Il diritto al riconoscimento del figlio naturale dev’essere negato al padre violento
La Corte di Cassazione Sezione prima deciderà la questione alla imminente udienza del 19.4.2021.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, in adesione al ricorso presentato dall’avv Arnaldo Faro, nell’interesse della minore M. V. intervenendo con una propria memoria difensiva depositata il 26.3.2021, ha chiesto alla Suprema Corte l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Venezia, che ha consentito il riconoscimento filiale al padre biologico della piccola M.V., che si era reso responsabile di atti violenti contro i prossimi familiari.
Dopo la nascita della bambina il padre M.A.H. di origine egiziana; consenso che era stato recisamente negato ed opposto dalla madre F. V. oriunda di Raffadali, in considerazione delle condotte violente dal medesimo attuate nei confronti della stessa, avendola anche voluta indurre all’aborto.
In particolare il padre, dopo la nascita della minore, aveva programmato di impartire alla piccola un’educazione religiosa integralista, secondo rigidi canoni comportamentali, in contrasto con contesto socio culturale di riferimento della minore stessa, manifestando anche l’intento di volerla condurre nel suo paese d’origine, per affidarla alla propria madre.
In particolare il Procuratore Generale ha censurato la sentenza della Corte di Venezia che non aveva provveduto ad applicare il principio di derivazione sovranazionale (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il il 7.12.2000 ed adattata a Strasburgo il 12.12. 2007) della prioritaria tutela del preminente e superiore interesse del fanciullo il c.d best interest : in pratica ogni atto che riguarda il minore ( quindi anche quelli di natura giudiziaria), deve considerare in primis il supremo interesse del minore stesso.
La Procura Generale ha anche richiamato il granitico principio secondo cui se è diritto soggettivo dell’altro genitore quello di riconoscere il proprio figlio naturale, tutelato dall’art. 30 della Costituzione, tuttavia tale diritto può essere sacrificato in presenza del rischio di compromissione dello sviluppo psico fisico del minore stesso, con un bilanciamento tra l’esigenza di affermare la verità biologica, con l’interesse alla stabilità dei rapporti familiari e ciò impone uno scrupoloso accertamento di quale sia in concreto l’interesse del minore.
In proposito di tale interesse l’Avv. Faro investendo della tutela della minore la Corte di Cassazione ha lamentato che i giudici di merito nel valutare l’interesse concreto della minore MV, si erano posti in contrasto con la Convenzione del Consiglio d’Europa, sulla prevenzione e lotta contro la violenza domestica (Convenzione di Instambul del 2011) ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 77 del 2013, –che ha definito la violenza domestica quella che si concretizzi in tutti gli atti di violenza fisica sessuale, psicologica o economica che si verifichino all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partiner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza della vittima—rilevando che detta convenzione nel sistema delle fonte ha rango ultra primario ed impone di escludere qualsiasi contatto tra autore e vittima della violenza.
In sintonia con tale principio il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione vindice della legalità e della corretta applicazione delle leggi nazionali e sovranazionali ha chiesto l’accoglimento del ricorso dell’avv. Faro, rilevando anche che dovrà essere compito dei giudici di merito su compulsazione del Pm “affari civili” compulsare tutti gli accertamenti necessari per rilevare le emergenze penali a carico del padre della minore, anche secondo le linee guida del Consiglio Superiore della Magistratura , per la trattazione dei procedimenti, nell’ambito dei quali si discuta di violenza di genere o domestica.
La Corte di Cassazione Sezione prima deciderà la questione alla imminente udienza del 19.4.2021.