Agrigento

Si allarga la scelta teatrale e politica ad Agrigento (gallery)

Quello che l’amministrazione  comunale forse  temeva, centellinando l’ingresso  a suo giudizio, di esclusive compagnie teatrali (meglio se clientes) sulla scena del Teatro Pirandello, sta accadendo invece alla grande con una serie di gruppi teatrali che si irrobustiscono andando in scena, dovunque e comunque, con testi teatrali di qualsiasi genere e grandezza.  Paure molto andreottiane quelle […]

Pubblicato 4 anni fa

Quello che l’amministrazione  comunale forse  temeva, centellinando l’ingresso  a suo giudizio, di esclusive compagnie
teatrali (meglio se clientes) sulla
scena del Teatro Pirandello, sta accadendo invece alla grande con una serie di
gruppi teatrali che si irrobustiscono andando in scena, dovunque e comunque,
con testi teatrali di qualsiasi genere e grandezza.
 

Paure molto
andreottiane quelle dell’amministrazione uscente, perché parecchie compagnie meriterebbero  di comunicare, dalle  gloriose 
e ambite tavole sceniche,  mondi
popolari e popolareschi che ancora vivono e sopravvivono, più del folclore
canterino che viene accuratamente foraggiato in occasione del Natale.

Agrigento vive una straordinaria stagione
teatrale anche grazie alla Fondazione
Pirandello
che “richiama in servizio” le figure attoriali che altrimenti rimarrebbero
in naftalina, insieme ad associazioni 
che programmano a breve e lungo termine un proprio cartellone teatrale.
La scorreria dello “Schiaccianoci”  al Palacongressi
può anche far testo  che, pour èpater les bourgeois, incanta un
certo pubblico avido di smaglianti colorazioni 
digitali, ma occorre  fare
attenzione anche alle nostrane realizzazioni certamente con meno luminarie ma
sempre con la fatica della passione teatrale che si accompagna al desiderio di
vivere una realtà provinciale dove la passione politica è latitante o
pochissimo realizzante. Se poi capita di vedere uno spettacolo come “Si capitassi a ttia” di Angelo Cinque e regia di Alfio Russo in scena al teatro “Posta vecchia”, “rifugio degli infedeli”, potrà accorgersi, evitando la puzza sotto
il naso,  che tra pasquinate e accenti
satireggianti il popolaresco dialettale riesce ad essere vicino alla
sensibilità e alla particolare fantasia del popolino, una rappresentazione che
rispetta le buone regole del teatro popolare e popolaresco dove troneggia un
sindaco intellettualoide e finto progressista che la paga cara quando i
pregiudizi pseudo moraleggianti lo coinvolgono in prima persona.

Già, ma chi
pensa al popolino se non in occasioni elettorali, magari comprandogli i voti?

Può dire poco se
l’altra sera, alla prima, c’erano una trentina di spettatori, ma una simile
commedia messa in scena sullo spiazzale del porto sanleonino, d’estate,
richiamerebbe un migliaio di persone come si è potuto notare in precedenti
stagioni estive. E poi, perché pensare solamente ad una “inclusione sociale”,
doverosamente (come è stato fatto con “Anna
dei Miracoli
” e “Pesce d’aprile”)
mirata ai disabili e non ad altre categorie sociali più sfortunate o
emarginate?  

E dal teatrale al socioeconomico il passo è breve e non occorre aspettare le statistiche per prenderne atto. E’ questa la più grave mancanza, a nostro parere, della politica politicante e che coinvolge  persino i pentastellati così munificamente votati dagli agrigentini. E non fa primavera una processione contro l’isolamento della città e della regione se gli stessi carnefici  passeggiano insieme alle vittime come le gallery fotografiche raccontano. 

Don Mario Sorce (un nuovo Ernesto Cardenal?) dice che “Siamo solo all’inizio”, forse un po’
troppo tardi se dimentica la dichiarazione del documento di due anni fa  dei vescovi siciliani che avevano ammesso “abbiamo sbagliato pastorale”. Comunque
meglio tardi che mai.

Le messe in scena “teatrali” continuano, le elezioni sono alle porte, bisognerà stare attenti a quali opere teatrali e stradali saranno realizzate, e quali viadotti dell’anima e del corpo bisogna percorrere.  Certo è  piacevolmente strano che oggi si sia arrivati alla contiguità “Politica-Chiesa” che negli anni 70 produsse, in diocesi, un ragguardevole gruppo di “dissenso cattolico” che portò parecchi preti a spretarsi e qualcuno a “suicidarsi”.

Ben venga un
certo spirito bergogliano per evitare vecchi strazi e complessi di colpa
eccellenti o eminenti.

Ancora per la cronaca  un cordiale applauso è dovuto agli attori di “Si capitassi a tia”: Alfio Russo, Anna Polimeni, Gero Ferlisi, Maria Fantauzzo, Silvia Butticè, Luana Gallo, Leandro Lo Vasco, Maurizio Lucera, luci di Tony Bruccoleri.

Testo e foto di Diego Romeo

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