Giudiziaria

Operazione “Condor”: mafia e stidda nell’agrigentino, chiesti 15 rinvii a giudizio

Escono dall’inchiesta originaria Angelo Bellavia, 68 anni, di Licata; Fabiano Biancolilla, 50 anni, di Siracusa; Filippo Moscato, 66 anni, di Licata

Pubblicato 11 mesi fa

I pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Alessia Sinatra e Claudio Camilleri, hanno chiesto il rinvio a giudizio per 15 delle 18 persone finite indagate nell’ambito dell’inchiesta “Condor” eseguita dai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento e del Ros di Palermo e che portò all’arresto di un a decina di indagati (tra carcere e domiciliari).

Rischiano il processo: Pasquale Alaimo, 54 anni, di Favara; Baldo Carapezza, 27 anni, di Agrigento; Francesco Centineo, 38 anni, di Agrigento; Antonio Chiazza, 37 anni, di Canicattì; Gioacchino Chiazza, 62 anni, di Canicattì; Giuseppe Chiazza, 51 anni, di Canicattì; Salvatore Curto, 39 anni, di Canicattì; Salvatore Galvano, 52 anni, di Agrigento; Francesco Genova, 43 anni, di Palermo; Giovanni Cibaldi, 35 anni, di Licata; Domenico Lombardo, 30 anni, di Agrigento; Luigi Montana, 40 anni, di Ravanusa; Rosario Patti, 59 anni, di Palma; Nicola Ribisi, 42 anni, di Palma di Montechiaro; Giuseppe Sicilia, 43 anni, di Favara e Ignazio Sicilia, 47 anni, di Favara. L’udienza preliminare sarà celebrata il prossimo 5 luglio davanti al Gup del Tribunale di Palermo, Ivana Vassallo.

Escono dall’inchiesta originaria Angelo Bellavia, 68 anni, di Licata; Fabiano Biancolilla, 50 anni, di Siracusa; Filippo Moscato, 66 anni, di Licata.

Insomma, ci sono vecchie e nuove conoscenze, un paio di insospettabili e una storia lunga di mafia alle spalle che porterà a nuovi sviluppi. Il blitz, denominato “Condor” è scattato nella parte orientale della provincia e fra Licata, Palma di Montechiaro, Canicattì ma anche Favara ed Agrigento.

Gli indiziati devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.

Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo hanno consentito di acquisire un compendio investigativo sugli assetti mafiosi nel territorio di Favara e quello di Palma di Montechiaro, quest’ultimo caratterizzato – come accertato da sentenze definitive – dalla convivenza della articolazione territoriale di Cosa Nostra e di formazioni criminali denominate “paracchi” sul modello della Stidda. In questo contesto i carabinieri hanno raccolto indizi sul tentativo di uno degli indagati di espandere la propria influenza al di là del territorio palmese, ossia su Favara e sul Villaggio Mosè di Agrigento; sul ruolo di “garante” esercitato dal vertice della famiglia di Palma di Montechiaro a favore di un esponente della Stidda, al cospetto dell’allora reggente del mandamento di Canicattì. Raccolti indizi sul controllo delle attività economiche nel territorio di Palma di Montechiaro, con riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (le cosiddette sensalie); di “messe a posto” a Favara e danneggiamenti a mezzo incendio.

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