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Mafia, morto il palmese Calogero Ribisi, vietati funerali pubblici

E’ morto Calogero Ribisi, 81 anni, uno dei sette fratelli “terribili” di Palma di Montechiaro, noti alle cronache crimiinali della provincia negli anni passati. Lo riporta il quotidiano “La Sicilia”, questa mattina. Sembra che l’anziano. che aveva subito anni fa una condanna per mafia, sia stato colto da malore mentre si stava recando presso l’attività […]

Pubblicato 5 anni fa

E’ morto Calogero Ribisi, 81 anni, uno dei sette fratelli “terribili” di Palma di Montechiaro, noti alle cronache crimiinali della provincia negli anni passati. Lo riporta il quotidiano “La Sicilia”, questa mattina.

Sembra che l’anziano. che aveva subito anni fa una condanna per mafia, sia stato colto da malore mentre si stava recando presso l’attività commerciale del figlio.

Il Questore di Agrigento, Rosa Maria Iraci, ha vietato funerali pubblici e dunque le esequi si terranno solo in forma strettamente privata.

Sulla vicenda è intervenuto il legale di fiducia della famiglia Ribisi, avvocato Rino Salvatore Di Caro che con una lettera (che Grandangolo pubblica adesso senza aver ricevuto sollecitazione) a La Sicilia (che aveva pubblicato la notizia) scrive quanto segue: “Nell’interesse dei prossimi congiunti del fu Ribisi Calogero, nato a Palma di Montechiaro il 18.11.1938, ivi deceduto il 18 luglio 2019 la presente per significare quanto segue: i familiari miei assistiti, questa mattina, hanno appreso da un a moltitudine di persone, la notizia della pubblicazione sul sito dell’articolo di cui all’oggetto la quale contiene notizie non vere e diffamatorie. In particolare, appare assolutamente non corrispondente alla verità che Ribisi Calogero fosse stato condannato per mafia. Lo stesso difatti, nonostante le numerose indagini compiute sul suo conto, è stato sempre ritenuto estraneo a condotte poste in essere da alcuni dei suoi parenti più prossimi, non avendo mai subito, sebbene vi sia stata la celebrazione dei processi, una condanna per reati associativi di qualunque genere. Sin dal 1992, difatti, precisamente con sentenza del Tribunale di Agrigento, in persona del dott. Fabio Salmone, su parere conforme del Pm, dott. Stefano Manduzio, fu prosciolto dall’accusa di appartenere all’associazione mafiosa “Cosa Nostra”. Inoltre, si fa presente che anche il provvedimento del questore di Agrigento, che ha vietato il corteo funebre in forma pubblica e che parimenti si basa su presupposti errati sarà oggetto di impugnazione posto che  è stato emesso sulla scorta di meri indizi e atti superati da provvedimenti giudiziari di segno contrario. In particolare, non sono state tenute in considerazione alcuna le assoluzioni e le archiviazioni che erano state disposte a favore del Ribisi Calogero, la revoca dei provvedimenti e, da ultimo, la riabilitazione ex art. 179 c.p., con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Palermo del 19.07.2011, depositata il 28.07.2011, per l’unica condanna dallo stesso subita comunque non connessa ai reati altamente infamanti erroneamente attribuiti allo stesso. Ciò premesso, in considerazione che l’articolo di stampa ha arrecato ed arreca grave danno all’immagine del defunto e dei prossimi congiunti, miei assistiti, quest’ultimi da sempre del tutto estranei alle vicende giudiziarie sopra cennate; che la notizia è stata pubblicata, precisando la fonte, su altri siti web ampliando la platea dei soggetti che hanno contezza della notizia che Ribisi Calogero, parimenti del tutto estraneo all’accuse e ai sospetti allo stesso ingiustamente ascritti è morto di morte naturale all’interno della propria abitazione; che la famiglia mi ha già conferito incarico di procedere a sporgere querela per diffamazione a mezzo stampa nei Vostri confronti e nei confronti dell’autore dell’articolo in oggetto. Per l’anzidetto, si chiede l’immediata rettifica dell’articolo di stampa sopra citato dichiarando espressamente che Ribisi Calogero, non era mafioso né ha mai conseguito condanne per reati associativi di qualsiasi genere o altre condanne altamente infamanti e/o connessi a fatti di sangue. Si ricorda, difatti, che a norma dell’art. 27 della Costituzione “la responsabilità penale è personale” e le colpe degli altri non possono essere ascritta e ai prossimi congiunti solo perché si porta lo stesso cognome”.

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