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Colpo al clan mafioso di Bagheria, 8 fermi: sventato omicidio

Fermati il nuovo boss di Bagheria e i suoi uomini più fidati

Pubblicato 3 anni fa

Un omicidio di mafia e’ stato sventato grazie all’operazione Persefone dei carabinieri che ha smantellato il clan di Bagheria, da sempre roccaforte di Cosa Nostra. Un uomo, nonostante gli “avvertimenti”, aveva continuato a sfidare i vertici mafiosi. Cosi’ i militari del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti di 8 indagati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa e finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e vendita di armi clandestine, estorsione, lesioni aggravate, maltrattamenti, reati aggravati dalle modalita’ mafiose.

Le persone fermate

I fermati nell’operazione Persefone del comando provinciale dei carabinieri sono Massimiliano Ficano, 46 anni, Onofrio Catalano, 44 anni, Bartolomeo Antonino Scaduto, 26 anni, Giuseppe Cannata, 37 anni, Giuseppe Sanzone, 54 anni, Salvatore D’Acquisto, 40 anni, Carmelo Fricano, 73 anni, Fabio Tripoli, 31 anni.

Le intercettazioni

Le indagini

L’inchiesta e’ coordinata da un pool di magistrati con a capo il procuratore aggiunto Salvatore De Luca. I carabinieri del nucleo investigativo – attraverso intercettazioni ambientali, telefoniche, telematiche e veicolari – hanno delineato il nuovo organigramma della famiglia mafiosa. I militari sono riusciti a ricostruire gli interessi dell’organizzazione nel traffico e spaccio di stupefacenti, nella gestione dei centri scommesse e nelle estorsioni. Nel corso delle indagini e’ stato accertato che il capo della famiglia mafiosa aveva disponibilita’ di armi ed e’ stato anche individuato un imprenditore edile, ritenuto storico prestanome dei vertici della famiglia mafiosa.

L’omicidio sventato

L’autorita’ del boss di Bagheria Massimiliano Ficano sarebbe stata messa in discussione da Fabio Tripoli, secondo le indagini dei carabinieri. Tripoli, apparentemente estraneo al contesto mafioso, ubriaco e spesso intemperante, si era permesso di sfidare pubblicamente il capo mafia. E’ quanto emerge dall’operazione antimafia Persefone che ha portato stamane al fermo di otto persone. La reazione contro l’affronto non era tardata. Ficano avrebbe incaricato alcuni affiliati di picchiare Tripoli. Un violento pestaggio che provoco’ alla vittima un trauma cranico e la frattura della mano. Nonostante l’aggressione Tripoli avrebbe tuttavia continuato a sfidare il capo mafia armandosi con una accetta e dicendo in giro di essere intenzionato a dare fuoco a un locale inaugurato dallo stesso Ficano. Un affronto che il boss decise di lavare con il sangue. Per cercare di costruirsi un alibi, dopo aver dato l’ordine di uccidere il “ribelle”, il boss si allontano’ da Bagheria, anche per prepararsi alla fuga visto il pericolo di essere arrestato. 

L’imprenditore prestanome del boss

Nel corso delle indagini sfociate nell’operazione Persefone con 8 fermi sarebbe emerso il ruolo dell’anziano imprenditore edile Carmelo Fricano (detto “Mezzo chilo”), ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di Bagheria e in particolare allo storico capo mandamento detenuto Leonardo Greco. In passato, infatti, diversi collaboratori di giustizia hanno indicato Fricano quale “prestanome” di Greco, e inserito nell’associazione mafiosa. Le indagini hanno consentito di raccogliere una serie di elementi nei confronti dell’imprenditore edile adesso indagato per associazione di tipo mafioso.

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