Giudiziaria

La faida tra due famiglie a Palma di Montechiaro, in aula il racconto delle indagini

In aula è comparso un poliziotti in servizio alla Questura di Agrigento che, rispondendo alle domande delle parti, ha ricostruito l’origine delle indagini

Pubblicato 2 anni fa

E’ ripreso ieri mattina, davanti i giudici della Corte di Assise di Agrigento presieduta da Wilma Angela Mazzara, il processo a carico di undici imputati coinvolti a vario titolo nella cosiddetta faida di Palma di Montechiaro, una vera e propria guerra tra famiglie, culminata con due morti e maturata negli anni in un ambiente omertoso in cui tutti sapevano tutto ma nessuno ha mai collaborato con la giustizia ostacolando anzi lo sviluppo delle indagini. 

In aula è comparso un poliziotti in servizio alla Questura di Agrigento che, rispondendo alle domande delle parti, ha ricostruito l’origine delle indagini: “E’ stata più di una fonte confidenziale a segnalarci che l’omicidio Azzarello era stato commesso per una vendetta legata al furto di un trattore. Così abbiamo iniziato ad indagare scoprendo anche che ci fu un tentativo di restituzione del mezzo prima del delitto.”

Undici gli imputati: Ignazio Rallo, 40 anni; Roberto Onolfo, 29 anni; Angelo Castronovo, 64 anni; Pino Azzarello, 40 anni,  Carmelo Pace, 59 anni; Giuseppe Azzarello, 23 anni; Maria Concetta Noemi Oteri, 22 anni;Giuseppe Rallo, 32 anni; Giacomo Alotto, 63 anni; Gioacchino Gaetano Burgio, 51 anni; Giuseppe Giganti, 45 anni. Solo Ignazio Rallo e Roberto Onolfo rispondono dei reati più gravi. Gli altri sono accusati a vario titolo di favoreggiamento, possesso di armi e altro. 

Ci sono voluti quasi due anni di serrate indagini incrociate – condotte dai carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento, della compagnia di Licata e dei poliziotti della Squadra mobile di Agrigento – per fare luce sugli omicidi di Enrico Rallo, 38enne ucciso di fronte il bar Mazza a Palma di Montechiaro nel 2015, e quello di Salvatore Azzarello, 39enne bracciante agricolo freddato nell’agosto 2017 da un commando nelle campagne di contrada Burraiti mentre si trovava a bordo del suo trattore. Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, dunque, l’origine della faida tra le famiglie è da ricondurre al furto di un mezzo agricolo nel 2013 commesso dai fratelli Ignazio ed Enrico Rallo nei confronti di Salvatore Azzarello. 

Le cimici istallate e i telefoni sotto controllo rilevano quella in un primo momento appare una casualità ma che poi diventerà un solido elemento accusatorio: ogni qualvolta si parla dei due omicidi i dialoghi si concentrano sui Rallo e sugli Azzarello. Da qui ulteriori riscontri che “blindano” il caso: un telefono cellulare e alcuni walkie-talkie che erano stati rubati dal pick-up utilizzati per l’omicidio vengono ritrovati nelle disponibilità di Onolfo.

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