Giudiziaria

L’arresto del governatore Toti e l’ombra della mafia di Riesi: “Usciamo dalla porta ed entriamo dalla finestra”

Comanda il clan dei fratelli Cammarata; nell’inchiesta parallela di La Spezia indagato anche un agrigentino

Pubblicato 7 mesi fa

Il terremoto giudiziario che si è abbattuto sulla Liguria, con l’arresto del governatore Giovanni Toti, del suo braccio destro e di alcuni imprenditori, parla soprattutto siciliano. Mezza dozzina dei venticinque indagati coinvolti nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Genova è, infatti, sicula con più di un’ombra della mafia di Riesi che aleggia nelle elezioni regionali del 2020. Il clan Cammarata, guidato dal boss Pino e dai fratelli Vincenzo e Francesco, tutti ergastolani e condannati al 41 bis, viene chiamato direttamente in causa nelle oltre cinquecento pagine dell’ordinanza firmata dal Gip del Tribunale di Genova, Paola Foggiani.

I protagonisti di questo importante passaggio sono i gemelli Maurizio e Angelo Testa a cui viene contestato il reato di corruzione poiché, in concorso con il governatore Toti e con il coordinatore della campagna elettorale Matteo Cozzani, in occasione delle consultazioni elettorali della Regione Liguria del 20 e 21 settembre 2020 – agendo Cozzani quale coordinatore regionale della Campagna elettorale per la lista “Cambiamo con Toti Presidente’, Toti quale candidato e “mandante del Cozzani” e i fratelli Testa “quali rappresentanti della comunità Riesina di Genova – per ottenere il voto elettorale a vantaggio del candidato presidente Giovanni Toti” e di tre candidati al Consiglio regionale, “promettevano, quale utilità, posti di lavoro a più persone, mediante più accordi anche con Maurici Venanzio, referente “genovese” del clan Cammarata del Mandamento di Riesi.

I gemelli Testa, si spiega nell’ordinanza che ha portato a diverse misure cautelari, “proseguono ad intrattenere contatti con Cozzani, coordinatore della campagna elettorale, finalizzati a garantire l’appoggio elettorale dei riesini a tre candidati della lista ‘Cambiamo con Toti presidente’ alle elezioni regionali. “A Genova mi sono fatto, diciamo, una bella strada… tu pensa che ho sistemato 5 persone… noi siamo proprio amici del Toti… 5 di cui 4 riesani e 1 amico di sempre… diciamo che li abbiamo un po’ sistemati, son stati chiamati tutti poi se c’è qualcosa ne parliamo con calma e vediamo di darti una mano”. E’ una conversazione, risale al 25 novembre del 2020, tra Italo Maurizio Testa, rappresentante della comunità riesina di Genova, e un’amica riportata nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portate all’arresto, tra gli altri, del presidente Giovanni Toti con l’accusa di corruzione elettorale. L’indagine prende le mosse da alcune conversazioni intercettate in un procedimento penale della procura di La Spezia (tra gli altri indagati c’era Matteo Cozzani, in veste di sindaco di Portovenere, per corruzione e turbativa d’asta poi trasmessa a Genova per competenza ed anche un agrigentino, Francesco Fiorino, classe 1972, residente da tempo a Sarzana, direttore generale e rappresentante legale della società Europa Park Srl) in cui emerge come Cozzani, coordinatore della lista ‘Cambiamo con Toti Presidente’, e il deputato Alessandro Sorte discutono sulla possibilità della candidatura alle elezioni regionali (poi sfumata) di Arturo Angelo Testa, che avrebbe potuto portare in dote un bacino importante di voti a favore di Toti che, appoggiato dal centrodestra, uscirà vincente alle urne.

Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa sono ritenuti dagli inquirenti liguri rappresentanti della comunità riesina di Genova e destinatari dell’obbligo di dimora nel Comune di Boltiere perché accusati del reato di corruzione elettorale aggravato, in quanto commesso al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, segnatamente il clan Cammarata del Mandamento di Riesi con proiezione nella città di Genova. In particolare, “Cozzani (che agiva su mandato di Giovanni Toti) ed i fratelli Testa si accordavano tra loro onde far convogliare i voti degli elettori appartenenti alla Comunità Riesina di Genova (almeno 400 voti) e comunque siciliani verso la lista ‘Cambiamo con Toti Presidente’ e verso tre specifici candidati”. E in un’intercettazione post voto, Italo Maurizio Testa afferma, parlando con un’amica: “Diciamo che la nostra venuta a Genova è stata fruttuosa perché comunque chi mi ha promesso i posti di lavoro me ne ha dati 5 e 5 li ho dati …dunque (…) io parlo di Genova, 5 di Genova abbiamo sistemato 5 persone (…) c’è gente che parla che guarda che son vent’anni che sono in politica fifi… e noi abbiamo fatto muti, muti, ne ho già sistemati 5 e non è detto che ne sistemo altri eh”. Il clan Cammarata di Riesi, affiliato a Cosa nostra, chiamato in causa nell’inchiesta di Genova che ha coinvolto i vertici istituzionali della Liguria, è uno dei più spietati, pericolosi e potenti della Sicilia. A capo della cosca è Pino Cammarata, considerato il capomafia. Accanto a lui, i suoi fratelli Vincenzo e Francesco, tutti ergastolani e condannati al 41 bis. I cosiddetti “fratelli terribili” per anni hanno gestito i traffici illeciti del territorio e si sono macchiati di delitti efferati. Ai domiciliari, al momento, con l’accusa di associazione mafiosa, c’è anche la sorella dei tre boss, la settantenne Maria Catena, ritenuta la “Signora di Cosa nostra”. Appena qualche mese fa è stata condannata, in via definitiva a 11 anni di reclusione per mafia e pizzo. Dopo l’arresto dei tre fratelli, secondo gli inquirenti, sarebbe stata proprio lei a gestire gli affari di famiglia. Il clan Cammarata è stato tra i protagonisti della guerra di mafia scoppiata nel Nisseno negli anni Novanta. Una guerra tra Cosa nostra da un lato e gli stiddari dall’altro. Per anni il clan Cammarata ha predominato sul territorio ma dopo la violenta faida di quegli anni ha subito anche duri colpi da parte dello Stato. Per sfuggire alla cattura, per paura di essere ucciso o dopo anni di carcere, molti affiliati e uomini d’onore, hanno lasciato Riesi per proseguire i loro affari illeciti, nel nord Italia.

Ecco cosa scrive il Gip ligure: Nel caso in esame, in primo luogo, è indubbia la sussistenza del clan Cammarata di Riesi (cosca pacificamente riconosciuta come esistente anche dai provvedimenti della magistratura siciliana), così come il radicamento e l’operatività di tale organizzazione anche nel territorio genovese e, in particolare nel quartiere di Certosa, come emergente anche dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Arlotta Carmelo. In secondo luogo, dalle indagini, è emerso un ruolo primario dei fratelli Testa, insieme a Maurici Venanzio, nella guida del gruppo riesini e la volontà costituire a Genova una vera e propria “cricca” (Italo Maurizio Testa: “Volevamo fare quella cricca che ti dicevo, no?”; Venanzio Maurici: “si, si”), ossia un gruppo dedito a procurare reciproci favori in occasione delle competizioni elettorali e successivamente alle stesse, in modo da radicare un accreditamento sempre più profondo nel mondo politico genovese, al fine di ottenere vantaggi in favore dei membri della comunità riesina di riferimento. Quanto poi al dolo intenzionale richiesto dalla aggravante (al fine di agevolare l’attività della associazione), assumono piena rilevanza le conversazioni intrattenute dai fratelli Angelo Artuto Testa e Italo Maurizio Testa con altri riesini (tra cui lo stesso Venanzio Maurici, Cristina e Salvatore Calascibetta) dalle quali, in più passaggi, traspare in modo esplicito il fatto che la corruzione elettorale posta in essere era finalizzata non solo a garantire “l’assunzione di 4 o 5 carusi“, ma anche ad assicurarsi in qualche modo una presenza all’ interno delle istituzioni e ad accreditarsi in modo stabile come “gruppo” in grado di controllare il consenso nel quartiere di Certosa, a garantirsi l’elezione di canditati che poi avrebbero risposto a loro e che avrebbero fatto gli interessi dei riesini, a crearsi un credito che poi sarebbe stato riscosso e, quindi, in definitiva ad agevolare “la cricca” e la sua attività. Al riguardo può essere menzionata la conversazione intercorsa in data 07.09.2020 tra Angelo Arturo Testa e Antonio Pennisi, nel corso della quale il primo, ribadendo che la sua candidatura era saltata, faceva presente l’intenzione di assicurarsi, comunque, in qualche modo una presenza all’interno delle istituzioni (“si esce dalla porta e si entra dalla finestra ….poi ti spiegherò di presenza il perché”). Allo stesso modo può essere menzionata la conversazione del 12.09.2020, giorno della cena elettorale, tra Italo Maurizio Testa e il candidato Stefano Anzalone, nel corso della quale il primo. nel confermargli il rispetto dell’impegno assunto, emerge il  proposito di accreditarsi in modo stabile come “gruppo” in grado di controllare il consenso nel quartiere di Certosa (“qui a Certosa io e Arturo abbiamo un po’ fatto poi stasera te ne accorgerai con 250 persone …. stasera, stasera ti dimostriamo quello che valiamo a prescindere … noi facciamo più parlare i fatti che le parole siamo gente che stiamo seconde linee a posta per questo non abbiamo queste. come dire, velleità particolari, , no, però ci piace lavorare, quando ci prendiamo degli impegni li rispettiamo dunque questo è”. Particolarmente significativa è la conversazione intercorsa il 07.09.2020 tra Arturo Testa e l’on. Sorte, nel corso della quale il primo, nell’evidenziare di agire – nell’attività di raccolta di voti in favore dei candidati della lista Toti – nell’interesse di Toti, manifestava l’intenzione di crearsi “un credito” che sarebbe stato prima o poi riscosso (“ma speriamo che adesso, per dire, questi voti che gli portiamo magari, poi, il governatore saprà magari in qualche altro modo”…). Tale concetto viene ripreso nella conversazione intercorsa il 19.09.2020 tra Italo Testa con Vincenza Sciacchitano, moglie di Maurici Venanzio, nel corso della quale il primo rappresenta alla seconda la possibilità di ottenere un tornaconto per la comunità riesina dall’appoggio elettorale garantito (“sono fiducioso … io spero t’ho detto che quella zona lì, esce il numero minimo che m’aspetto, per … t’ho detto, per riscuotere le cambiali, per, per voi dico voi, per dire noi, no capito? (…) sono, sono fiducioso perché… mi dispiace per l’amico Salvatore Calascibetta (. ..) anche se lei avrà i suoi voti ne inc non ce li avrà (…) però a noi ci interessava/are uscire quella roba lì per accreditarsi direttamente con il presidente (. ..) però io parlavo della, della femmina (. ..) con la Cavo capito? (…) perché quello proprio direttamente dal presidente capisci?”

Stesso concetto ripreso anche nella conversazione del 22.09.2020 tra il medesimo Arturo Testa con Maria Riccelli in cui dopo avere aggiornato la donna sull’esito favorevole delle elezioni, manifesta la propria aspettativa di ottenere una controprestazione per l’impegno elettorale profuso (“come ti dicevo la Cavo ce l’ha fatta, no, (…) e ora non dico che ha un debito con noi Toti quindi come ti dicevo qualcosa ci deve darci“. Particolarmente significativa è anche la conversazione del 13.10.2020 tra Italo testa e Ivana Catarinolo nel corso della quale il primo, precisa il proposito di individuare, tra i futuri candidati da appoggiare, quelli che avrebbero poi “risposto a loro” (“ti parlo chiaro Umberto non risponderà mai a noi, dunque hai capito cosa ti voglio dire eee Cristina potrebbe rispondere a noi, ma Umberto non ci risponde a noi, comunque Umberto usufruirebbe di tante, di tante …. Del nostro appoggio no? in cambio di che cosa, però ne torneremo a parlare per quanto riguarda le comunali”). Allo stesso modo, può essere menzionata una conversazione intrattenuta il 27.05.2021 tra Italo Maurizio Testa ed Elena Giambarresi, anch’ella legata alla comunità riesina di Certosa, nel corso della quale, nel parlare del pranzo che stava organizzando presso l’abitazione a Voltaggio che la donna aveva messo a disposizione per la presentazione dei due nuovi possibili candidati, il Testa manifesta il proposito di appoggiare persone da cui avrebbero potuto avere un aiuto (“… immettiamo dentro certe persone che ci possono sempre servire”). Infine, va ancora rammentato che, se pochi dubbi possono sussistere in ordine alla posizione dei fratelli Testa e di Maurici Venanzio (in quanto portatori di tale finalità alla luce di guanto già detto in precedenza), si deve ritenere che la predetta circostanza aggravante si comunichi al concorrente nel reato Cozzani, il quale appare essere ben consapevole delle finalità perseguite dai compartecipi.

Ciò traspare in modo chiaro dalla frase da lui pronunciata il 21 luglio 2020, mentre si dirigeva in macchina verso Genova per l’incontro fissato con i fratelli Testa. In particolare. mentre si trovava in auto con persona di sua fiducia. raccontava di essere in procinto di andare a Certosa per vedere “la loro associazione” e palesava una certa preoccupazione, evidentemente rappresentandosi una possibile contiguità dei suoi interlocutori con ambienti mafiosi, tanto da confidare: “me ne frega soltanto che un bel giorno …. una mattina non vorrei trovarmi la Dia in ufficio”. Allo stesso modo particolarmente rilevante è anche la conversazione intercettata in data 13.2.2022 negli uffici del Presidente della Regione Liguria intrattenuta da Giovanni Toti con Marco Bucci, Sindaco del Comune di Genova, Matteo Cozzani, Marcella Mirafiori e Jessica Nicolini In particolare, la conversazione, dopo un preliminare accenno a possibili incompatibilità sul concomitante ruolo di Sindaco e Commissario Straordinario per la Ricostruzione, aveva ad argomento principale la pianificazione della imminente campagna elettorale in favore della ricandidatura del primo cittadino. Oltre ad alcuni cenni sui possibili soggetti da candidare e sulla costituzione di liste elettorali, cuore della conversazione era la quantificazione del budget necessario per la campagna elettorale, stimato in circa 250 mila euro, nonché il reperimento dello stesso. I partecipanti auspicavano di raccogliere parte della cifra da eventi, come cene a pagamento, che vedrebbero la partecipazione del Sindaco nonché, in concreto, individuavano quelli che potevano essere i potenziali soggetti erogatori: per questi ultimi veniva fatta una classificazione tra grandi e piccoli finanziatori. Nel corso della conversazione, facendo espressi riferimenti al reperimento dei fondi per le precedenti elezioni regionali, Giovanni Toti, Matteo Cozzani, Marcella Mirafiori e Jessica Nicolini scambiavano alcune battute incentrate sulla possibilità di rivolgersi a due soggetti appartenenti alla comunità siciliana radicatasi a Genova. Giovanni Toti, infatti, chiedeva ai menzionati interlocutori di valutare anche il sostegno dei “riesini” (” ..e i riesini?”), da individuarsi chiaramente nei gemelli Italo Maurizio e Angelo Arturo Testa. L’affermazione del Presidente della Regione Liguria suscitava una reazione preoccupata da parte di Matteo Cozzani il quale esclamava “o mio Dio… ” e, dopo l’invito rivoltogli di interfacciarsi con tali soggetti avanzato da Marcella Mirafiori (“…Cozzani però ci può parlare”), esprimeva il proprio disappunto ventilando possibili ripercussioni di natura penale (“… stacci lontano elle quelli li ci mettono in galera…i Riesini quelli diiii… “. La Nicolini, a tal proposito, raccomandava che, a farsene eventualmente carico, non fosse proprio Matteo Cozzani (“…e ma non gli può parlare Cozzani… ”), il quale, evidentemente memore di precedenti promesse di reperire un «posto di lavoro» dirette ai Testa, poi disattese, non esitava ad esclamare ”se no mi squartano,,.”. Toti, plausibilmente non ricordando la motivazione che aveva determinato il risentimento dei riesini, chiedeva “ma perché non gli abbiamo dato dei soldi?”.

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