Mafia, 41 anni fa l’omicidio di Piersanti Mattarella
Oltre quattro decenni dopo non si e' interrotta la ricerca della verita'
Quarantuno anni fa venne ucciso Piersanti Mattarella, il presidente della Regione “con le carte in regola”. Oltre quattro decenni dopo non si e’ interrotta la ricerca della verita’ che procede a fatica lungo la pista di una saldatura tra Cosa nostra e il terrorismo nero, in una strategia che voleva colpire non solo la Sicilia, ma tutto il Paese. Non fu, insomma, solo la mafia ad armare la mano dei killer, ma “menti raffinatissime”. Palermo ricorda oggi il suo presidente della Regione, ucciso nel giorno dell’Epifania del 1980, con una essenziale cerimonia nel luogo dell’agguato, in via Liberta’, nel cuore della citta’. Cosi’ come la natia Castellammare del Golfo, alle 11, con un omaggio nel cimitero comunale. Piersanti Mattarella era uscito dalla sua abitazione ed era salito a bordo della sua Fiat 132 per andare a Messa, insieme alla suocera, alla moglie Irma Chiazzese e ai figli Maria e Bernardo. Niente scorta: il presidente la rifiutava nei giorni festivi, voleva che anche gli agenti stessero con le loro famiglie. Si era appena messo al volante, quando si avvicinarono i killer che spararono una serie di colpi. Accanto a lui il fratello Sergio, oggi presidente della Repubblica, che lo sostenne tra le sue braccia. Il 24 maggio di quell’anno avrebbe compiuto appena 45 anni. La mafia e la spirale terroristica avevano colpito la speranza politica piu’ autorevole dell’Isola, l’allievo di Aldo Moro, che aveva avviato una decisa politica riformatrice per ricostruire il tessuto economico, sociale, culturale dell’Isola. Nella primavera del 1975 su suo impulso, da assessore al Bilancio, venne approvato a larghissima maggioranza, anche con i voti del Pci, il Piano regionale d’interventi per gli anni 1975-1980, primo tentativo di programmazione a lungo termine delle risorse regionali. Un passaggio che diede forma e sostanza al dialogo a sinistra.
Una “solidarieta’ autonomistica”, che anticipava la solidarieta’ nazionale di Moro e di Enrico Berlinguer del 1976.Il 9 febbraio 1978 Piersanti Mattarella fu eletto dall’Assemblea presidente della Regione siciliana, alla guida di una coalizione di centrosinistra con l’appoggio esterno del Partito comunista italiano. Le riforme sul fronte degli appalti e dell’urbanistica compresse gli spazi della speculazione edilizia e degli interessi illegali. Da tempo si era reso conto della necessita’ di recidere con urgenza e nettamente i legami della politica e del suo partito con la mafia. Una visione complessiva, un’operazione di pulizia della Dc e un progetto di buon governo che minacciavano gli interessi della mafia e di consolidati centri di potere. La vicenda giudiziaria e’ stata lunga e complessa e non definitiva. Come mandanti sono stati condannati all’ergastolo i boss della commissione di Cosa nostra (Toto’ Riina e Michele Greco su tutti, con gli altri esponenti della cupola: Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calo’, Francesco Madonia e Antonino Geraci). L’inchiesta, pero’, non e’ riuscita a identificare ne’ i sicari ne’ i presunti mandanti esterni. Nel 2018 la procura di Palermo ha riaperto l’inchiesta sull’omicidio.
Nel mirino ancora una volta i Nar, i Nuclei armati rivoluzionari, il cui capo, il terrorista nero Giusva Fioravanti, riconosciuto dalla vedova di Piersanti Mattarella, Irma Chiazzese, fu processato e definitivamente assolto dall’accusa di essere stato il killer. Uno dei reperti del processo celebrato a Palermo, la targa di un’auto del commando, sarebbe stata divisa in due dagli autori del furto e una parte fu poi ritrovata in un covo dell’organizzazione terroristica neofascista. Dal punto di vista processuale, peraltro, la collaborazione tra “neri” e mafiosi, in vari fatti e azioni criminali, basata su un presunto scambio di favori tra mafia e terrorismo di estrema destra, era gia’ stata piu’ volte sostenuta, ad esempio per la strage del dicembre 1984 del Rapido 904. Giovanni Falcone il 3 novembre 1988 in una audizione in Antimafia defini’ l’indagine “estremamente complessa”, dal momento che “si tratta di capire se e in quale misura la pista nera sia alternativa rispetto a quella mafiosa, oppure si compenetri con quella mafiosa, nell’ambito di un presunto scambio di favori tra mafia e terrorismo di estrema destra. Nel piu’ recente atto d’accusa della procura generale di Palermo sui presunti assassini dell’agente Nino Agostino sono finite anche le indagini condotte dalla Dda da cui sono emersi rapporti di Agostino con il magistrato ucciso nella strage di Capaci nella fase in cui questi stava conducendo investigazioni delicatissime sulla ‘pista nera’. Quarantuno anni dopo si cerca ancora.