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Cattolica Eraclea, omicidio marmista: disposte indagini suppletive

Indagini suppletive con ulteriori accertamenti di tipo tecnico e biologico per fare luce su aspetti ancora poco chiari legati all’omicidio del marmista di Cattolica Eraclea Giuseppe Miceli, ucciso il 6 dicembre 2015 all’interno del suo laboratorio in via Crispi. Lo ha disposto la Corte d’Assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara con a latere […]

Pubblicato 4 anni fa

Indagini suppletive con ulteriori accertamenti di tipo tecnico e biologico per fare luce su aspetti ancora poco chiari legati all’omicidio del marmista di Cattolica Eraclea Giuseppe Miceli, ucciso il 6 dicembre 2015 all’interno del suo laboratorio in via Crispi.

Lo ha disposto la Corte d’Assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara con a latere il giudice Giuseppe Miceli, davanti cui si celebra il processo a carico dell’unico imputato Gaetano Sciortino, operaio anche lui di Cattolica Eraclea, accusato dell’efferato delitto che ha scosso l’intera comunità agrigentina. La Corte ha disposto ulteriori approfondimenti di natura tecnica e biologica. Bisognerà infatti chiarire la vicenda di un presunto pedinamento della vittima avvenuto la sera prima dell’omicidio quando una telecamera di sicurezza riprese una Fiat Punto. Stesso tipo di accertamento dovrà esser fatto al fine di identificare un’altra automobile che è transitata in zona alle 20.43 dello stesso giorno.

Indagini suppletive che dovranno essere anche di natura biologica analizzando ulteriormente i rilievi repertati dagli oggetti utilizzati per uccidere il marmista nonché l’analisi di tracce biologiche (peli) rinvenuti sulla mano sinistra della vittima al fine di compararli con il profilo dell’imputato e di altri soggetti. Infine bisognerà accertare l’esatto orario, tramite lo studio di documenti medico-legali e sanitari, della morte. La Corte ha inoltre disposto, così come richiesto dagli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello che rappresentano la difesa, che gli accertamenti vengano fatti da tecnici diversi da quelli che finora hanno trattato il caso. Una vicenda che vede, come detto, l’operaio Gaetano Sciortino quale unico imputato del processo.

I carabinieri lo arrestano quasi due anni dopo il delitto, sulla base di alcuni elementi: il ritrovamento di una scarpa in un’area rurale la cui impronta sarebbe compatibile con quella repertata dai RIS sulla scena del crimine; il pedinamento del giorno precedente e la distruzione di alcune punte da trapano da parte dei figli dell’imputato (intercettati) che appartenevano alla vittima. Il movente però non è stato mai ben chiaro. Nel corso del dibattimento a Sciortino sono stati concessi prima gli arresti domiciliari e lo scorso aprile l’obbligo di dimora a cui è tuttora sottoposto. L’accusa è rappresentata in aula dal sostituto procuratore Gloria Andreoli. Si torna in aula il 20 novembre.  

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