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Banda spaccaossa pronta a mutilare anche un sedicenne (vd e tutte le foto)

All’alba di oggi, la Polizia di Stato ha eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo, fermando 34 soggetti accusati di fare parte di un’associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di frodi assicurative tramite la mutilazione di persone.   La misura restrittiva eseguita oggi raccoglie i frutti delle […]

Pubblicato 5 anni fa

All’alba
di oggi, la Polizia di Stato ha eseguito un provvedimento di fermo di indiziato
di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo, fermando 34
soggetti accusati di fare parte di un’associazione a delinquere finalizzata
alla realizzazione di frodi assicurative tramite la mutilazione di
persone.  

La
misura restrittiva eseguita oggi raccoglie i frutti delle indagini che già lo
scorso 8 agosto 2018 avevano portato la Procura di Palermo ad emettere un primo
decreto di fermo, noto alle cronache come operazione “Tantalo”, eseguito dalla
Squadra mobile di Palermo, che aveva portato in carcere 12 persone, indiziate
di avere dato vita ad un gruppo criminale specializzato nell’organizzazione di
truffe assicurative messe in atto simulando sinistri stradali. Nei sinistri
messi in scena la parte principale era recitata da soggetti che vi figuravano
come parti lese, persone per lo più di giovane età, adescate tra disoccupati al
limite della povertà, tossicodipendenti, affette da problemi di alcolismo e
ritardi psichici, che dietro compenso accettavano di farsi rompere le ossa e
partecipare alle truffe.

Analoga
attività di indagine sul medesimo sistema criminale delle frodi assicurative
realizzate attraverso mutilazioni veniva svolta dalla Squadra mobile di
Trapani, che svolgeva indagini partite da un episodio occorso lo scorso 24
gennaio 2018, quando un falso sinistro era costato un’invalidità permanete ad
una “vittima compiacente” di Custonaci.

Le
indagini portavano alla luce un vasto e ben strutturato gruppo criminale, che
aveva messo in piedi un sistema ramificato sul territorio, che operava in più
quartieri di Palermo, secondo un modus operandi tipico. I membri
dell’associazione rispondevano ciascuno ad un ruolo ben definito, agendo ognuno
ai vari livelli del sistema criminale, con ruoli e mansioni ben definiti. Alla
base, c’erano gli associati incaricati di cooptare le potenziali “vittime” dei
falsi sinistri, ricercandoli in contesti cittadini caratterizzati da degrado e
povertà, dove avvicinavano gli emarginati, in pessimo stato economico e spesso
colpiti da ritardi psichici o da tossicodipendenza, per meglio riuscire
nell’intento di carpirne facilmente il consenso a prestarsi alle fratture ossee
e allo stesso tempo disinnescare o quantomeno limitare, le loro successive
richieste di denaro. Alle “vittime” infatti, inizialmente venivano promesse
significative quote dei risarcimenti delle assicurazioni, quote successivamente
non corrisposte, oppure corrisposte solo in parte.

Peraltro, ad ulteriore conferma della spregiudicatezza dei sodali, sono emersi vari episodi di cessione di sostanze stupefacenti ad alcune vittime consenzienti tossicodipendenti, indotte in tal modo a prestarsi senza riserve agli spietati propositi degli spaccaossa.

Neanche
l’età delle vittime costituiva un deterrente per la banda degli ‘spaccaossa’.
L’ultima, in ordine di tempo, un minore di sedici anni, reclutato da un amico e
pronto a farsi rompere gli arti in cambio della promessa di soldi che, molto
probabilmente, non avrebbe mai visto. “Solo
qualche giorno fa abbiamo evitato che a un ragazzino di 16 anni gli venissero
fratturate le ossa
– spiega il capo della Squadra mobile di Palermo Rodelfo
Ruperti – La bravura dei nostri operatori
che hanno percepito le intenzioni di due dei soggetti fermati oggi, ci ha
permesso di evitare un’altra vittima”.
Le vittime venivano reclutate
soprattutto fra i soggetti in difficoltà, era questo il criterio principale. “Molti sono stato reclutati alla
stazione centrale di Palermo
– aggiunge – dove c’erano proprio dei reclutatori che li avvicinavano raccontandogli
di conoscere delle persone, gli spaccaossa, che potevano aiutarli e che
sarebbero stati in grado di farli svoltare nella loro vita”.

Ottenuto
l’assenso delle “vittime”, la gestione del sinistro viene assunta dagli
associati incaricati di ricostruire la scena del sinistro predisponendo
fisicamente i mezzi sui luoghi e reclutando alla causa i soggetti disposti a
fornire le false informazioni testimoniali, anch’essi dietro promessa di una
successiva parte del risarcimento.

Costruita
la “sceneggiatura” del falso incidente, le “vittime compiacenti” venivano
trasportate in locali nella disponibilità dei malviventi, appartamenti o
magazzini, per essere affidati alle “cure” dei sodali più violenti e
pericolosi, gli “spaccaossa” incaricati della spaventosa fase della frattura
delle ossa dei malcapitati.

Estremamente
collaudato risultava, in tal senso, il metodo utilizzato dagli associati: le
“vittime” venivano blandamente anestetizzate con del ghiaccio o con farmaci,
gli arti appoggiati in sospensione tra due blocchi di pietra o cemento, poi
veniva lanciata con violenza, sulla parte dell’arto sospesa, una borsa piena di
pesi in ghisa o di grosse pietre, in modo da provocare fratture nette, e
possibilmente scomposte (poiché produttive di un più ingente risarcimento).

Le
“vittime”, in preda a lancinanti dolori, venivano trasportati presso gli
ospedali cittadini, all’interno dei quali la gestione della frode passava nelle
mani di altri sodali, che si facevano carico di vigilare sui ricoverati per
provvedere alle loro necessità, ma ancor più per evitare che qualcuno potesse
recedere dall’originario intento, magari denunciando i fatti alle Forze
dell’Ordine.

Dopo il
ricovero dei fratturati, si apriva la fase amministrativa e burocratica
dell’istruzione della pratica assicurativa entrando in scena i vertici
dell’associazione, che curavano la presentazione delle richieste di
risarcimento presso le compagnie assicurative e la successiva suddivisione
delle “quote” del premio da liquidare. In questa fase peraltro poteva trovare
spazio talvolta la cessione della pratica assicurativa, completa degli atti
peritali e dei referti medici, ad altri soggetti ritenuti membri di vertice
dell’associazione criminale, che acquistavano la pratica liquidando al
“venditore” una quota, così da assumere in prima persona la gestione della fase
risarcitoria.

All’indomani
dell’esecuzione del fermo dello scorso agosto, le investigazioni proseguivano
avvalendosi delle risultanze delle attività tecniche, delle dichiarazioni rese
da altre e sempre più numerose “vittime compiacenti” e delle propalazioni di
alcuni soggetti, sottoposti a fermo nella prima operazione “Tantalo”, che
decidevano di collaborare con gli inquirenti e facevano luce su ulteriori
retroscena di quel sistema delinquenziale già investigato.

In
particolare, le ulteriori indagini delineavano una struttura criminale in cui
emergeva preponderante il ruolo ricoperto dai sodali incaricati della gestione
della fase burocratica e tecnica delle frodi, una volta che gli “spaccaossa”
avevano portato a compimento le rotture. I vertici della consorteria colpita
dal fermo odierno sono individuati in Carlo e Gaetano Alicata, padre e figlio, Filippo
Anceschi, Salvatore Arena detto “Mandalà”, l’avvocato Graziano D’Agostino, il
perito assicurativo Mario Fenech, Gioacchino Campora detto “Ivan”, Salvatore Di
Liberto, Vittorio Filippone, i fratelli Alessandro e Natale Santoro,
Alfredo Santoro detto “Lello”, Piero Orlando detto “Sh”,
Vincenzo Peduzzo, Salvatore Di
Gregorio, Domenico Schillaci detto Emanuele e Giovanna Lentini.

A
ciascuno di loro viene riconosciuto un ruolo apicale occupandosi di finanziare
le frodi per le quali anticipavano le spese occorrenti e della suddivisione tra
i complici delle quote derivanti dai risarcimenti assicurativi e provvedevano
all’eventuale “cessione” a terzi delle pratiche assicurative relative alle
truffe.

Alla
rottura delle ossa erano deputati altri complici, “specializzati”
nell’infliggere le fratture alle “vittime” non meno che nella predisposizione
di quanto occorreva a inscenare il sinistro stradale; tra questi figurano Giuseppe
Di Maio detto “fasulina”, Antonino Giglio detto “Tony u’ pacchiune”, Gesuè
Giglio, Alfredo
Santoro
detto “Lello”, Cristian Pasca.

Il
gruppo criminale poteva avvalersi pure dell’opera di sodali incaricati di
predisporre con cura la scena dei falsi sinistri, reperendo i veicoli da
utilizzare, reclutandone i conducenti, e assoldando gli eventuali testimoni.
Una volta realizzata la scena del finto incidente questi associati si
occupavano anche dell’assistenza medica delle “vittime” fratturate controllando
che non si sottraessero agli impegni presi con l’associazione. Questi i loro
nomi: Vincenzo Cataldo, Monia Camarda,
Orazio Falliti, Gaetano Girgenti,
Alfonso Macaluso, Benedetto Mattina,
Giuseppe Mazzanares, Maria Mazzanares,
Rita Mazzanares, Salvatore Mazzanares, Giuseppa Mazzanares,
Mario Modica, Antonino Saviano,
le sorelle Maria e Letizia Silvestri. 

I
risultati raggiunti dalla Squadra mobile di Palermo e Trapani, coordinati e
diretti dalla Procura di Palermo, confluivano nel provvedimento di fermo
eseguito questa notte a carico di 34 persone, ricostruendo innumerevoli episodi
criminosi realizzati dai membri del gruppo criminale.

L’incessante
attività di indagine ha meglio puntualizzato i meccanismi di funzionamento del
sistema facendone emergere tutte le caratteristiche. Nel territorio palermitano
sono presenti ed attive varie “squadre di spaccaossa”, ognuna comprendente gli
addetti al procacciamento o reclutamento delle vittime consenzienti, i soggetti
specializzati nella realizzazione delle fratture e quelli incaricati di
contribuire con diverse mansioni al compimento delle truffe (dal trasporto
delle vittime all’ausilio logistico o materiale agli spaccaossa, fino al ritiro
di referti ed altra documentazione medica o all’assistenza delle vittime nella
fase di convalescenza).

Le
diverse squadre di spaccaossa intrattengono rapporti “d’affari” con i diversi
acquirenti delle pratiche attivi in città, ciascuno dei quali operante secondo
una differente “competenza” territoriale, individuata in base ai rapporti con i
referenti locali della criminalità organizzata.

Le
modalità organizzative sono così ben collaudate che hanno dato vita ad rapporto
“circolare” che lega le squadre di spaccaossa e gli acquirenti di pratiche:
ogni squadra fratturava “vittime” per conto di diversi acquirenti, imparando a
conoscerne e rispettarne rapporti e reti relazionali, sfruttandoli per il
proprio tornaconto.

Contemporaneamente,
sono emersi i rapporti esistenti tra i diversi acquirenti attivi nei vari
quartieri di Palermo, i quali in caso di criticità riescono sempre a
raggiungere un accordo con piena soddisfazione di tutte le parti. E così, nel
caso in cui una stessa pratica venga venduta a più acquirenti, per eccessiva
avidità del venditore, per evitare lo scontro fisico tra gli acquirenti è
prevista la regola di privilegiare il primo acquisto, con correlato risarcimento
del danno per il secondo acquirente.

Si
tratta, come risulta con evidenza, di un “sistema” vero e proprio, gestito da
più “registi” posti tra loro ad un livello orizzontale, ossia i diversi
acquirenti dei quartieri, talvolta spalleggiati dai criminali più “in vista”
della zona.

Il
sodalizio, messo a nudo nei suoi meccanismi fondamentali dalle indagini degli
ultimi mesi, si mostra sempre uguale a se stesso. A fondamento del sistema
criminale risulta la netta suddivisione operativa dei diversi contributi posti
in essere dagli indagati incaricati di reclutare le “vittime” da fratturare, ai
quali si affiancano i sodali deputati a praticare le lesioni ossee cui segue la
presa in carico della “pratica” da parte dei complici deputati all’istruzione
della domanda risarcitoria, all’assistenza legale per l’iter e alla riscossione
del relativo premio assicurativo. Gli sviluppi delle indagini che hanno dato
corpo all’attuale decreto di Fermo hanno delineato l’apporto fornito
all’associazione da parte di taluni membri, accusati di essersi prestati
all’impresa criminale fornendo competenze “tecniche”. Tra questi l’avvocato  Graziano D’Agostino che metteva a disposizione
del sodalizio la sua preziosa opera “legale” istruendo le pratiche risarcitorie
da produrre alle compagnie assicurative.

Gli
sviluppi investigativi maturati nel prosieguo delle indagini puntualizzavano,
inoltre, le responsabilità di alcuni membri della consorteria rispetto al falso
sinistro costato la vita al cittadino tunisino Yakuob Hadry,
coinvolgendo altri sodali nell’episodio criminale dello scorso 9 gennaio 2017,
già contestato a taluni membri in sede di esecuzione del provvedimento dello
scorso 8 agosto.

In
particolare, emergevano le ulteriori partecipazioni al reato dei seguenti
indagati: Gesuè Giglio e Alfredo Santoro detto “Lello”, responsabili di avere
cagionato le fratture multiple inferte all’Hadry e averne provocato la morte.

In
particolare, si evinceva che il cittadino tunisino, già dal pomeriggio del
giorno in cui sarebbe stato ucciso, era apparso palesemente sotto l’effetto di
sostanze stupefacenti. Al fine di evitare che la vittima potesse sottrarsi alle
lesioni gli stessi sodali provvedevano a procurargli ulteriori dosi di crack. A
seguito di accordi intercorsi tra Francesco Faija e Gesuè Giglio, era stato
inoltre deciso che le lesioni dovevano essere particolarmente violente, al fine
di ottenere il massimo in sede risarcitoria. Anche le dichiarazioni rese dai
due collaboratori già fermati durante l’esecuzione del primo provvedimento di fermo
dello scorso agosto confermavano quanto le condizioni di Yakuob Hadry fossero
già disastrose al momento della preparazione del luogo del sinistro. Nonostante
tale drammatica evidenza tutti i partecipi decidevano di insistere nei propri
propositi criminosi, in tal modo accettando il rischio di provocare la morte di
Hadry, intervenuta per arresto cardiaco, a seguito delle lesioni infertegli da
due dei sodali indicati dai diversi dichiaranti come i più violenti e spietati
tra gli spaccaossa, ossia Gesuè Giglio e Alfredo Santoro detto “Lello”.

Dalle
nuove acquisizioni, pertanto, emergevano a carico di Francesco Faija, Alfredo
Santoro detto “Lello” e Gesuè Giglio chiari indizi di reità in ordine al più
grave delitto di omicidio doloso con dolo eventuale.

La
gravità del fenomeno criminale investito dalle indagini sta tutta nei numeri
emergenti dall’odierno provvedimento. Sono state ricostruite attraverso
attività tecniche, riscontri documentali e propalazioni di collaboratori,
numerosissime frodi assicurative (70 episodi ricostruiti nei minimi dettagli).
Importante per il buon esito delle indagini le dichiarazioni di alcuni
collaboratori rese alla Procura della Repubblica di Palermo. Si tratta di
soggetti arrestati dalla Squadra mobile di Palermo nell’ambito dell’operazione
Tantalo dello scorso agosto che dopo l’arresto hanno deciso di collaborare con
l’A.G.

La
capacità degli investigatori della Polizia di Stato permetteva inoltre, una
volta identificate le potenziali “vittime” delle gravissime fratture, di ascoltarle
avendone poi le confessioni auto ed etero accusatorie. Ben 50 le “vittime”
ascoltate, che hanno consentito con i loro racconti, spesso colmi di
disperazione e indigenza, di avvalorare il quadro accusatorio spiegando i
tristi motivi che li avevano portati ad accettare la rottura delle loro ossa.
Emergevano così in maniera ancor più chiara i dettagli di come gli “spaccaossa”
operavano. In questo contesto non mancavano episodi di minacce di cui gli
arrestati erano artefici affinché le “vittime” completassero l’iter finalizzato
alla riscossione del premio assicurativo.

A volte
gli indagati facilitavano l’opera di rottura delle ossa somministrando dosi di
stupefacente a talune “vittime” perché si prestassero con meno ritrosia
possibile a farsi rompere le ossa. Il compendio delle indagini si riassume in
un totale di 162 capi di incolpazione provvisoria.

Nell’ambito dello stesso procedimento penale rimangono indagati, oltre ai 36 fermati, 211 soggetti, tra i quali figurano anche medici, periti assicurativi e avvocati.

Arrestati operazione Tantalo bis

Questi i nomi degli arrestati: Carlo Alicata, Gaetano Alicata, Filippo Anceschi, Salvatore Arena, Gioacchino Campora, Graziano D’Agostino, Rita Mazzanares, Salvatore Di Gregorio, Salvatore Di Liberto, Giuseppe Di Maio, Piero Orlando, Mario Fenech, Vittorio Filippone, Antonino Giglio, Gesuè Giglio, Vincenzo Peduzzo, Alessandro Santoro, Alfredo Santoro, Natale Santoro, Antonino Saviano, Monia Camarda, Vincenzo Cataldo, Orazio Falliti, Gaetano Girgenti, Alfonso Macaluso, Benedetto Mattina, Giuseppe Mazzanares, Maria Mazzanares, Salvatore Mazzanares, Mario Modica, Cristian Pasca, Giuseppa Rosciglione, Maria Silvestri, Domenico Schillaci, Giovanna Lentini, Antonino Di Gregorio, Giovanni Napoli, Patrizia Alaimo, Ermanno Campisi, Emanuela Gallano, Fabio Riggio.

Arrestati operazione Tantalo bis

Altri
due soggetti, Domenico Schillaci detto “Emanuele” e Giovanna Lentini, sono
stati colpiti dal medesimo provvedimento di fermo. Sul loro conto, oltre a
plurime convergenze investigative rivenienti dalle indagini della Polizia di
Stato (Squadra Mobile di Palermo e Squadra Mobile di Trapani), sono confluiti
elementi raccolti dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Palermo,
che è stata delegata dalla locale Procura della Repubblica all’esecuzione della
misura a loro carico.

1 commenti
Un pensiero su "Banda spaccaossa pronta a mutilare anche un sedicenne (vd e tutte le foto)"
  1. Paola C ha detto:

    ma non si fanno schifo?
    a guardare le loro facce e foto sui social navigano tra preghiere alla madonna e foto con figli!

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