sicilia che agivano con modalità dcl tutto innovative rispetto al panorama del traffico internazionale di migranti lungo la rotta mediterranea. Nei  precedenti contesti investigativi, infatti, era stato raccolto un vasto patrimonio conoscitivo utile a dimostrare come le associazioni fossero risultate particolarmente attive nell’organizzare sistematicamente i trasporti marittimi tra la Tunisia e l’Italia di piccoli gruppi di soggetti nord africani in grado di sostenere l’elevato costo dell’esclusivo transito a bordo dei veloci e funzionali gommoni e, spesso, intenzionati a sottrarsi alle ricerche delle autorità di polizia tunisine in quanto gravati da precedenti penali ovvero sospettati di connessioni con formazioni di natura terroristica di matrice jihadista.

In questa indagine, si è accertato che il servizio offerto non si conclude con lo sbarco ma  favoriscono con ulteriori e successive attività la permanenza nel territorio dello Stato dci migranti, facendoli scappare dal centro di accoglienza o trasportandoli presso abitazioni sicure.

In un caso ciò è stato fatto al fine di favorire la permanenza e poi la fuga di un terrorista, Abidi Aymen, cosi dimostrando ulteriormente la particolare pericolosità dell’associazione”.

Gli indagati nel conversare tra loro, talvolta utilizzavano frasi convenzionali utili per depistare ma ugualmente decodificate dagli inquirenti come ad esempio quando si usa  il termine “acqua” per il carburante dei natanti utilizzati oppure si fa riferimento ai cittadini extracomunitari da trasportare, indicandoli come “pecore” o “agnelli”.

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