Giudiziaria

Il massacro di Racalmuto, al via le testimonianze in aula: attesa per deposizione dei familiari 

La deposizione del maresciallo è solo la prima di una lunga lista di testimoni

Pubblicato 2 anni fa

Entra nel vivo il processo a carico di Salvatore Gioacchino Sedita, il trentaquattrenne accusato di aver ucciso i genitori lo scorso 13 dicembre. Le vittime – Giuseppe Sedita, 66 anni, e Rosa Sardo, 62 anni – sono state colpite mortalmente con quasi cinquanta coltellate nell’appartamento popolare che condividevano a Racalmuto. Questa mattina in aula è comparso il maresciallo Blanco, primo testimone dell’accusa. Il sottufficiale, in servizio alla stazione di Racalmuto da un anno e mezzo, ha risposto alle domande del sostituto procuratore Elenia Manno ricostruendo le prime fasi dell’attività investigativa. Il carabiniere ha raccontato di essere giunto sul posto dopo una chiamata ricevuta da una delle figlie che aveva scoperto i cadaveri. Le ricerche si sono fin da subito indirizzate su Salvatore Sedita che, dopo qualche ora, è stato ritrovato nei pressi di un bar. Grazie ad una telecamera installata di fronte il palazzo è stato possibile ricostruire i movimenti sia del padre, rientrato in auto a casa, che dell’omicida, fuggito poi a piedi. La deposizione del maresciallo è solo la prima di una lunga lista di testimoni. Il prossimo 26 ottobre sarà la volta dei familiari: le due sorelle Sedita e una collega di lavoro che si è recata sul luogo del delitto. Il processo, in corso davanti la Corte di Assise di Agrigento presieduta dal giudice Giuseppe Miceli, non sarà certamente breve e già dalla prossima udienza bisognerà sciogliere la riserva sull’ammissibilità della lista testimoni avanzata dalla parte civile, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Zucchetto, Giuseppe Barba e Giuseppe Contato. La difesa dell’imputato è sostenuta dall’avvocato Ninni Giardina.  

L’omicidio si consuma nel giorno di santa Lucia, in un appartamento del piccolo centro dell’agrigentino. Giuseppe e Rosa stavano pranzando ma la tavola era apparecchiata per tre. A far scattare l’allarme era stato un vicino di casa che, chiamando una delle figlie, raccontò dell’assenza di Giuseppe alla festa organizzata proprio per il suo pensionamento. I sospetti sono subito ricaduti sul figlio Salvatore, ragazzo con un passato complicato caratterizzato da maltrattamenti e uso di sostanze stupefacenti. In un primo interrogatorio sconclusionato, reso al sostituto procuratore Gloria Andreoli, Sedita ha negato le sue responsabilità dichiarando di vedere i fantasmi, di chiamarsi in un altro modo e di aver incontrato anche l’uomo nero. In un secondo interrogatorio, questa volta davanti il gip Francesco Provenzano, Sedita cambiò versione confessando il duplice omicidio. All’origine del massacro ci sarebbero i contrasti con i genitori che, a suo dire, non l’avrebbero accettato e avrebbero persino minacciato di buttarlo fuori di casa. La linea difensiva dell’imputato, ribadita anche oggi dall’avvocato Ninni Giardina, è basata sulla infermità mentale del ragazzo. Circostanza, questa, esclusa dal consulente incaricato dal tribunale durante l’incidente probatorio. Per lo psichiatra Lorenzo Messina, che ha visitato l’uomo nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto, Sedita “va considerato capace di intendere e di volere al momento del reato e in atto è capace di partecipare coscientemente al procedimento che lo riguarda”. Per il consulente, inoltre, “il fatto non è diretta espressione di una infermità mentale ma è avvenuto sotto l’effetto della cocaina”. Una tesi sposata in pieno anche dallo psichiatra forense Gaetano Vivona, perito di parte nell’interesse delle persone offese. 

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