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La pax tra Cosa Nostra e Stidda, permessi premio agli ergastolani e interazione tra detenuti: la relazione

Si evince dalla relazione del presidente della Corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca, sull'amministrazione della giustizia che sara' illustrata domani per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario

Pubblicato 2 anni fa

Discipline premiali, previste “anche per i detenuti ergastolani” e ‘buchi’ nel 41 bis, favoriscono anche i detenuti di mafia. Si evince dalla relazione del presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, sull’amministrazione della giustizia che sara’ illustrata domani per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario.

Il magistrato parte dalla situazione nella provincia di Agrigento dove “oramai da almeno sei anni” si e’ verificata una serie di fatti di reato quali omicidi e tentati omicidi, ritrovamenti di veri e propri arsenali di armi, anche del tipo da guerra, come kalashnikov ed esplosivi, da cui e’ possibile desumere “la progressiva recrudescenza di fatti criminosi di sangue nel territorio, dopo un periodo di sostanziale ‘silenzio’ da parte delle organizzazioni mafiose qui operanti, sia Cosa nostra sia Stidda.

Peraltro, proprio con riferimento alla Stidda, e’ emerso dalle indagini svolte sino al febbraio 2021 che alcuni storici appartenenti, dopo avere ottenuto la declaratoria di “impossibilita’” della loro collaborazione, hanno sfruttato la “disciplina premiale”, prevista anche per i detenuti ergastolani, “per ritornare ad agire sul territorio con i metodi gia’ collaudati in passato e cosi’ rivitalizzare una frangia criminale-mafiosa, quella della stidda, condannata da tempo all’estinzione, e proiettarla con spregiudicatezza e violenza nel territorio agrigentino in una competizione allo stato pacifica con Cosa nostra specie sul lucrosissimo, e dunque strategico, settore delle mediazioni nel mercato ortofrutticolo, uno dei pochi settori produttivi nella provincia di Agrigento”.

Dalle indagini e’ inoltre emerso che Cosa nostra e Stidda hanno sancito “un accordo di pace tuttora vigente”. Registrati nelle carceri (comprese quelle dove vengono collocati i detenuti sottoposti al regime del 41 bis), in diverse occasioni, “preoccupanti spazi di gravissima interazione fra detenuti, fra detenuti e l’esterno nonche’ fra detenuti e appartenenti alla polizia penitenziaria; interazione che l’attuale sistema penitenziario non e’ riuscito, in tali momenti, a evitare”.

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