Acquedotto Favara di Burgio, Aica non arretra: “Va restituito ad Agrigento”
La società consortile contesta quanto ricostruito dalla Regione e chiede una convenzione per ottenere la gestione dell'infrastruttura e la restituzione di una parte delle somme fatturate
Nessun passo indietro. Anzi, la promessa di future azioni legali perché l’Ati idrico di Agrigento ed Aica possano gestire l’acquedotto Favara di Burgio e le fonti da esso emunte e soprattutto perché venga restituito per il passato quanto fatto pagare agli agrigentini per una risorsa idrica che è, lo si ribadisce, “endogena”.
Dopo la nota della Regione Siciliana che, con toni un po’ paternalistici, certificava l’insostenibilità dell’ipotesi che l’acquedotto in questione – oggi in mano a Siciliacque – potesse passare all’ambito territoriale ottimale – è Aica a prendere carta e penna per ribadire la propria linea e la necessità che l’infrastrutture venga trasferita alla gestione locale. A firmare un lungo documento tecnico sono il direttore generale di Aica Francesco Fiorino, il presidente del CdA Danila Nobile e il presidente dell’Assemblea dei sindaci Salvatore Bennardo
La linea difensiva è chiara: se, come dice la Regione, un sistema acquedottistico è classificato come sovrambito quando, tra le altre cose consente il trasferimento di risorsa idrica da un’area con maggiore disponibilità ad aree con carenza idrica e il suo bacino di utenza ricade in più Ambiti, nel caso del Favara di Burgio questo non avrebbe nessuna delle caratteristiche previste, dato che si tratta di un acquedotto interno alla Provincia di Agrigento che serve esclusivamente i comuni della provincia ed è alimentato a oggi esclusivamente dai pozzi della sorgente Favara di Burgio, che si trova nell’Agrigentino per quanto sia avvenuto in passato l’acquedotto sia stato alimentato in modo residuale con acqua proveniente dal Garcia a causa dell’insufficienza della risorsa prelevata dai pozzi.
La classificazione e la concessione a Siciliacque sono ritenute da Aica quindi “errate e illegittime”: l’azienda sottolinea che i cittadini della Provincia di Agrigento si trovano a pagare per l’acqua prelevata dai pozzi della propria provincia, risorsa che viene utilizzata solo da loro stessi, con un ingiustificato aggravio economico per i cittadini.
A sostegno della propria tesi, Aica utilizza la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 59/2025. La Corte ha giustificato l’esistenza del sovrambito in Sicilia solo per le infrastrutture sovraprovinciali: il principio ribadito è che solo il “carattere ultraprovinciale dell’infrastruttura” e l’affidamento a un solo operatore per la pianificazione degli interventi complessivi “recidono il legame del grossista… con il territorio del singolo ATO”. Poiché il Favara di Burgio serve esclusivamente comuni di un unico Ambito (la Provincia di Agrigento), Siciliacque non potrebbe fatturare ad Aica l’acqua prelevata da questi pozzi.
In conclusione, AICA chiede alla Regione Siciliana, all’Assemblea Territoriale Idrica di Agrigento e a Siciliacque il trasferimento del complesso acquedottistico Favara di Burgio ad Ati Ag9 e ad Aica, con la stipula di una convenzione temporanea, nelle more della restituzione, che disciplini il prelievo della risorsa idrica dai pozzi per garantirne l’utilizzo in favore dei cittadini della Provincia di Agrigento senza aggravio di costi e la restituzione di una parte delle somme già fatturate per la fornitura dell’acqua prelevata dai pozzi Favara di Burgio, a decorrere dalla costituzione di Aica fino a oggi.
Aica, poi, annuncia di riservarsi di agire giudizialmente per la tutela dei propri diritti e ribadisce la legittimità della corresponsione parziale dei quantitativi di acqua fatturati.




