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Operazione “Università bandita”, concorsi truccati: sospeso rettore, 40 prof indagati (le intercettazioni)

Il rettore di Catania, Francesco Basile, e altri nove professori sono stati sospesi dal servizio dal Gip. Sono indagati per associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Al centro delle indagini su ‘Universita’ bandita’ della Digos coordinate dalla Procura etnea 27 concorsi. Sono complessivamente 40 i professori indagati degli atenei di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, […]

Pubblicato 5 anni fa

Il rettore di Catania, Francesco Basile, e altri nove professori sono stati sospesi dal servizio dal Gip. Sono indagati per associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Al centro delle indagini su ‘Universita’ bandita’ della Digos coordinate dalla Procura etnea 27 concorsi. Sono complessivamente 40 i professori indagati degli atenei di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.

Dunque, la Procura distrettuale della Repubblica di Catania ha delegato alla Polizia di Stato l’esecuzione di un’ordinanza applicativa della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio emessa in data 18.6.2019 dal Gip Tribunale di Catania a carico dell’attuale rettore, Francesco Basile e dal suo predecessore, Giacomo Pignataro, Giancarlo Magnano San Lio, prorettore dell’Università, Giuseppe Barone, ex direttore del dipartimento di Scienza politiche, Michela Cavallaro, direttore del dipartimento di Economia, Filippo Drago, direttore del dipartimento di scienze biomediche, Giovanni Gallo, direttore del dipartimento di matematica, Carmelo Monaco, direttore del dipartimento di Scienze biologiche, Roberto Pennisi, direttore del dipartimento di Giurisprudenza e Giuseppe Sessa, presidente del coordinamento della Facoltà di Medicina dell’università di Catania, tutti ritenuti responsabili di associazione a delinquere nonché, a vario titolo, di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, abuso d’ufficio e truffa aggravata.

La Procura aveva richiesto per loro gli
arresti domiciliari.

Il provvedimento interdittivo è stato emesso
sulla base di indagini coordinate dalla Procura distrettuale di Catania ed
eseguite dalla Digos – Sezione investigativa – dal giugno 2016 al marzo 2018.

L’attività investigativa, condotta con
l’ausilio di presidi tecnici e con servizi di tipo tradizionale, ha svelato
l’esistenza di un’associazione a delinquere, con a capo il rettore dell’Università
di Catania Francesco Basile e di cui è promotore il suo predecessore Giacomo
Pignataro, finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati fine volti
ad alterare il naturale esito dei bandi di concorso per il conferimento degli
assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca; per l’assunzione del personale
tecnico-amministrativo; per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo
(Consiglio d’amministrazione, nucleo di valutazione, collegio di disciplina);
per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti universitari.

Su tale ultimo aspetto giova in particolare
porre in luce che il sistema delinquenziale non è ristretto all’Università
etnea ma si estende ad altri Atenei italiani, i cui docenti, nel momento in cui
sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sono
sempre preoccupati di ‘non interferire’ sulla scelta del futuro vincitore
compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere
anche nei casi in cui non fosse meritevole.   

Allo stato, il Gip ha riconosciuto
l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di 40 indagati coinvolti
nella richiesta cautelare avanzata.

Le indagini hanno documentato l’esistenza di
un vero e proprio codice di comportamento “sommerso” operante in ambito
universitario secondo il quale gli esiti dei concorsi devono essere
predeterminati dai docenti interessati, nessuno spazio deve essere lasciato a
selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo può essere presentato
contro le decisioni degli organi statutari.

Le regole del codice hanno, altresì, un preciso apparato sanzionatorio e le violazioni sono punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico.  

L’estrema pericolosità e la piena
consapevolezza delle gravi illiceità commesse dal gruppo  spinto da finalità diverse dalla buona
amministrazione e volto, al contrario, alla tutela degli interessi di pochi
privilegiati che condividono le condotte criminali dell’associazione a
delinquere, emergono inoltre dalle raccomandazioni dei sodali di “non parlare”
telefonicamente o dalla volontà palesata di effettuare delle preventive
“bonifiche” degli Uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e
accertamenti nei loro confronti.

In conclusione, l’operazione della Polizia
di Stato, ha consentito di accertare l’esistenza di 27 concorsi truccati: 17
per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore.

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