Giudiziaria

Neonato morto per culletta termica scarica, assolti due medici

Il processo, davanti alla Corte di appello – alla quale si erano rivolti gli avvocati Silvio Miceli e Barbara Garascia, difensori della ginecologa Maria Concetta Rotolo, 62 anni, e del pediatra Antonino Cutaia, 63 anni – ha ribaltato la versione accusatoria che era stata recepita dal giudice. In primo grado i due medici dell’ospedale San […]

Pubblicato 4 anni fa

Il processo, davanti alla Corte di appello – alla quale si erano rivolti gli
avvocati Silvio Miceli e Barbara Garascia, difensori della ginecologa Maria
Concetta Rotolo, 62 anni, e del pediatra Antonino Cutaia, 63 anni – ha
ribaltato la versione accusatoria che era stata recepita dal giudice. In primo
grado i due medici dell’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, erano stati
riconosciuti colpevoli di avere provocato la morte del neonato per una
disattenzione e per una mancata diagnosi durante la gestazione. Un anno e due
mesi di reclusione era la condanna inflitta a Cutaia, 8 mesi alla collega
Rotolo. Per tutti l’accusa era di omicidio colposo.

La tragedia, avvenuta il 17 giugno del 2011, sarebbe stata provocata, oltre
che dalla mancata diagnosi durante la gravidanza, dal malfunzionamento di una
culletta termica che doveva trasportare il neonato in una struttura più
attrezzata. Il piccolo, figlio di una giovane coppia di Licata, nasce in
condizioni di sofferenza cardiaca ed è necessario il trasferimento all’ospedale
di Taormina attrezzato per l’intervento chirurgico. “La patologia – ha
sottolineato il giudice nella sentenza – se diagnosticata tempestivamente
avrebbe consentito di sottoporre il neonato a immediate cure mediche che ne
avrebbero evitato il decesso”. Una corretta diagnosi, inoltre, avrebbe
permesso – secondo quanto sostenuto dal giudice di primo grado – di programmare
il parto cesareo in un ospedale munito di reparto di cardiologia pediatrica.
Invece fu necessario il trasporto in un’altra struttura ospedaliera. Cutaia e
Moscato, entrambi di reperibilità, vennero chiamati dall’ospedale per gestire
il trasporto verso Taormina. Dopo poche decine di chilometri il drammatico
inconveniente: la presa che collegava la culletta elettrica, necessaria per
mantenere in vita il neonato, non funzionava e la batteria stava per
scaricarsi. Cutaia e Moscato, secondo quanto ipotizzava l’accusa, avrebbero
dovuto controllare prima della partenza. Il viaggio procede. Sosta tecnica
all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta per cambiare ambulanza ma non si trova
un mezzo per proseguire.

La durata media della batteria era di sei ore e non fu sufficiente. Dopo due
ore, attorno all’una di notte, il trasporto in elisoccorso alla volta di
Catania e da lì in ambulanza verso Taormina. Il risultato fu che si persero
sette ore. Troppo per intervenire chirurgicamente e il piccolo morì dopo tre
giorni. In appello è stata disposta una perizia collegiale che ha escluso un
nesso fra la condotta dei medici e la morte del neonato. La difesa, inoltre, ha
sostenuto che la batteria in dotazione alla culletta era carica, ma il problema
era legato alla presa interna dell’ambulanza la cui competenza non era dei
medici.

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