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“Pienamente inseriti in Cosa Nostra”: restano in carcere Nicosia, Dimino e altri 3

I gravi indizi di colpevolezza ci sono e il pericolo di fuga e’ da ritenersi sufficiente anche per la configurabilita’ dell’esigenza cautelare. Sussiste anche il concreto pericolo degli indagati commettano altri reati. Cosi’ il gip del tribunale di Sciacca , Alberto Davico, motiva la convalida del fermo dell’assistente parlamentare Antonello Nicosia, del boss Accursio Dimino […]

Pubblicato 4 anni fa

I gravi indizi di colpevolezza ci sono e il pericolo di fuga e’ da ritenersi sufficiente anche per la configurabilita’ dell’esigenza cautelare. Sussiste anche il concreto pericolo degli indagati commettano altri reati. Cosi’ il gip del tribunale di Sciacca , Alberto Davico, motiva la convalida del fermo dell’assistente parlamentare Antonello Nicosia, del boss Accursio Dimino e di tre favoreggiatori mafiosi arrestati lunedi’ dalla Dda di Palermo. Il giudice, competente perche’ il provvedimento e’ stato eseguito a Sciacca, contestualmente ha trasmesso gli atti a Palermo.

Nella motivazione ha sottolineato “la spiccata pericolosita’ criminale” degli indagati. Il gip Davico ha evidenziato anche il “gravissimo contesto associativo di riferimento e la non occasionalita’ delle condotte degli indagati Dimino e Nicosia a pieno titolo inseriti – scrive – nell’ambito della criminalita’ organizzata di stampo mafioso e comunque in gruppi operanti con metodo mafioso collegati fra loro da vincoli stringenti”.

L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai pm Francesca Dessi’ e Gery Ferrara, ruota attorno a Nicosia, per anni impegnato nelle battaglie per i diritti dei detenuti e collaboratore parlamentare della deputata di Italia Viva, Giusy Occhionero. Oltre a progettare omicidi ed estorsioni insieme al boss di Sciacca Dimino, tornato al vertice del clan dopo la scarcerazione, Nicosia entrava nelle carceri di massima sicurezza con la Occhionero e, utilizzando il suo ruolo di collaboratore della deputata, incontrava boss detenuti, portava all’esterno informazioni riservate e sollecitava interventi della donna nell’interesse di capomafia del calibro di Filippo Guttadauro, cognato del latitante Matteo Messina Denaro. 

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