Mafia

Via D’Amelio, il procuratore De Luca: “Nel 1992 non si è fatto quello che si doveva fare”

Lo ha detto il Procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca nell'audizione davanti alla Commissione nazionale antimafia

Pubblicato 1 ora fa

“Nel 1992 non si fatto quello che si doveva fare” nella inchiesta su mafia e appalti. Lo ha detto il Procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca nell’audizione davanti alla Commissione nazionale antimafia. “Dopo la strage di Borsellino cambia l’Italia, perché ci sono state due stragi e perché c’è la forza propulsiva di Mani pulite che scompaginerà un intero sistema politico, cambia lo stesso gruppo imprenditoriale Ferruzzi, cambia il procuratore- continua – Ciò che era fattibile o, secondo la nostra ipotesi, voleva la dirigenza della Procura fino al luglio 1992 cambia decisamente già quando è stato sfiduciato Pietro Giammanco e a ancora di più quando è arrivato il Procuratore Caselli”. “Il Procuratore Caselli (arrivato nel gennaio 1993 ndr) dà un nuovo impulso a certe indagini, non ha alcun interesse politico personale a bloccare le indagini o a rallentare o insabbiare le indagini su mafia e appalti”. 

“Prima di ricominciare le indagini sul cosiddetto filone ‘Mafia e appalti’ ho ritenuto opportuno informare il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo”. Con queste parole il Procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Lucia ha iniziato l’audizione davanti alla Commissione nazionale antimafia. “Noi abbiamo in corso filoni di indagine aperti su tutte le principali ipotesi riguardanti le cause o i concorrenti esterni delle stragi del 1992- dice – Oggi parlerò principalmente del cosiddetto filone mafia e appalti, perché abbiamo ottenuto i migliori risultati proprio in questo filone di indagine. Gli altri filoni sono ancora in corso in una fase in cui è necessario attendere l’esito di ulteriori accertamenti prima di potere delineare una ipotesi sufficientemente suffragata della Pubblica accusa”. E aggiunge: “L’arco cronologico di rilievo secondo l’ipotesi accusatoria che abbiamo formulato è quello in cui è stato procuratore Pietro Giammanco”.

“Riteniamo che vi siano molteplici e concreti indizi per affermare che la gestione del filone mafia e appalti presso la procura di Giammanco sia una delle concause della strage di via D’Amelio e vi sono elementi per ritenere che sia anche una delle concause della strage di Capaci”. A dirlo, durante l’audizione davanti alla Commissione nazionale antimafia, è il Procuratore capo di Caltanissetta, Salvatore De Luca, nell’ambito dell’inchiesta sulla strage Borsellino. E ha aggiunto, parlando delle “concause e finalità delle stragi”. “Non so se si può parlare di tre concause o, per meglio dire, di due precondizioni e una concausa- dice il magistrato- A parer nostro le precondizioni sono l’isolamento prima di Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino nell’ambito della Procura di Palermo, la sovraesposizione prima di Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino, presso la Procura di Palermo e non solo presso la Procura di Palermo, tre, vi sono gravi indizi riguardo anche le precondizioni e riteniamo che vi siano dei concreti indizi”. Poi de Luca aggiunge: “Prima precondizione: l’isolamento. Vi sono dei precisi indizi che emergono, fra le altre cose, sia dalle dichiarazioni rese a sommarie informazioni dall’attuale senatore Roberto Scarpinato all’ufficio, sia dal dall’esito di una intercettazione fra Gioacchino Natoli e il presidente Matteo Frasca, presidente della Corte d’appello di Palermo, sia dall’interrogatorio reso dal dottor Natoli- spiega – In buona sostanza, nel corso di un colloquio con il Presidente Matteo Frasca il dottor Natoli gli riferisce: ‘Roberto Scarpinato mi ha detto Giammanco di porcheria ne ha fatte, ma questa no’. Non abbiamo mai pensato che potesse arrivare’. Riteniamo che si riferisse alle ipotesi che noi formuliamo nei confronti del dottor Natoli. Ma parliamo evidentemente di altre ‘porcherie’, cioè fatti ovviamente non corretti”. ”Una posizione nel corso dell’interrogatorio il dottor Natoli, una volta avuto indicata quale fonte di prova queste affermazioni di Scarpinato, le ha confermate- dice ancora il Procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca in Commissione antimafia – Dice ‘sì effettivamente c’è stato l’isolamento di Falcone e di borsellino’. Questa posizione assunta dinanzi all’ufficio di Caltanissetta non era stata altrettanto netta da parte del senatore Scarpinato dinanzi al CSM, nel corso dell’audizione del luglio del 92. Anche se erano stati indicati dei fatti dai quali, per certi versi, si poteva desumere un atteggiamento non lineare del dottore Giammanco nei confronti prima di Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino. Ma sono un’assoluta novità e, invece, rispetto alle dichiarazioni rese dal dottor Natoli dinanzi al CSM”.

Nell’estate del 1992, l’ex Presidente della Corte d’Appello di Palermo Gioacchino Natoli “ha mentito davanti al Csm” a proposito dei rapporti tra il giudice Paolo Borsellino e l’allora Procuratore capo di Palermo Pietro Giammanco. E’ l’atto di accusa del Procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca durante l’audizione davanti alla Commissione nazionale antimafia, in corso a Palazzo San Macuto. La Procura nissena indaga su Natoli per favoreggiamento alla mafia e calunnia. Gli viene contestato di aver insabbiato un’indagine per aiutare mafiosi e imprenditori vicini a Cosa nostra. ”In particolare, il dottor Natoli dinanzi al CSM, a domanda del Presidente ha dichiarato: ‘Sui rapporti Giammanco- Falcone non posso dire nulla perché io arrivo alla procura di Palermo quattro mesi dopo che Falcone è andato via, quindi non ho alcuna conoscenza diretta del problema’. E indiretta? Gli chiede il presidente- prosegue il Procuratore capo di Caltanissetta De Luca -‘In diretta neppure perché, ripeto Falcone si era trasferito a Roma 15 si sentiva telefonicamente ci si vedeva di tanto in tanto a Palermo, ma ovviamente l’intensità del rapporto è più tale quando ci vedevamo tutti i giorni’. ‘Sui diari non sono in grado di dire tutti questi punti’. E dice che ‘non posso dare nessun contributo né diretto né indiretto’. Bene nel corso dell’audizione giovani colleghi e segnatamente Antonella Consiglio, del relato Domenico Gozzo, marito della Consiglio che ha avuto raccontato da lei quanto ora riferirò e il collega Antonino Napoli, hanno dichiarato che nel corso di una riunione dei movimenti per la giustizia di cui fatto notorio, ma emerge da tutte le carte, il dottor Giacchino Natoli era uno dei leader indiscussi, il dottor Giovanni Falcone ha richiesta dei colleghi preoccupati dal fatto che stesse lasciando Palermo per andare al ministero ha dichiarato apertis Verbis, con molta chiarezza, ‘Non ci sono più le condizioni per lavorare a Palermo, non posso più lavorare a Palermo’. Antonino Napoli ha avuto anche con lui una conversazione privata sul punto dove Giovanni Falcone ha confermato questa sua linea che se andava perché non riusciva più a lavorare”. “Nel corso del suo interrogatorio il dottor Natoli ha confermato di essere presente a tale riunione- prosegue ancora De Luca – Quindi, vi sono degli indizi ben concreti per ritenere che il dottor Natoli dinanzi al CSM abbia mentito. Perché non so se l’avere sentito con le sue orecchie Falcone affermare queste cose sia indiretto o diretto, come conoscenza, ma certo la domanda era un omnicomprensiva, diretta o indiretta, quindi copriva qualunque interpretazione si potesse dare di questa fonte di conoscenza”.

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