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Depistaggio Scarantino, ex pm Palma scoppia in lacrime: “Adoravo Borsellino”; tensioni in aula

“Faccio parte dello Stato e voglio contribuire alla ricerca della verità, intendo rispondere alle domande. Anche se il mio giudice naturale in questo momento è a Messina”. Lo ha detto Annamaria Palma, ex pm della Procura di Caltanissetta che indagò sulla strage di via D’Amelio. Palma – attualmente avvocato generale di Corte d’appello a Palermo […]

Pubblicato 4 anni fa

“Faccio
parte dello Stato e voglio contribuire alla ricerca della verità, intendo
rispondere alle domande. Anche se il mio giudice naturale in questo momento è a
Messina”.

Lo ha
detto Annamaria Palma, ex pm della Procura di Caltanissetta che indagò sulla
strage di via D’Amelio. Palma – attualmente avvocato generale di Corte
d’appello a Palermo e difesa dall’avvocato Roberto Tricoli – è stata citata,
assieme al collega dell’epoca Carmelo Petralia, nel processo in cui sono
imputati – in ordine al depistaggio delle indagini sulla strage del 19 luglio
1992 – di calunnia aggravata i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele
Ribaudo, componenti della squadra “Falcone-Borsellino” guidata da
Arnaldo La Barbera che, tra le altre cose, arrestò Vincenzo Scarantino, il
“picciotto” della Guadagna che si rivelò un “pupo vestito”,
un falso pentito. Palma e Petralia, (quest’ultimo è aggiunto a Catania), sono
indagati per calunnia aggravata dalla procura di Messina.

In aula è
presente, anche Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso il 19 luglio
1992 in via D’Amelio, assieme agli agenti della scorta.

In
apertura di udienza il presidente della Corte di assise, Francesco D’Arrigo, ha
comunicato che i testi non hanno dato il consenso ad essere videoripresi e
fotografati. Nelle scorse udienze la procura di Caltanissetta – l’aggiunto
Gabriele Paci e il sostituto Stefano Luciani – ha depositato agli atti del
processo le trascrizioni integrali delle conversazioni intercettate tra il
falso pentito Vincenzo Scarantino, i suoi familiari e alcuni pm che gestivano
la sua collaborazione con la giustizia. Per l’accusa queste intercettazioni
provano il depistaggio sulle indagini.

“A
mente serena posso rispondere compiutamente che Scarantino mostrava una volontà
piena di collaborazione. All’inizio non ebbi affatto l’impressione di uno che
non volesse collaborare, anzi faceva di tutto per accreditarsi” –  ha anche detto l’ex pm Palma. “Nel corso
dei primi interrogatori non ho mai appreso che ci fosse una concertazione delle
dichiarazioni tra Scarantino e altri”, ha aggiunto riferendosi agli
interrogatori resi dal falso pentito tra giugno e settembre del 1994.

“Non tollero di essere indagata ingiustamente e di essere attaccata dai familiari del giudice Borsellino che io ho adorato”. E’ questo lo sfogo, tra le lacrime, dell’ex pm Annamaria Palma che ha aggiunto “Io a questo Stato ho regalato il 50 per cento della mia salute oltre all’affetto che mi ha fatto perdere di mio figlio per avere poi che cosa? Per essere indagata ingiustamente. Mi scuso, ma questo cosa non la tollero, soprattutto perché mi trovo nelle condizioni di dovere essere attaccata dai familiari del giudice Borsellino che io ho adorato, non la tollero perché profondamente ingiusta”.

Il processo poi, ha vissuto momenti di tensione dato che nel corso della deposizione di Anna Palma, l’ex pm ha negato che in procura ci fossero stati contrasti sulla gestione del falso pentito Vincenzo Scarantino e ha sostenuto di non aver mai saputo che la ex collega Ilda Boccassini avesse scritto una nota in cui esprimeva dubbi sul collaboratore di giustizia. Nel corso della testimonianza il magistrato ha avuto uno scontro con uno dei legali di parte civile. “Non ho mai visto e ricevuto la lettera con le perplessità di Bocassini e Sajeva sulla posizione di Scarantino. Non ho bisogno che mi dica di rispettare il codice, ho subito tante critiche anche da alcuni avvocati, oggi parte civile, che all’epoca difendevano gli imputati”. “Nel 1994 per questa ragione – ha proseguito – il pm Di Matteo va da Scarantino. Sia io che il dottore Nino Di Matteo eravamo quasi messi da parte, sapevo che Ilda Bocassini non mi riteneva un referente valido”.

“Io
venivo attaccata in aula dai difensori degli imputati che oggi sono parte
civile”, ha detto Palma. Insorge l’avvocato Giuseppe Scozzola, che difende
Gaetano Scotto e Vincenzo Orofino che furono condannati ingiustamente per il
processo Borsellino. “Se noi siamo parte civile è perche siamo stati
calunniati”, ha detto. E la Palma: “Lei sedeva a difendere gli
imputati”. E Scozzola alzando ancora di più la voce: “Imputati che
sono stati assolti e revisionati”. E aggiunge: “La smetta. Non
permetto che un indagato di reato connesso faccia queste affermazioni”.

Poi, il magistrato Annamria Palma aggiunge: A settembre del 1994 vi fu una riunione in Dda a Calanissetta in cui si decise di “rivedere” da zero la posizione di Vincenzo Scarantino: “La decisione fu che prima di buttare a mare le dichiarazioni di Scarantino, dovevamo rivedere completamente tutto, rileggerlo da zero. Rimanemmo tutti a bocca aperta quando Scarantino tirò in ballo questi tre collaboratori perché capimmo che queste dichiarazioni avevano refluenze negative non solo su via d’Amelio ma anche sulla strage di Capaci. I tre collaboratori a cui fa riferimento l’attuale avvocato generale dello Stato sono Salvatore Cancemi, Gioacchino La Barbera e Mario Santo Di Matteo. Con le dichiarazioni di Scarantino, nella prima tranche del processo erano stati condannati all’ergastolo Pietro Scotto, Giuseppe Orofino e Salvatore Profeta. A lui stesso erano stati inflitti diciotto anni di carcere. “Dopo la morte di Paolo Borsellino andai a trovare la vedova, la signora Agnese, che mi accompagnò nello studio di Paolo. Sulla scrivania trovai un’agenda. Le chiesi se potevo sfogliarla e disse di sì. Era un’agenda in cui Paolo annotava tutti i suoi spostamenti ed era ferma al 17 luglio 1992”. Ha poi aggiunto di avere depositato l’agenda rinvenuta a casa di Borsellino in Procura a Caltanissetta.

Nell’agenda
rinvenuta nell’abitazione di Paolo Borsellino, dopo la strage di via D’Amelio,
“c’era la conferma che nel giorno dell’interrogatorio di Gaspare Mutolo
Borsellino andò al ministero dell’Interno. In quell’agenda c’era scritto:
Viminale”. Così Annamaria Palma proseguendo la deposizione al processo sul
depistaggio sulle indagini sulla strage. Il magistrato viene sentita come
indagata di reato connesso. “Io, Petralia e Di Matteo – ha aggiunto –
sentimmo anche il ministro Mancino che negò in modo assoluto di avere incontrato
Borsellino, e non siamo riusciti a trovare riscontri sulla presenza di
Contrada”.

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