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Mafia e Stidda, le intercettazioni ancora al centro del processo “Condor”

Nel processo d'appello scaturito dall'inchiesta "Condor", ’operazione che due anni fa fece luce sulla riorganizzazione di Cosa nostra e della Stidda nella parte orientale della provincia

Pubblicato 41 minuti fa

La trascrizione delle intercettazioni tengono ancora “banco” nel processo di appello scaturito dall’inchiesta “Condor”, l’operazione che due anni fa fece luce sulla riorganizzazione di Cosa nostra e della Stidda nella parte orientale della provincia. L’udienza di questa mattina è stata dedicata proprio al contenuto delle intercettazioni e alla difficoltà di individuarle negli atti presenti al processo. Per questo motivo la Corte – preseduta dal giudice Raffaele Malizia – ha nuovamente conferito incarico al perito che dovrà occuparsi della trascrizione. Il consulente comparirà il prossimo 26 giugno per riferire l’esito in aula.

Nove le persone che siedono sul banco degli imputati, tutte condannate nel giudizio di primo grado per un totale di oltre ottanta anni di reclusione: si tratta di Giuseppe Chiazza (20 anni di reclusione), ritenuto l’astro nascente della Stidda di Palma di Montechiaro; Nicola Ribisi (14 anni, 2 mesi e 20 giorni) e Giuseppe Sicilia (9 anni, 10 mesi e 15 giorni), ritenuti rispettivamente i capi delle famiglie di Cosa nostra di Palma di Montechiaro e Favara; Domenico Lombardo (10 anni e 4 mesi); Luigi Montana (3 anni, 6 mesi e 20 giorni); Luigi Pitruzzella (7 anni e 8 mesi); Baldo Carapezza (6 anni e 8 mesi); Rosario Patti (5 anni); Francesco Centineo (4 anni e 2 mesi e 20 giorni); Ignazio Sicilia (2 anni e 8 mesi). L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha puntato i riflettori sul riassetto delle famiglie mafiose di Cosa nostra e della Stidda nella parte orientale della provincia di Agrigento e, in particolare, tra Favara, Palma di Montechiaro, Licata e Canicattì.

I militari dell’Arma, durante le indagini, hanno raccolto importanti indizi sul controllo delle attività economiche nel territorio di Palma di Montechiaro, con riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (le cosiddette sensalie), e delle  “messe a posto” a Favara con danneggiamenti a seguito di incendio. Le accuse – a vario titolo – sono associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.

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