Mafia

Strage Falcone, Tina Montinaro: “dopo 30 anni non si conosce tutta la verità”

A parlare è la moglie di Antonio Montinaro caposcorta del giudice Falcone

Pubblicato 2 anni fa

“Sono amareggiata perche’ non c’e’ giustizia in un Paese dove a 30 anni dalle stragi, con processi ancora in corso, non si conosce tutta la verita’. I giovani non si devono accontentare di mezze verita’ e lo Stato deve capire che deve dare l’esempio. E’ troppo comodo dire sempre ‘il futuro siete voi’, e noi? Dobbiamo guardare prima al presente per consegnare un futuro ai giovani. C’e’ chi ha pagato amaramente la lotta alla mafia, e chi poi ha fatto tutt’altro”. Con la consueta energia e fermezza Tina Montinaro, vedova di Antonio, caposcorta del giudice Giovanni Falcone, non nasconde l’amarezza per una verita’ sulle stragi che dopo 30 anni stenta ad affiorare. Da allora e’ una delle promotrici dell’associazione vittime di mafia, e con l’associazione “Quarto Savona Quindici” gira il Paese per parlare soprattutto ai giovani. “Dopo 30 anni tanto e’ cambiato ma tanto rimane ancora da fare e a volte sembra di lottare contro i mulini a vento – racconta ad AGI – fortunatamente ci sono i giovani che per quanto riguarda certe tematiche sono diverse da noi. Si impegnano in tante cose e sta proprio li’ la differenza: non dare il consenso”. Io sono amareggiata dallo Stato – afferma Tina Montinaro – ma non mi sento tradita perche’ quando parlo dello Stato mi riferisco solo a una certa parte delle istituzioni. Poi lo Stato siamo tutti noi, era mio marito, Giovanni Falcone e Boris Giuliano”. Pero’ “e’ chiaro che chi oggi rappresenta lo Stato mi lascia amareggiata perche’ giustizia sicuramente non e’ stata fatta. Polizia e magistratura lavorano sempre per farci conoscere queste verita’, pero’ poi rimaniamo con l’amaro in bocca. Io e miei figli abbiamo dentro di noi l’orgoglio di quell’Antonio Montinaro che aveva fatto un giuramento allo Stato e l’ha portato a termine senza mai fare un passo indietro. Ed e’ quello lo Stato che voglio e a cui appartengo, ma viviamo in un Paese in cui le verita’ non si conoscono. Non si tratta solo delle strage di Capaci o di via d’Amelio ma di Brescia, Bologna e Milano. Spero che almeno i miei figli possano vivere cosi’ a lungo da godersi quelle verita’. Ed ecco allora perche’ i nostri giovani devono essere diversi da noi. Perche’ non si devono accontentare di mezze verita’ ma devono essere come i nostri ragazzi della polizia che hanno dato la vita. Devono dire ‘vogliamo un’Italia diversa’”.

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